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Al Capone dei Capetti

“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

Al Capone dei Capetti

«È stato finalmente arrestato il capo dei capi». «I carabinieri del ROS e la procura di Palermo sono riusciti ad individuare il covo del boss Matteo Messina Denaro, a Campobello di Mazara – nel trapanese – paese del favoreggiatore Giovanni Lupino, finito in manette insieme al capomafia». «Ieri, 16/01/2023, è stata una giornata storica per le istituzioni : con l’arresto del super latitante MMD, grazie allo straordinario lavoro svolto dalle Forze dell’Ordine, la criminalità organizzata ha subìto un duro colpo, da cui farà molta fatica a riprendersi, un colpo, che in una sola parola non si potrebbe altro che sintetizzare in destabilizzante». Questi sono soltanto alcuni rivoli del lunghissimo fiume torrenziale di articoli e di dichiarazioni della notizia che ha fatto eco in ogni parte del mondo e che con ogni probabilità accompagneranno il dibattito pubblico di questi prossimi giorni, senza contare le rievocazioni d’obbligo – in termini di fiction – che il Mainstream nazionale non può nè tantomeno potrebbe (a ragion veduta) esimersi dal trasmettere, proprio per cercare in qualche modo di tramandare alle nuove generazioni le indicibili atrocità commesse da un simile galantuomo e, al contempo, le origini e le cause che hanno motivato lo stragista per antonomasia a compiere simili atti, al nobile fine di arrivare a scoprire la tanto agognata Verità che ogni italiano (o quasi, in questi casi la percentuale a favore dovrebbe ancora purtroppo essere in minoranza) prima o poi si aspetterebbe di sentire. Detto questo – non tanto per sete di giustizia quanto per fame di evidenza – una delle verità che riguarda questo caso è che la latitanza del galantuomo in questione è da considerarsi paradossalmente effimera, se si pensa che – rispetto ai mandanti politici delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio – sono passati poco più di trent’anni. Così come è anche vero che se le condizioni di salute di MMD non fossero state così gravi da esporlo palesemente alla clinica Maddalena di Palermo – con tanto di tracciabilità sanitaria dei vari pseudonimi da lui stesso usati – a quest’ora risulterebbe ancora a piede libero. In buona sostanza è come se si fosse consegnato da solo alla Giustizia per paura di dover affrontare, da solo, le sofferenze causate dal tumore al colon, affidandosi alle cure dispensate dal SSN. Dunque, a che pro, cantar vittoria? Perché enfatizzare a caratteri cubitali la cattura di qualcuno che avrebbe dovuto essere assicurato alla Giustizia almeno trent’anni fa, ma che invece ha potuto dire e fare quello che ha voluto durante tutta la sua vile e meschina esistenza?