Il regno delle cose
7 Giugno 2016
Lizzie Queue
31 Maggio 2016

A proposito di Klamm


Commedia in cinque atti

di Sormani
 
Quando K. contemplava il castello, spesso gli sembrava di osservare qualcuno che se ne stesse la seduto tranquillamente e guardasse davanti a se, non assorto nei suoi pensieri e dunque inaccessibile a tutto il resto, ma con libera noncuranza : come se fosse solo e nessuno lo osservasse ; eppure doveva accorgersi di essere osservato, tuttavia questo non scalfiva minimamente la sua tranquillità e davvero – non si capiva se ne fosse la causa o l’effetto – gli sguardi dell’osservatore non riuscivano a reggersi e scivolavano via.

Franz Kafka

Personaggi

K. | L’oste della Locanda del Ponte
Frieda | Hans Brunswick
Olga | L’ostessa dell’Albergo dei Signori
Amalia | Gerstacker
Barnabas | L’oste dell’Albergo dei Signori
L’ostessa della locanda del Ponte | Schwarzer
Pepi | Lasemann
Artur e Jeremias | I contadini
Il sindaco | I funzionari
Il maestro | Voci e comparse

Costumi

K. - Abito nero, con camicia grigia e cravatta nera. Una bombetta nera per copricapo, una valigetta nera sempre con se. Statura media, esile.
Frieda - Camicetta color crema, scollata. Gonna nera. Bassina, magra.
Olga - Maglione dolce vita, chiaro. Gonna scura, lunga. Alta, robusta.
Amalia - Alta e robusta. Camicia verde. Gonna nera.
Barnabas – Abito molto attillato, interamente bianco. Alto e snello.
L’ostessa della Locanda del Ponte – Lunga gonna nera. Camicetta e grembiule bianchi. Scialle chiaro. Alta e robusta.
Pepi - Statura media, proporzionata. Abito grigio, con gonna stretta da un nastro con un vistoso fiocco.
Artur e Jeremias - Entrambi alti e snelli. Abiti molto attillati, scuri.
Il sindaco - In vestaglia. Basso, grasso.
Il maestro - Abito marrone. Camicia bianca, senza cravatta. Piccolo, spalle strette, ma impettito.
L’oste della Locanda del Ponte - Pantaloni stretti, scuri. Camicia a mezze maniche chiara, quadrettata. Alto, corpulento.
Hans Brunswick - Pantaloni corti, blu, maglietta rossa. Un bambino come tanti altri, della scuola.
L’ostessa dell’Albergo dei Signori - Alta, snella. Abito grigio, sfarzoso ma al tempo stesso liso.
Gerstacker-Abito invernale pesante, scuro. Berretto con paraorecchie rosso. Sciarpa rossa. Basso, ricurvo.
L’oste dell’Albergo dei Signori - Abito scuro. Camicia bianca e farfallino nero. Alto, corpulento.
Schwarzer – Pantaloni bianchi e maglietta rossa. Statura media.
Lasemann - Basso, tarchiato. Tuta blu e ampio grembiule cerato.
I contadini – Ampi pantaloni verde scuro, con bretelle. Maglioni pesanti, scuri. Tutti bassi, in alcuni casi ricurvi.
I funzionari - Tutti molto eleganti. Alcuni alti, altri bassi.

Atto Primo

A sipario aperto



Il palcoscenico è gremito di Attori e di comparse, tutti vestiti con i costumi di scena. Iniziano a parlare sottovoce. Le prime due file di poltroncine della platea sono vuote. Silenzio. Scendono dalle due scalette poste a lato del proscenio andando ad occupare le poltroncine, riprendendo a parlare sottovoce. Ancora silenzio. Sul palcoscenico, ridotto all’essenziale, con le due uniche uscite sulle rispettive quinte laterali, restano tre contadini, che si sono messi in disparte vicino la quinta di destra, Schwarzer, e l’oste. Penombra.

Primo contadino – (indicando l’uscita più vicina) Guardate … -
Secondo contadino - … sembra un becchino. -
L’oste della Locanda del Ponte - Deve essere un forestiero … -
Schwarzer - … altro non può essere. -
Terzo contadino – E se fosse uno di noi ? -
L’oste della Locanda del Ponte - Impossibile. Se cerca da dormire, a quest’ora posso soltanto … - Il primo contadino fa un cenno a tutti gli altri dell’imminente arrivo di qualcuno andandosi a sedere insieme agli altri due contadini per terra, contro la quinta di fondo. L’oste si mette dritto in piedi contro la quinta di sinistra, mimando l’atto di asciugare bicchieri. Schwarzer invece passeggia su e giù, mimando poi l’atto di telefonare. Entra K.
K. - (togliendosi il cappello, andando verso l’oste) Buonasera … -
L’oste - (brusco) … se vuole può dormire qui, ma le dico subito che non mi sono rimaste più stanze. Dovrà adattarsi là (indicando una zona della quinta di fondo prossima ai contadini) vicino alla stufa, con della paglia che mi è rimasta in soffitta … -
K. - … va bene … dov’è la soffitta ? -
L’oste - (indicando l’uscita laterale sinistra) Per di qua …(poi, a Schwarzer, dopo l’uscita di K.) … c’è nulla di buono quando arriva un forestiero al villaggio. -
Schwarzer - Già … -

Al rientro K. si va a coricare vicino ai contadini, ignorandoli del tutto, mimando l’atto di aggiustarsi la paglia prima di accomodarsi. Dopo nemmeno mezzo minuto di riposo viene svegliato da Schwarzer.

Schwarzer - (toccandolo timidamente) … chiedo scusa … io sono il figlio del custode del Castello (poi, giustificato)… intendo dire che questo villaggio è proprietà del Castello e chi trascorre la notte qui in un certo senso è come se la trascorresse al Castello. Nessuno può farlo senza il permesso del conte. E lei non mi pare che abbia esibito alcun permesso! -
K. - Qui c’è dunque un castello? -
Schwarzer - Certo … (mentre i contadini scuotono la testa) … il Castello è di proprietà del signor Conte West West! -
K. - (basito) Ci vuole dunque un … permesso? -
Schwarzer - Il permesso bisogna averlo! (poi, allusivo, agli astanti) O forse non bisogna averlo? -
K. - (alzandosi, controvoglia) Allora dovrò procurarmelo … -
Schwarzer - … da chi? -
K. - (giustificato) Dal signor conte! -
Schwarzer - (inorridito, urlando) A mezzanotte? -
K. – (pacato) Non si può? Perché mi avete svegliato allora? -
Schwarzer - (indignato) Che modi sono questi? Io pretendo rispetto! Se l’ho svegliata l’ho fatto soltanto per informarla che deve lasciare immediatamente questa contea! -
K. – (esasperato) Ora basta, finiamola. Per sua norma e regola io sono l’agrimensore che il signor conte ha fatto venire. I miei aiutanti mi raggiungeranno domani. Che era tardi lo sapevo da me, non c’era bisogno che me lo dicesse lei (rimettendosi a dormire). Buonanotte. -
Schwarzer - (sbalordito, agli altri) Un agrimensore? (facendo cenno all’oste di lasciarlo dormire tranquillamente) Chiederò informazioni per telefono … (poi, al telefono) … signor Fritz … buonasera, scusi l’ora tarda … può verificare presso la cancelleria centrale se è vero che doveva venire un agrimensore quaggiù al villaggio e richiamarmi nel caso avesse ricevuto notizie certe? ………….. grazie, molto gentile …….(poco dopo si sente squillare un telefono, l’immediato suono dell’unico squillo, amplificato, suscita in K. un logico stupore mettendolo all’erta. Poi, furioso, dopo “aver attaccato la cornetta”) … l’avevo ben detto! Nessuna traccia di agrimensori. Costui è un comune vagabondo, bugiardo più di tutti gli altri forestieri che si sono presentati qui! -

A questo punto, richiamata da i rumori sottostanti, dal piano superiore scende l’ostessa della Locanda del Ponte, entrando dall’uscita sinistra.

