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L’inevitabilità della fratellanza

“L’OSSERVATORE SPIATO” RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

L’inevitabilità della fratellanza

Al di là di ogni ragionevole dubbio, il dato che fa più riflettere a proposito di questa ultima tornata elettorale è stato per l’ennesima volta quello relativo alla alta percentuale di astensionismo che, come al solito – o meglio, come ormai da troppi anni imperversa sia tra gli animi di chi non si sente in alcun modo rappresentato dall’attuale classe dirigente e sia tra i “ragionamenti” di chi ancora si illude di poter esimersi da certe imposizioni politiche – rende a rigor di logica nullo, o quasi, qualsiasi successo in termini elettorali, indipendentemente dagli schieramenti. Detto questo e alla luce dei risultati ottenuti a seguito degli errori commessi dalle altre forze in campo, la vittoria di un Partito di Destra era inevitabile. Per poter governare, la Destra ha sempre fatto leva sui più bassi istinti insiti nella collettività – ovvero, quegli istinti che sono radicati nelle ristrettezze economiche del proletariato dipendente, così come per altro in quelle dell’imprenditoria “senza figli”, e cioè a quel genere di imprenditoria creata da certi datori di lavoro che pur di riuscire a mantenere in piedi la propria attività sarebbero disposti a contrarre debiti interminabili senza però mai speculare o gravare sui propri dipendenti – quella collettività che è stata portata prima all’esasperazione e poi alla disperazione a causa di una mancanza strutturale di servizi che lo Stato avrebbe dovuto garantire (ma che ha accuratamente evitato di fare), resta il fatto inequivocabile che il sistema, questo sistema politico in particolare, sorto deliberatamente per tutelare sia i propri interessi che quelli europeisti e di conseguenza atlantisti, senza se e senza ma, invece di contribuire alla crescita e allo sviluppo globale in termini di occupazione e di sostenibilità ambientale (giusto per fare gli esempi più eclatanti) continua ad avere un solo ed unico orientamento : vale a dire quello di eliminare progressivamente qualunque focolaio di pensiero alternativo alla logica di espansione della sudditanza pianificata. E visto che, per poter fare questo, ovvero per poter espandere i confini della sudditanza pianificata, i rappresentanti eletti hanno bisogno di implementare diverse armi di distrazione di massa – quali, “l’ovvia” divulgazione di trasmissioni multimediali a dir poco opinabili, per esempio – quando tra pochi giorni scatterà l’inesorabile ora della tanto agognata responsabilità di formare un nuovo governo, esaminando le varie proposte presentate dalla coalizione di maggioranza già al primo giro di consultazioni (visto il recente exploit di Fratelli d’Italia), il neo Presidente (o Presidentessa?) del Consiglio incaricato (a) non potrà fare a meno di azzerare tutte le nomine concernenti le varie dirigenze delle tv di Stato al nobile fine di promettere – in quanto priorità assoluta del nuovo esecutivo – la prima vera Riforma necessaria a risollevare le sorti del Belpaese, ovvero quella delle telecomunicazioni. Poi, ovviamente entro i primi cento giorni a partire dall’inizio della nuova legislatura, seguiranno l’altrettanta indispensabile Riforma elettorale, poi quella delle pensioni e via discorrendo, fino a che il popolo italiano, invece di essere diviso su tutto, si ritroverà finalmente unito e coeso. Dunque, alla fine della Fiera, che cosa porterà l’aver votato per il meno peggio (sempre che per meno peggio si voglia intendere questa vittoriosa fratellanza)? Un radicale cambiamento in perfetto stile Gattopardiano, oppure uno stallo inestinguibile dettato da quella ferrea volontà di voltare pagina?