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“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

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Trattasi di uno spettacolo incentrato sul tessile, quello pratese, ma non solo. Non è uno spettacolo solo sulla storia del tessile, è uno spettacolo sulla storia in generale, che mette in evidenza come la storia si ripete, come ripropone le stesse fondamenta solo cambiando l’abito esterno. Da qui il titolo : rumore di telaio, una ripetizione costante degli stessi suoni. In altre parole, ciò che si dice ai lavoratori del tessile di oggi (per lo più cinesi), non è diverso da quel che dicevano ai lavoratori di 50 anni fa (per lo più pratesi). In quegli anni ’70 ci fu un giornalista della rivista francese Elle che venne a Prato a studiare quel boom dell’industria tessile di cui si parlava in tutta Europa. E il reportage che scrisse parlava di persone che lavoravano 16 ore al giorno, di case che diventavano piccole fabbriche, di lavoro minorile, di scarsa sicurezza del lavoro. Sembra di leggere esattamente le stesse cose che si dicono oggi del tessile gestito dalla comunità cinese. E pensare che prima ancora di Prato, tutto ciò accadeva altrove : se si leggono le relazioni dei servizi sociali americani di inizi ‘900, quando gli assistenti sociali visitavano le case/laboratori degli italiani, si ritrovano esattamente gli stessi elementi. E prima ancora, se si vuole, lo stesso accadeva tra gli operai della rivoluzione industriale inglese del 1700. E nello spettacolo si immagina che in un prossimo futuro le stesse cose verranno dette a qualcun altro, magari proprio dalle persone che oggi invece se lo sentono dire! Accanto al nucleo tematico centrale dello spettacolo, c’è un’attenzione all’aspetto linguistico. Ogni epoca storica è caratterizzata da influenze linguistiche che sono rappresentative dei fenomeni sociali. Così nell’America di inizi ‘900 gli italiani usavano parole inglesi che venivano italianizzate (per esempio giobba, da job. Smatto, da smart e così via). Nella Prato degli anni ’60, accanto alla lingua tipica pratese si affacciano parole e concetti nuovi, come qualità, tessuto che prendeva il posto di stracci. Poi nella scena della Prato contemporanea, sia la lingua pratese che quella cinese si permeano di parole dell’altra lingua, in un normalissimo fenomeno di commistione linguistica, che porterà poi all’ipotesi della lingua del futuro : un italiano con influenze cinesi, pratesi antiche, e inglesi.

Il tema che aleggia come possibile soluzione, in ogni quadro, è il ruolo della scuola. È solo attraverso l’istruzione, e la crescita intellettuale di ogni generazione, che si può nutrire una speranza per cui certi aspetti negativi (come la mancanza di sicurezza sul lavoro, l’abbandono scolastico, lo sfruttamento del lavoro ecc.) potranno non ripetersi. E la frase finale dello spettacolo è appunto “Fermate quella macchina!”.
La direzione scenica è di Mike Ricci, che ha messo in atto un personale articolatissimo percorso di approfondimento dei personaggi e dei contesti. Rappresentare tante realtà diverse, tante culture e momenti storici, schivando il facile rischio di scadere nel convenzionale, nello stereotipico.
Le capacità degli attori hanno poi fatto il resto. Un gruppo affiatatissimo, che si è sottoposto ad un lungo lavoro di preparazione. Sono, in ordine di apparizione: Vincenzo Libone, Luisa D’Andrea, Gianna Capecchi e Davide Gonfiantini.

Buona visione.