L’ostessa - (notando che sia l’oste che i contadini si stanno minacciosamente avvicinando a K.) Che succede? -
Schwarzer - (basito, rispondendo nuovamente al telefono, che in questo caso squilla due volte) ……………….. il capoufficio ha chiamato di persona dicendo che si tratta di un errore? Mi spiace … ma ora quali spiegazioni potrò dare a … (servile) … va bene, se le autorità hanno detto che è stato nominato un agrimensore vuol dire che è vero. -

Silenzio. K. rifiuta l’approccio di tentate scuse da parte di Schwarzer e accetta soltanto “una bevanda” che l’ostessa “prende dietro il banco offrendogliela, con anche un catino e un asciugamano”. K. mima l’atto di lavarsi le mani, di asciugarsele e di bere, prima di tornare a dormire. Buio. Pausa, relativamente prolungata. Luce. E’ mattino. Sono rimasti l’oste e K. L’oste è dritto in piedi contro la quinta di sinistra (“dietro il bancone”). K. gli sta di fronte.

K. - (risoluto) Quanto le devo? -
L’oste - (accomodante) Non si preoccupi … pagheranno i Signori del Castello, così come pagheranno il suo momentaneo soggiorno … -
K. - (sollevato) …bè, non conosco ancora il signor conte, ma dovrebbe pagare bene per qualcuno che sa lavorare bene. O sbaglio? -
L’oste - Anche di questo non deve preoccuparsi … -
K. - … in ogni caso non avrei paura a dirgli in faccia ciò che penso, sia a lui che a qualsiasi altro signore che mi si presenterà davanti, qualora il trattamento che mi riserveranno non dovesse soddisfare le mie aspettative …. (dopo una pausa) … e comunque è lei che non dovrebbe preoccuparsi … (altra pausa)… domani i miei aiutanti arriveranno presto. Potrei farli alloggiare qui? -
L’oste - Certo … ma non dovrebbero alloggiare con lei al Castello? -
K. - Dipende. Se il lavoro è quaggiù al villaggio sarebbe più logico se alloggiassimo tutti e tre qui, non le pare? -
L’oste - Lei non conosce ancora il Castello. -
K. - Vero anche questo. Si vedrà …. (indicando “un quadro appeso alla parete”) … chi è quello nel ritratto, il signor conte? -
L’oste - No, è il custode. -
K. - Mi auguro che non sia tale al figlio … -
L’oste - (abbassando il tono, comunque comprensibile) … ieri sera Schwarzer ha esagerato. Suo padre è un semplice sotto custode. Comunque anche lui è uno che conta. –
K. - Per lei tutti contano qualcosa? Secondo lei anch’io conto qualcosa? -
L’oste - No. Secondo me no … -
K. - … e fa bene a pensarlo perché io conto meno di zero, ma a differenza di lei non sono così sincero a dirlo (dandogli amichevolmente una pacca sulla spalla, si dirige verso l’uscita laterale destra). Buona giornata. -
L’oste - Se desidera andare al Castello le conviene uscire da questa parte (indicando la scaletta a lato del proscenio). Ieri sera lei è venuto direttamente dalla strada maestra. -
K. - Grazie, arrivederci. -
L’oste - (uscendo dall’uscita laterale sinistra) Arrivederci. -

Mentre K. scende dalla scaletta, per andare al fondo della sala, sul palcoscenico salgono di nuovo tutti gli Attori e le comparse che si erano seduti sulle prime due file di poltroncine della platea. Questa volta però sono tutti di schiena. K. li osserva dal fondo della sala per un attimo, in mezzo ai due corridoi. Poi avanza fermandosi nello spazio delimitato tra la prima fila e il proscenio, osservandoli più da vicino. Poco dopo ritornano quasi tutti al posto che occupavano. Mentre sta per salire dalla scaletta a sinistra del proscenio, dall’uscita laterale destra entrano una dozzina di bambini, allegri e spensierati, allievi della scuola del villaggio. Circondano tutti il maestro facendo un gran baccano, ma non appena K. gli rivolge la parola si zittiscono.

K. - Buon giorno signor maestro. -
Il maestro - Stavate guardando il Castello? -
K. - Si. Sono forestiero e … -
Il maestro - … il Castello non vi piace? -
K. - (basito) Perché supponete che non mi piaccia? -
Il maestro - A nessun forestiero piace il Castello. -

Pausa.

K. - Lei certo conoscerà il conte. -
Il maestro - No. - K. - (basito) No? -
Il maestro - (abbassando il tono, comunque comprensibile) Come potrei conoscerlo? (ad alta voce, riferito ai bambini) Regardez les innocents, regardez les enfants … -

Altra pausa.

K. - … potrei venirla a trovare un giorno? Mi sento un po’ spaesato qui … e in definitiva non mi sento a mio agio né al villaggio, con i contadini, e né al castello, con i signori, sebbene non abbia ancora … -
Il maestro - … tra il villaggio e il Castello non c’è alcuna differenza. In ogni caso io abito vicino al macellaio. -
K. - Bene. Verrò. -

A queste parole i bambini, attentissimi al dialogo, riprendono a schiamazzare, scendendo, con il maestro, dalla scaletta a lato del proscenio (opposta a quella dove era passato K.) rimettendosi a sedere. K. prosegue dunque la sua passeggiata per raggiungere il castello, uscendo e rientrando un paio di volte dalle rispettive uscite sempre più lentamente, rallentando il passo (“sprofondando nella neve”) fino a giungere alla soglia dell’uscita laterale sinistra.

K. - Posso entrare? Sono molto stanco … -
Prima voce maschile - (urlato) … chi è quello? Perché l’avete fatto entrare? -
Voce di K. - (giustificato) Sono l’agrimensore che ha fatto chiamare il signor conte … -
Voce femminile - (ravveduto) ... ah … l’agrimensore … -
Voce di K. - (basito) … mi conoscete? E voi, chi siete? -
Voce femminile - Certo che vi conosco. Io sono una ragazza del Castello … -
Seconda voce maschile - … potete accomodarvi lì, se volete … -
Voce di K. - … grazie, ne avevo davvero bisogno. -
Pausa, relativamente prolungata.
Seconda voce maschile - Signor agrimensore. Scusi la scortesia, ma qui non può proprio rimanere. Vi scandalizzerete della nostra scarsa ospitalità ma a noi, gente che conta poco, non occorrono ospiti. -
K. - (comprensivo, affacciandosi sulla soglia della stessa uscita) Non intendo affatto rimanere … chi devo ringraziare per questa sosta? -
Lasemann - Sono il conciatore Lasemann, ma non dovete ringraziare proprio nessuno. La strada per il Castello è per di là (indicando la scaletta a destra del proscenio, salutando nel frattempo due uomini saliti dalla stessa scaletta e diretti verso l’uscita laterale destra) Buon giorno Artur. Buon giorno Jeremias! Avete da fare? -
Artur e Jeremias - (divertito, all’unisono) Affari … -
Lasemann - … dove? -
Artur - (uscendo con Jermias dall’uscita laterale destra) Alla locanda … -
K. - (mentre Lasemann si è già ritirato) ... vado anch’io là … -
Altra voce maschile - (a K.) … si può sapere che diavolo ci fai tu lì davanti? Chi aspetti? -
K. - Aspetto una slitta che mi riporti al villaggio. Si sta facendo buio, e io non ho alcuna intenzione di … -
Gerstacker - (entrando dall’uscita laterale sinistra, tossendo ripetutamente, mimando l’atto di manovrare un mezzo) … ce l’ho io una slitta. L’importante è che tu ti tolga subito da lì davanti … tu sei il nuovo agrimensore, non è così? Tu appartieni al Castello. Dunque dove vorresti andare? -
K. - (divertito) Al castello! -
Gerstacker - Allora non ti porto. -
K. - (giustificato) Ma io appartengo al castello! -
Gerstacker - Può darsi … -
K. - …. allora portami alla Locanda del Ponte. -
Gerstacker - Sta bene. Sali. Io andrò a piedi. -
K. - (accovacciandosi. Camminando poi da accovacciato, K. percorre insieme a Gerstacker lo stesso tragitto fatto in precedenza) Ma perché? -

Colto da un violento attacco di tosse, Gerstacker evita di rispondere.

K. - (al secondo passaggio) Non mi hai ancora detto come ti chiami. -
Gerstacker - Sono il vetturale Gerstacker. Perché? -
K. - Sei autorizzato a portarmi? -
Gerstacker - (questa volta provocando deliberatamente i colpi di tosse) Ma si può sapere che diavolo vuoi? Ti ho portato davanti alla Locanda del Ponte. Che altro vuoi? -
L’oste - (apparso sulla soglia dell’uscita laterale destra) Già di ritorno? -
K. - Le giornate qui sembrano essere molto corte … (mentre il vetturale Gerstacker si allontana tossendo, uscendo dall’uscita opposta. Poi, ad Artur e Jeremias, appena apparsi vicino l’oste) … chi siete voi due? -
Artur e Jeremias - (all’unisono) I vostri aiutanti. -
K. - (infastidito) Voi due siete i miei aiutanti? Quelli che aspettavo? -
Artur - Si. -
K. - Siete quelli che ho incontrato che venivate dal castello … (poi, senza avere risposte) … le avete almeno le apparecchiature? -
Artur - No. -
K. - Vi intendete in qualche modo di agrimensura? -
Artur - No. -
K. - (sconcertato) Eppure … se siete i miei aiutanti dovrete pure intendervene … (uscendo con entrambi, con l’oste, spingendo Artur) venite dunque, entriamo. -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. K., Artur e Jeremias, nel mezzo. L’oste al solito posto (dritto dietro il bancone contro la quinta di sinistra). I tre contadini, in disparte.

K. - … voi due siete uguali come due serpenti, faccio fatica a riconoscervi …. -
Artur - … gli altri ci riconoscono benissimo! -
K. - Ho visto! Ma per me voi due siete una persona sola e se vorrete proprio lavorare con me dovrete sottostare ai miei ordini. Perciò vi tratterò e vi chiamerò entrambi Artur, come d’altra parte si chiama uno di voi. (a Jeremias) Vero? -
Jeremias - No. Io mi chiamo Jeremias. -
K. - Fa lo stesso. Se manderò Artur da qualche parte ci andrete entrambi, con lo svantaggio che io non potrò impiegarvi per lavori separati, ma con il vantaggio che voi avrete la stessa responsabilità per l’incarico che vi affiderò. La sola cosa che non vi sarà consentita sarà che non dovrete mai, in nessun caso, scaricare la responsabilità, proprio perché voi due ai miei occhi sarete una persona sola …(poi, a un contadino che nel frattempo si era avvicinato) … a te non deve interessare minimamente la nostra conversazione. Nessuno ha il diritto di disturbarci. -
Primo contadino - (tornando insieme agli altri) Prego, s’immagini. -
K. - Dovrete fare molta attenzione, soprattutto a questo : non dovrete parlare con nessuno senza il mio permesso. Abbiamo già perso troppo tempo. Domattina vi presenterete qui alla locanda e mi accompagnerete al castello con una slitta. -
Artur e Jeremias - (all’unisono) Ma per andare al Castello è necessario avere un permesso! -
K. - (furioso) Procuratevelo! -
Artur e Jeremias - (mimando entrambi l’atto di telefonare) Pronto Signor Oswald? Ci servirebbe un permesso per … -
Voce di Oswald - (risoluto, sentita da tutti) … no! Né ora né mai! -
K. - Siete dei buoni a nulla. (mimando l’atto di telefonare viene accerchiato sia dai contadini che dall’oste, oltre che dai suoi due aiutanti. Esterrefatto, dopo una pausa) Non voglio intromissioni … -
L’oste - (a K.) … sta arrivando un messaggero per lei … (mentre K.”alza la cornetta” si sente un mormorio confuso, indistinto) -
Voce di Oswald - (infastidito, dopo circa mezzo minuto) ... qui è Oswald. Ultimamente si stanno facendo troppe telefonate in Cancelleria. Chi parla? (urlato) Ho detto chi parla? -
K. - (dopo un attimo di esitazione) Sono un aiutante, l’aiutante del signor agrimensore. -
Voce di Oswald - Quale aiutante? -
K. - Josef. -
Voce di Oswald - (tra il brusio dei contadini) Josef? Attenda in linea ....... a me risulta che gli aiutanti si chiamino Artur e Jeremias. -
K. - No. Quelli sono i nuovi aiutanti. Io sono il vecchio. -
Voce di Oswald - (urlato) No! -
K. - (pacato) E allora io chi sono? -
Voce di Oswald - (pacato) Ha ragione, lei è il vecchio aiutante. Che cosa vuole? -
K. - Quando potrebbe venire al castello il signor agrimensore? -
Voce di Oswald - Mai! -
K. - (sarcastico, “riagganciando”) Bene … (contemporaneamente dall’uscita laterale destra entra Barnabas con una lettera in mano, che porge a K.) … e tu chi sei? -
Barnabas - Mi chiamo Barnabas. Sono un messaggero. Questa lettera è per te, da parte della Cancelleria del Castello. -
K. - Grazie. (dopo averla ritirata nella valigetta) Ti piace qui? -
Barnabas - (disinvolto, agli aiutanti) Villaggio e Castello, Castello e villaggio …. -
K. - … oste … le spiacerebbe portagli una birra? Offro io. -
L’oste - (mimando l’atto di spillare la birra, offrendogliela a Barnabas, il quale la beve d’un fiato, soddisfatto) Certo, con piacere … -
Barnabas - (a K., dopo aver bevuto) … grazie. -
K. - Se non vi dispiace vorrei andare su, nella mansarda che mi è stata assegnata. -
L’oste - (cortese, accompagnandolo all’uscita laterale sinistra) Prego … -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. K. è seduto contro la parete della quinta di sinistra, vicino all’uscita.

K. - (leggendo ad alta voce la lettera) Egregio signore, Ella è stata assunta, come Ella sa, al servizio di sua Signoria. Il suo diretto superiore è il sindaco del villaggio, il quale provvederà a comunicarle tutti i particolari concernenti il suo lavoro e le condizioni salariali, e al quale lei da parte sua sarà tenuto a renderne conto. Ciò non di meno neppure io la perderò di vista. Barnabas si informerà presso di lei per conoscere i suoi desideri e comunicarmeli. Sarò sempre pronto, nei limiti del possibile, a compiacerla. Ci tengo molto ad avere operai soddisfatti. Firmato ….. qui non si capisce … comunque è il direttore della Cancelleria … (terminata la lettura ripone la lettera nella valigetta) … se le cose stanno così tanto vale tenerla sempre con me. -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. Al rientro nella locanda K. trova tutti esattamente come erano.

K - (a Barnabas) La lettera … l’ho letta … (poi, infastidito, ai contadini che si sono avvicinati) … la volete smettere di seguirmi? (una volta che si sono allontanati) Tu conosci il contenuto? -
Barnabas - No. -
K. - Si parla anche di te, del fatto che tu dovrai trasmettere messaggi tra me e il direttore. Per questo ho pensato che conoscessi il contenuto. -
Barnabas - Io so soltanto che dovevo consegnarti la lettera, che dovevo aspettare un’eventuale risposta, verbale o scritta, e andarmene. Tutto qui. Niente altro. -
K. - Bene. Non è necessaria alcuna risposta. Riferisci pure al signor …. a proposito, non sono riuscito a leggere la sua firma del direttore. Come si chiama? -
Barnabas - Klamm. -
K. - Bene. Porgi dunque al signor Klamm i miei ringraziamenti, sia per quanto riguarda l’assunzione che per la cortesia che mi ha mostrato. Per ora particolari desideri non ne ho. Riferisci pure quanto ci siamo detti (stringendogli la mano). -
Barnabas - (prima di andarsene dall’uscita laterale destra, quasi inchinandosi verso K.) Riferirò. -
K. - (agli aiutanti) Ora devo uscire … -
Artur e Jeremias - … veniamo anche noi. -
K. - (risoluto, seguendo Barnabas) Da solo! -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Penombra. Barnabas sta per scendere dalla scaletta a destra del proscenio mentre sente la voce di K.

Voce di K. - (urlato) Barnabas … (poi, entrando dall’uscita laterale destra)… Barnabas! (dopo essersi ricongiunto) Volevo ancora dirti che se per caso avessi bisogno di qualcosa dal castello, non avrei saputo proprio come rintracciarti. -
Barnabas - Puoi chiedere al direttore che io venga in certi giorni e in certi orari stabiliti da te. -
K. - Non basterebbe. Magari non avrei nulla da comunicare per un anno intero, o magari dovrò comunicarti qualcosa appena sei partito. -
Barnabas - Allora, dovrei riferire al direttore di un eventuale cambiamento nel nostro modo di comunicare? -
K. - Niente affatto. Te l’ho detto così, per puro caso … -
Barnabas - … allora torniamo alla Locanda del Ponte, così potrai darmi un nuovo incarico. -
K. - Preferirei di no. -
Barnabas - Perché non vuoi tornare alla Locanda del Ponte? -
K. - Hai visto anche tu quanto sono invadenti i contadini, no? Mi disturbano in continuazione. -
Barnabas - Potremo andare su, in mansarda, nella tua camera. -
K. - Non è la mia camera, è la camera delle serve. (dopo una pausa) Lascia soltanto che io mi aggrappi a te … ti sei più forte di me …e io, con tutta questa neve … -
Barnabas accetta dunque di accompagnare K. Durante il tragitto(entrano ed escono più volte dalle rispettive quinte laterali) restano in silenzio. A un tratto Barnabas si ferma.
K. - (saldamente ancorato al braccio di Barnabas) Dove siamo? -
Barnabas - A casa. Entriamo (entrambi uscendo dall’uscita destra). -
Voce di K. - (basito) A casa? -

Buio. Pausa. Penombra. Due vecchi, i genitori di Barnabas, nell’atto di alzarsi vanno incontro a Barnabas e K., sulla soglia dell’uscita sinistra, di fronte a Olga, una sorella di Barnabas. L’altra sorella, Amalia, è seduta“a tavola” contro la quinta di destra.

Olga - Chi è venuto con te, Barnabas? -
Barnabas - L’agrimensore. -
Amalia - (esclamativo, da seduta) L’agrimensore. -
K. - (in disparte a Barnabas) Perché sei venuto a casa tua? Io credevo che tu mi portassi al castello! -
Barnabas - No signore. Io non dormo mai al Castello. Ci vado solo di mattina presto. -
K. - Se dunque volevi venire a casa tua perché non me lo hai detto? -
Barnabas - Me lo hai forse chiesto? Volevi solo affidarmi un altro incarico, ma non alla Locanda del Ponte, e nemmeno in camera tua, così ho pensato che qui a casa mia, indisturbato dai contadini, avresti potuto farlo lo stesso passandoci anche la notte se ne avessi avuta voglia. Non ho fatto bene? -

Alquanto imbarazzato, K. evita di rispondere appartandosi da solo, distante e diffidente da quella famiglia che si era già riunita per la cena.

Olga - Si unisca a noi … le assicuro che mangeremo solo quello che c’è in tavola! Manca solo la birra, che stavo andando proprio ora a prendere. -
K. - Dove? -
Olga - Alla locanda! -
K. - La posso accompagnare? -
Olga - (divertito) Fino alla Locanda del Ponte? Ma è troppo lontano. Qui ce n’è una più vicina … si chiama l’Albergo dei Signori … -
K. - (schiarendosi la voce) … in ogni caso … potrei accompagnarla? -
Barnabas - (dopo un rapido giro di occhiate tra i familiari) Se il signore lo desidera … -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Penombra.

K. - (tenendosi a Olga, entrando dall’uscita laterale destra) Ci vanno dunque i signori del castello in questo albergo? -
Olga - (divertito, uscendo dall’uscita opposta) Certo … non solo ci vanno, ma ci mangiano anche, oltre probabilmente a dormirci … -

Pausa. Luce. L’oste dell’Albergo dei Signori è “nell’atrio”, dritto in piedi contro la quinta di sinistra.

L’oste - (a Olga, appena entrata con K.) Il signor agrimensore può andare soltanto fino alla mescita. -
Olga - (in difesa di K.) Certo, lui mi accompagna soltanto … -
K. - (all’oste, in disparte) … senta … io gradirei pernottare qui. -
L’oste - Impossibile! Questo albergo è riservato ai Signori del Castello! -
K. - Lo so, questa è la regola. Ma se io mi appartassi in un angolo lei non potrebbe per così dire fare un’eccezione? -
L’oste - Se io facessi un’eccezione del genere non sarei perduto soltanto io, ma sarebbe perduto anche lei. Lei potrà ritenerlo ridicolo, forse. Ma qui è così. -
K. - Ci credo … mi creda, non posso che crederci, ma le voglio solo ricordare che io ho delle conoscenze al Castello, che la potrebbero assicurare contro ogni rischio proveniente dal mio pernottamento. -
L’oste - Lo so. (dopo un pausa) Questo lo so. -
K. - Quanti sono i Signori del castello che pernottano qui questa sera? -
L’oste - Sotto questo aspetto questa sera la situazione, per quel che concerne le prenotazioni, è favorevole. Solamente un signore si è infatti trattenuto qui. -
K. - Qual è il nome di questo signore? -
L’oste - Klamm …………… quindi, che cosa intende fare? -
Nell’udire pronunciare quel nome, K. si allontana dall’oste.
Olga - (divertito) Che cosa volevi dall’oste? -
K. - Volevo passare la notte qui. -
Olga - Invece la passerai da noi, vero? -
K. - Si, certo (uscendo con Olga dall’uscita laterale destra). –
L’oste - (a Olga) Si ricordi di cosa le ho detto. -
Voce di Olga - Senz’altro … -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. Seduti e allineati sulla quinta di fondo, una dozzina di contadini nell’atto di bere birra, in assoluto silenzio. Altri contadini sono in piedi davanti al”bancone della mescita” dietro cui (dritta contro la quinta di sinistra) c’è Frieda, la quale sta mimando l’atto di spillare birra porgendo i boccali agli avventori.

Olga - (distaccato, mentre K. non toglie gli occhi di dosso a Frieda) Come stai Frieda? -
Frieda - Non c’è male … -
K. - (a Frieda) … lei conosce Klamm? (poi, infastidito, a Olga, che scoppia a ridere) Perché ridi? -
Olga - (continuando a ridere) Mica rido … -
Frieda - (a K.) … vuole vedere il signor Klamm? (indicando “la porta” alla sua sinistra) Prego, da questo spioncino può guardarci attraverso. -
K. - (riferito ai contadini) E tutta questa gente …(preso per mano da Frieda K. si mette a guardare dallo “spioncino della porta”. Poi, mentre Olga si è già allontanata, mettendosi a sedere vicino a un contadino) … Frieda … lei lo conosce bene il signor Klamm? -
Frieda - Oh si … molto bene … ha sentito come rideva Olga? -
K. - Che motivo aveva di ridere dunque? -
Frieda - Beh … io sono … insomma, sono la sua amante, no? -
K. - (sorpreso) L’amante di Klamm? Allora …lei deve essere una persona degna del mio rispetto.–
Frieda - (altezzoso) Non soltanto del suo! -
K. - E’ già stata al castello? -
Frieda - No. Non le basta che io sia qui alla mescita? -
K. – Certo. (dopo una pausa) Lei qui farà le veci dell’oste … -
Frieda - … esatto … e pensi che ho iniziato come serva, alla Locanda del Ponte … -
K. - (galante) … con queste belle mani delicate? -
Frieda - (imbarazzato) A queste cose allora non ci faceva caso nessuno … -
K. - … naturalmente … ognuno di noi ha i suoi segreti, e lei non li confiderà certo a qualcuno che ha appena incontrato … -
Frieda - (cambiando improvvisamente umore, andando a “chiudere a chiave la porta”) … invece so tutto di lei, lei è l’agrimensore …ora però mi scusi, ma devo tornare al lavoro. -
K. - Un ultima cosa … so perfettamente che nel chiederglielo potrà trarre un giudizio affrettato su di me, ma lei può considerare definitiva la sua condizione di cameriera addetta alla mescita che proviene da una condizione ancora inferiore quando, parlandone con più calma e in un altra sede, potrebbe ricevere l’aiuto da parte di qualcuno che come lei sa che cosa vuol dire combattere affrontando giorno dopo giorno gli ostacoli e le insidie che la vita ci riserva? -
Frieda - (distaccato) Non so cosa lei voglia, ma …(allarmato) intende forse strapparmi al signor Klamm? -
K. - Esattamente questa era la mia più segreta intenzione. Lei dovrebbe lasciare Klamm e diventare la mia amante. E ora me ne posso anche andare. (ad alta voce) Olga! Andiamo a casa … -
Frieda - (sottovoce, comprensibile) … quando potrei parlarle? -
K. - Potrei passare la notte qui? Se … -
Frieda - … si, ma ora se ne vada con Olga, in modo che io mi possa liberare, poi potrà tornare … -
K. - (soddisfatto) … bene. -
Nel frattempo però, Olga sta già ballando sfrenatamente con alcuni contadini, ai quali si aggiungono anche quelli seduti contro la quinta di fondo.
Frieda - Lo vede con che razza di gente devo lavorare? -
K. - Chi sono? -
Frieda - I servi di Klamm. Beceri e bifolchi, della peggior specie. E a me tocca pure servirli. -
K. - E Klamm, non li sente? -
Frieda - No. Dorme. -
K. - (basito) Dorme? Eppure quando ho guardato dallo spioncino … -
Frieda - … quella è la sua posizione abituale, glielo assicuro. I Signori del Castello hanno bisogno di tanto riposo per poter affrontare tutto. (mentre il ballo comincia a degenerare) E come può vedere anche lei, se non c’è qualcuno che li redarguisce … (poi, nell’atto di prendere qualcosa da sotto il banco della mescita) … -
K. - (basito) … che intende fare con quella frusta? -
Frieda - (frustando i contadini) In nome di Klamm … tutti nella stalla. -

Scoppia un parapiglia : sotto gli increduli occhi di K. i contadini si accalcano all’uscita e poco dopo, oltre a K., non resta più nessuno. Nell’udire dei passi in avvicinamento, K. “scavalca” il bancone, nascondendosi.

L’oste dell’Albergo dei Signori - (allarmato, entrando dall’uscita laterale destra) Frieda, Frieda … -
Frieda - (rientrando) … è inutile, non cambieranno mai quei bifolchi. -
L’oste - Dov’è l’agrimensore? -
Frieda - Non lo so … sarà uscito anche lui … -
L’oste - … non è possibile, ero nell’atrio. Da lì non è certo passato. Si sarà nascosto. -
Frieda - (controllando “dietro il bancone”, baciando K.) Magari è qui sotto … no, qui non c’è! -
L’oste - (risoluto) Lei si ritenga responsabile della sala mescita, io mi riterrò responsabile del resto dei locali. Buonanotte. -
Frieda - Buonanotte. -

Penombra. Frieda si sdraia insieme a K.”dietro il bancone”. Buio.

Frieda - Mio tesoro … che bello averti trovato … -
K. - (dopo vari rumori, indistinti) … shh … siamo proprio davanti alla sua porta! -
Voce di Klamm - Frieda! -
Silenzio. Pausa.
Frieda - (bussando alla porta, si sente realmente bussare a una porta) Sono con l’agrimensore. Non mi vedrai mai più. -

Altro silenzio. Altra pausa, relativamente prolungata. Luce. In piedi, davanti a loro, ora ci sono Artur e Jeremias, divertiti.

Frieda - (svegliandosi) Guarda come ridono quei due … -
K. - … che volete qui? -
Artur - L’abbiamo cercata dappertutto, prima alla locanda, poi, da Barnabas … abbiamo girato per tutta la notte. -
K. - Voi due mi occorrete di giorno, non di notte. -
Jeremias - Infatti è giorno! -

Poco dopo infatti, dall’uscita laterale destra entrano in massa i contadini, con Olga, guardando Frieda con un certo disprezzo.

Olga - (piangendo, a K.) Perché non sei venuto a casa con me?
Rovinarti per una donna simile … -
"Prendendo un fagotto da dietro il bancone della mescita” Frieda prende poi K. per mano, fulminando con lo sguardo un contadino che stava per avvicinarsi.

Frieda - Per quello che mi riguarda ora possiamo anche andare alla Locanda del Ponte. -

Poco dopo escono tutti mestamente dalla quinta laterale destra, come se fossero in processione a un funerale.

Sipario



Durante il brevissimo intervallo tra un atto e un altro la maggioranza di Attori e di comparse continuano ad occupare le poltroncine delle prime due file della platea come qualsiasi altro spettatore.

Atto Secondo

A sipario aperto



Frieda e K. sono in piedi, nel mezzo, abbracciati come due innamorati che si scambiano intime effusioni. Artur e Jeremias stanno entrando dall’uscita di sinistra, entrambi con “le tazzine di caffè in mano” che consegnano sia a Frieda che a K.

Frieda - Grazie Artur, questo caffè era quello che ci voleva. -
Jeremias - Io mi chiamo Jeremias. -
K. - (sprezzante, dopo aver bevuto e riconsegnato la tazzina ad Artur) Ora lasciateci soli! Aspettatemi sotto, nella locanda. Dal sindaco ci andremo insieme. -
Artur - Ma … -
K. - … nessun ma. -
Frieda - (dopo l’uscita dei due aiutanti) Dovresti sforzarti di essere più cordiale con loro. -
K. - Cordiale? Mi spiano in continuazione … sono peggio di lei. -
Frieda - Lei chi? -
K. - Madre putativa potrebbe andare bene come definizione? -
Frieda - (comprensivo) Credo di si … -

La coppia si abbandona ancora a intime effusioni : si sdraiano a filo della parete della quinta di fondo, si baciano e si abbracciano, si leccano reciprocamente i volti, rimangono abbracciati mano nella mano, poi si addormentano. A questo punto entrano due serve della Locanda del Ponte. Una “porta in braccio qualcosa”.

Prima serva - (scandalizzato) Guarda quelli …. Proprio lì si dovevano mettere … presto, coprili con le lenzuola (mentre la seconda serva“li copre con quello che ha in braccio”) … se l’ostessa li vede così è capace che li butta fuori a calci tutti e due. -
Seconda serva - (uscendo insieme alla prima serva) Pensa se ci fossi stata io al posto suo! -

Qualche istante dopo rientrano anche i due aiutanti, i quali, notando la situazione, si siedono in disparte contro la quinta di sinistra. Poco dopo entra anche l’ostessa della Locanda del Ponte, la quale, ignorando i due aiutanti, si va a sedere contro la quinta opposta. Pausa. Frieda “scopre le lenzuola”. Notando l’ostessa sveglia subito K., che viene salutato allegramente dai due aiutanti.

L’ostessa - (di rimprovero) Aspetto già da un pezzo! -
K. - Non potrebbe tornare in un altro momento? Abbiamo un appuntamento importante con il signor sindaco. -
L’ostessa - (sedendosi accanto a Frieda) Credo che sia molto più importante ciò che ho da dirle io, signor agrimensore. Il sindaco le parlerà solo di lavoro, mentre io le parlerò della qui presente mia cara Frieda. -
K. – Se le cose stanno così le dico subito che sarebbe meglio per tutti che ci sposassimo (indicando Frieda) visti i suoi trascorsi. Purtroppo io non potrò ripagarla dalla perdita del suo impiego all’Albergo dei Signori … -
Frieda - (piangendo, abbracciando l’ostessa) …perché, perché doveva succedere proprio a me? -
L’ostessa - (giustificato) E’ sconvolta dagli avvenimenti …. in sostanza ora bisogna solo discutere delle garanzie, perché per quanto io possa fidarmi di lei, lei rimane pur sempre un forestiero …. della sua famiglia non si sa niente, del suo … -
K. - (comprensivo) … certo, le garanzie. La cosa migliore sarebbe fornirle davanti a un notaio, o a delle autorità competenti. Del resto anch’io prima di sposarmi ho una faccenda personale da sbrigare : devo riuscire a parlare con Klamm. -
Frieda - (scandalizzato, all’ostessa) Questo è impossibile! Si rende conto dell’assurdità di una richiesta simile? -
K. - (indignato) Ma perché? Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi perché io non posso parlare con Klamm? -
L’ostessa - (pacato) Non c’è alcun bisogno di infervorarsi, glielo spiegherò io perché. E’ semplicemente a causa della sua negligenza se lei ora si trova qui in pace e tranquillità … -
K. - (divertito) … come dice prego? -
L’ostessa - (alzandosi, coinvolgendo sia Frieda che K.) Klamm è un Signore del Castello. Appartiene a un rango elevatissimo. Che cos’è lei a confronto, se non una nullità? Forestiero, per giunta. Una nullità che viene dal nulla, che approderà con ogni probabilità al nulla, e che fa perdere del tempo prezioso a tutti gli abitanti del villaggio, potrebbe forse avere il diritto di parlare con un signore come Klamm? Nemmeno io, che qui ci sono nata, cresciuta, e che tra non molto purtroppo dovrò anche dipartire da questa vita, ho mai parlato con Klamm veramente. Nemmeno Frieda, con tutte le chiacchiere che circolano in base alla sua presunta relazione con Klamm potrebbe dirlo con certezza, sebbene io non possa certo negare che qualcosa di vero ci sia stato. -
K. – Infatti è proprio di questo che vorrei parlare a Klamm. -
L’ostessa -(sbalordito, a Frieda) Hai sentito quello che ha appena detto l’uomo che dovresti sposare? -
K. - (giustificato) Che cosa ho detto di così mostruoso? Se è vero che sono una nullità quale peso potrebbero avere le mie parole a riguardo della mia relazione con Frieda? -
Frieda - (desolato, a K.) Purtroppo ha ragione lei, tesoro mio … non è stato a causa tua se Klamm non ha più voluto saperne di me. Credo piuttosto che se ora noi stiamo insieme è perché lo dobbiamo proprio a Klamm. -
K. - (basito, dopo una pausa) Se le cose stanno così c’è ancora meno da aver paura di affrontare una discussione del genere con Klamm. -
L’ostessa - (sarcastico) Davvero? Lei mi ricorda mio marito … -
K. - Perché? -
L’ostessa - Perché lei dimostra la stessa irresponsabilità nell’affrontare le cose, di come si manda avanti una baracca come questa, per esempio, di come, sempre per esempio, è stato proprio grazie a Frieda che lei gode di questa posizione, e di come io, a differenza del suo innato scetticismo, le assicuri la permanenza in questa locanda quando lei sa benissimo che non riuscirebbe a trovarla da nessun’altra parte, in questo villaggio. -
K. - Su questo non posso darle torto, anche se non del tutto, visto che in fin dei conti potrei comunque disporre di un alloggio … -
Frieda e l’ostessa - (all’unisono) … dove? -
K. - Da Barnabas. – L’ostessa - (infastidito) Quei furfanti … -
Frieda - (a K.) … in fin dei conti è stato proprio grazie a Barnabas se ci siamo conosciuti, nonostante tu mi fossi del tutto indifferente, così come mi è rimasto del tutto indifferente l’essere lasciata da Klamm … -
L’ostessa - (a K.) … ora riesce a rendersi conto della conseguenza delle sue azioni? Frieda aveva tutto! Cos’altro poteva desiderare di più? Soltanto una ragazza come lei, nel vederla con Olga, poteva sacrificarsi così come ha fatto. Se davvero voleva alloggiare da Barnabas perché non ci è andato quella stessa notte? -
K. - Io non so quali peccati abbia commesso la famiglia di Barnabas, ma le ricordo che lei si è intromessa in affari che non la riguardavano affatto, e che se il suo tentativo era mirato a dividerci sappia pure che non ci riuscirà. Per quanto riguarda la sistemazione in questo alloggio non è detto che lei lo abbia fatto di sua spontanea volontà, a me pare piuttosto che lei abbia dovuto cedere alle imposizioni di qualche autorità comunale. (poi, risoluto, agli aiutanti) Venite …ora andiamo dal signor sindaco! -
L’ostessa - Ancora una cosa mi premeva dirle … dica pure ciò che vuole al sindaco, non mi preoccupa. Con il tempo capirà che avevo ragione io a riguardo di tante cose. E si ricordi che qui lei è il più ignaro di tutti, il più spaventosamente ignaro, ma che se comunque lo vorrà potrà tornare quando vuole, qui, a parlare di Klamm, ma non altrove, soltanto ed esclusivamente qui. In realtà, se lo vorrà fare da qualche altra parte, se non addirittura da lui, al Castello, l’unico consiglio che le posso dare spassionatamente è di non provarci. -
K. - (stringendole la mano, uscendo con gli aiutanti) Continuo a non capire perché mi è impossibile parlare con Klamm, ad ogni modo, rispetto a lei ho un vantaggio. Io sono il più ignaro di tutti, e chi è ignaro osa di più, perciò sopporterò di buon grado l’evolversi degli eventi, per questo, ignaro dei fatti avvenuti e dei fatti che verranno, se io dovessi sparire del tutto dalla vita di Frieda lei potrebbe comunque provvedere al suo sostentamento, il che potrebbe anche essere una fortuna per lei. Dunque di che cosa si preoccupa in realtà, di chi ha paura, di Klamm? -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. Il sindaco è sdraiato ”a letto” contro la quinta di fondo. K. è seduto di fianco. La moglie del sindaco, Mizzi, si sta defilando dall’uscita laterale sinistra.

Il sindaco - … si, purtroppo è stata la gotta la causa di questa mia costrizione … allora, in che cosa posso esserle utile signor agrimensore? (dopo aver ricevuto da K., senza alcuna risposta verbale, la lettera di Klamm, dopo averla letta attentamente e dopo avergliela riconsegnata) Vede signor agrimensore … la situazione purtroppo è quella che è, vale a dire che è vero che lei è stato chiamato da questa contea per svolgere le mansioni di un agrimensore, ma è altrettanto vero che né al villaggio né tantomeno al Castello avevano effettivamente bisogno di una figura professionale come la sua … -
K. - Come lo spiega allora? -
Il sindaco - (mettendosi seduto) Vede … all’epoca, stiamo parlando di anni fa, quando fui eletto, mi capitò tra le mani un decreto in cui veniva fatta, da parte dei Signori del Castello, un’esplicita richiesta per la nomina di un agrimensore. Tale provvedimento non poteva certo riguardare lei, viste le circostanze … mi scusi (ad alta voce, facendo entrare sua moglie) … Mizzi … ti spiace cercare in quell’armadio (indicando la quinta di destra) … forse troverai il decreto di cui sto parlando (mentre la moglie inizia a “rovistare tra gli incartamenti contenuti nell’armadio” estraendone una quantità enorme) … se la memoria non mi inganna dovrebbe trovarsi sotto … (a K.) … deve capire che mia moglie mi è di grande sostegno … (mentre si sente bussare alla porta) … chi sarà a quest’ora? -
K. - (giustificato) Sono i miei aiutanti. Fuori fa freddo, così … -
Il sindaco - (accomodante) … li lasci pure entrare. Saranno di aiuto a Mizzi (la quale nel frattempo è già andata incontro ad Artur e Jeremias, che sono entrati dall’uscita laterale destra) …. sono delle vecchie conoscenze. -
K. - A me danno fastidio. -
Il sindaco - Sono comunque i suoi aiutanti! -
K. - No,mi sono stati assegnati. E’ diverso. -
Il sindaco - Comunque sia sono dei professionisti, qui non si fa nulla senza un minimo di professionalità. -
K. - Anche su questo nutro dei seri dubbi. Come la mettiamo per esempio con la mia nomina? -

Pausa.

Il sindaco - Vedrò di raccontarle questa storia dall’inizio, anche senza l’ausilio di documenti. A quel decreto dunque la nostra amministrazione rispose che non avevamo bisogno di alcun agrimensore, ma che forse, a una sezione del Castello che chiamerò a per facilitare la comprensione di quanto dirò in seguito, non avevano ricevuto la nostra risposta, e che per sbaglio il fascicolo che conteneva la nostra risposta era finito alla sezione b. Alla sezione b c’era un funzionario meticolosissimo, tale Sordini, un italiano, il quale aveva già provveduto a rispedirci il fascicolo prima ancora che la sezione a si occupasse della nostra mancata risposta. Di conseguenza altro non potevamo fare se non rispondere alla sezione b e dire che effettivamente non c’era bisogno di alcun agrimensore. A questo punto Sordini iniziò ad indagare sulle cause che portarono al fatidico sbaglio. Sordini è un funzionario che ha la fama di essere infallibile, ed è talmente occupato, al Castello, che è praticamente impossibile che possa mai venire al villaggio. Le pareti del suo ufficio sono interamente ricoperte di fascicoli e da dossier accatastati, e le pratiche in esse contenuti vengono estratte ed inserite di continuo. Io avevo modo di incontrare soltanto i suoi impiegati all’Albergo dei Signori. Il caso si stava facendo serio, e come lei saprà meglio di me le mansioni di un agrimensore toccano molto da vicino lo stato d’animo dei contadini, e come in una qualsiasi controversia che si rispetti occorreva inevitabilmente schierarsi in consiglio comunale. Se non che, dopo varie controversie, un tale di nome Brunswick, cognato di un certo Lasemann ... -
K. - … lo conosco, è il conciatore di pelli. -
Il sindaco - Esatto … in consiglio comunale, in presenza degli impiegati di Sordini, sostenne la tesi … oddio, tesi è una parola grossa per un urlatore del calibro di Brunswick … ad ogni modo, per farla breve, Brunswick dichiarò che il Castello necessitava della figura di un agrimensore, fomentando ulteriori polemiche tra i rispettivi schieramenti. Sordini intanto stava cercando di scandagliare sia le motivazioni della maggioranza che quelle dell’opposizione … un momento, non la starò mica annoiando con queste mie digressioni? -
K. – Affatto … mi sto divertendo … mi rende chiara l’idea del ridicolo groviglio che può cambiare e decidere in piena autonomia sull’esistenza di un individuo. -
Il sindaco - Sordini dunque non fu per nulla convinto , né delle ragioni degli uni né tantomeno delle ragioni degli altri, perciò iniziò una personale corrispondenza con il sottoscritto. Inizialmente mi chiese perché io menzionavo soltanto dopo che era passato tutto quel tempo il fatto che non bisognava nominare alcun agrimensore, e io gli risposi che me ne ero ricordato soltanto allora. Di rimando Sordini mi garantì che quella lettera non esisteva, e via discorrendo …. -
K. - (perentorio) … mi scusi, ma non esistono qui delle autorità di controllo? -
Il sindaco - Certo che esistono, ma chi controlla i controllori? -
K. - Perché non me lo dice lei? -
Il sindaco - Perché io sono ancora più controllato di lei che me lo sta ingenuamente chiedendo. -
K. - Non lo metto in dubbio, ma così capisco ancora meglio che qui si sta commettendo un terribile abuso sia contro la mia persona, e di questo me ne saprò difendere, e sia contro le leggi di questa contea. -
Il sindaco - Come intende difendersi? -
K. - Questo non posso rivelarglielo. -
Il sindaco - Non voglio certo insistere. L’unica cosa che non posso assolutamente permettere è che lei venga assunto come agrimensore. -
K. - (mostrandogli ancora la lettera di Klamm) Ma io sono già stato assunto! E lei è il mio capo più diretto! -
Il sindaco - Questa lettera è degna di rispetto, oltretutto la firma sembra essere autentica, tuttavia … (alla moglie, la quale nel frattempo insieme agli aiutanti avevano “capovolto l’armadio infilandoci tutte le pratiche dentro”) ma che state facendo? -
Mizzi - Quel decreto non si trova proprio. -
Il sindaco - Non importa. Vieni qui Mizzi … mia moglie condivide ogni mio pensiero e glielo potrà confermare. La lettera di Klamm non è una lettera ufficiale, è una lettera personale, e come tale significa che tocca a lei l’onere di mettersi alla prova. -
K. - (indignato) Ma non capisce proprio che così facendo lei sminuisce il nome di Klamm, pur avendo intenzione di voler far credere a me di doverlo in qualche modo rispettare? Lei lo conosce un certo Schwarzer? -
Il sindaco - No. -
K. - Neanche tu, Mizzi? -
Mizzi - No, non lo conosciamo. -
K. – Strano. E’ il figlio di uno dei sotto custodi del Castello. Con questo Schwarzer ho avuto un diverbio il giorno stesso del mio arrivo. La sua reazione al mio sdegno è stata quella di chiedere informazioni per telefono a un altro sotto custode, tale Fritz, il quale gli ha detto che io ero stato assunto proprio come agrimensore. Questo come me lo sa spiegare? -
Il sindaco - Lei non è mai ancora mai venuto realmente in contatto con i nostri funzionari del Castello. Tutti questi contatti sono soltanto apparenti. Le sarà capitato in questi giorni di telefonare lassù al Castello, no? Qui al villaggio l’uso del telefono è pressoché irrilevante, potrebbe essere considerato come il parlare da soli, o al muro, mentre invece al Castello i telefoni funzionano alla perfezione. Eppure, nonostante questo, io non riesco ancora a concepire come persino un forestiero come lei possa credere che se ad esempio telefona a Sordini sia proprio Sordini a rispondergli. -
K. - (risoluto) Bene. Se le cose stanno così, le dirò semplicemente che io credo soltanto nell’autenticità della comunicazione esistente tra persone in carne e ossa, e che il sacrificio che mi è costato il dover allontanarmi da casa per venire in un villaggio dove la sola cosa che conta pare sia il dover abbassare la testa per dire sempre si, l’ho fatto inconsapevolmente, ma che ormai, vista l’impossibilità di tornare indietro sui miei passi, complice un mio coinvolgimento sentimentale, mi troverò a trattenermi a lungo qui, a trattare di queste cose … -
Il sindaco - (indifferente) … ne ero al corrente della sua relazione con Frieda, signor agrimensore. Lo farò presente al Castello, e qualora dovesse sopraggiungere una risoluzione circa la sua assunzione le faremo sapere al più presto notizie in merito. Chiaro? -
K. - Niente affatto. Io non voglio alcuna elemosina dal Castello. Voglio soltanto ciò che mi spetta. Arrivederci! (uscendo poi con gli aiutanti) Voi due che cosa fate ancora lì? Andiamo. -

Si sente sbattere la porta. Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. L’oste della locanda del Ponte è dritto in piedi contro la quinta sinistra “dietro il bancone” mentre entra K., dalla stessa uscita.

L’oste - Signor agrimensore …. è riuscito poi a trovarlo un alloggio? -
K. - E’ stata sua moglie che le ha ordinato di chiedermelo? -
L’oste - No, purtroppo però si è parecchio agitata a causa sua. Non riesce neanche più a lavorare, è sempre a letto … venga … (accompagnandolo all’uscita opposta) … è in una stanza vicino alle cucine (uscendo con K.). –

Buio. Si sente ansimare. Luce. L’ostessa della Locanda del Ponte è distesa “a letto” contro la quinta di fondo. Da una parte ci sono le due serve, dall’altra Artur e Jeremias. Entrano l’oste e K.

L’ostessa - (a K.) Alla fine si è deciso a venire. –
K. - Perché sarei dovuto venire? Mi ha forse mandato a chiamare? -
L’ostessa - Si sieda (mentre K. si siede accanto a lei. Poi, alle serve e agli aiutanti) … voi invece andatevene (mentre sia le serve che gli aiutanti escono) … e ricordatevi che dovete proprio uscire, non solo dalla cucina, dovete uscire proprio fuori dalla locanda. -
L’oste - Devo uscire anch’io Gardena? -
L’ostessa -(inducendo il marito a seguire gli altri) Me lo spieghi perché proprio tu dovresti rimanere? -
K. - (una volta solo con l’ostessa) Per quale ragione ha ordinato a suo marito di chiedermi se ho già trovato una sistemazione? -
L’ostessa - (basito) Io non gli ho ordinato proprio nulla. Quell’uomo è la mia croce : quando volevo che lei se ne andasse l’ha fatta restare, ora che voglio che lei rimanga fa di tutto per mandarla via! -
K. - Non credevo che nel giro di qualche ora avesse già cambiato opinione su di me. -
L’ostessa - (mettendosi a sedere) Non l’ho cambiata affatto, solo …. (facendosi prendere per mano) … le chiedo soltanto di essere sincero con me, così come io lo sarò con lei ….(dopo una pausa) … una volta anch’io ero l’amante di Klamm … -
K. - (sospirando) … quanto tempo è passato da allora? -
L’ostessa - Più di vent’anni. –
K. - (basito) Per tutto questo tempo lei è stata fedele a Klamm? Ma non si rende conto che con questa rivelazione … insomma, come potrei tollerare nel mio matrimonio una simile … -
L’ostessa - (isterico) … ma che cosa ha capito? Io amo mio marito Hans! Una volta Klamm era il mio amante, e allora? Lei chiede a me come potrebbe sopportare tutto questo quando sa benissimo che è stata Frieda a lasciare Klamm? Io sono stata lasciata da Klamm! E ancora oggi non so chi tra le due sia la più infelice. -
K. - Continuo a non capire, evidentemente lei con me parla una lingua che non conosco. In che modo vi siete conosciuti lei e suo marito? -
L’ostessa - Mio padre faceva il fabbro e Hans, che faceva lo stalliere presso un ricco contadino veniva spesso a trovarlo. Klamm all’epoca mi aveva già lasciata, ed io ero infelice sebbene a nessuno lo facessi vedere. Hans però se ne accorse, e quando il vecchio locandiere vedovo cedette a noi la sua attività decisi che quella era la strada che dovevo prendere insieme ad Hans. -
K. - Chi era il vecchio locandiere? -
L’ostessa - Lo zio di Hans. -
K. - Dunque è stata una scelta che lei ha fatto con ponderazione, e con il senno di poi dovrebbe essere arrivata alla conclusione che se davvero Klamm la amava avrebbe dovuto provvedere lui al suo sostentamento, non di certo la famiglia di Hans. -
L’ostessa - So bene a cosa allude. Ma se Klamm non mi fece più chiamare era segno che ormai mi aveva dimenticata. Lui dimentica sempre chi non fa più chiamare. Per questo non volevo parlarne davanti a Frieda. Se Klamm dimentica qualcuno non lo fa solo per il passato, lo fa anche per l’avvenire. Lei è straniero, certe cose non può capire come funzionano qui … forse lei crederà che Klamm mi abbia concesso l’opportunità di conoscere Hans proprio perché io non incontrassi troppi ostacoli nell’andare da lui. Ma se Klamm ora mi richiamasse chi mi impedirebbe di tornare da lui? -
K. - Lei va troppo oltre con le sue considerazioni, mi confonde. E le dirò anche perché, visto che mi ha chiesto di essere sincero. In primo luogo senza Klamm lei non sarebbe stata infelice, senza Klamm il timido Hans non le avrebbe mai rivolto la parola, in pratica, senza Klamm, lei non si sarebbe mai sposata. Ora, se lei non avesse cercato di dimenticare Klamm, non avrebbe certo lavorato così come ha fatto per rendere fiorente questa locanda, dunque, per come la vedo io, sia la famiglia di Hans, che lei, che avete sempre visto e vissuto il vostro rapporto con Klamm come un innalzamento per il vostro rango, speravate che questa vostra condizione si protraesse il più a lungo possibile. -
L’ostessa - Lei pensa davvero questo? Quindi, in che cosa avremmo sbagliato? -
K. - Nell’evitare di interpellare Klamm. -
L’ostessa - (infastidito) Quindi, lei che cosa vorrebbe da Klamm? -
K. - Da lui voglio sapere come la pensa sul nostro matrimonio, quello che gli chiederò in seguito dipenderà dallo sviluppo della conversazione visto che non ho ancora avuto per così dire il privilegio di poterci parlare e considerato che personalmente ritengo sia assurdo che qui le cose dipendano tutte da lui. -
L’ostessa - (riflessivo) Allora … viste le mie conoscenze, le propongo un appuntamento al Castello, con Klamm, a patto che quando lei tornerà qui al villaggio non dovrà prendere alcuna iniziativa. -
K. - Io non posso promettere niente a nessuno … -
L’ostessa - (perentorio) … certo … lei si sarà evidentemente fatta un’idea sbagliata di come le cose vanno avanti in questo villaggio, visto il suo colloquio con il sindaco. In ogni caso, se io riuscissi a organizzare un appuntamento con Klamm lei se la sentirebbe forse di rifiutare? -
K. - Senza alcun dubbio! -
L’ostessa - (indignato, voltandosi dall’altra parte) Faccia come crede! E ora, se sta andando sopra, da Frieda, si ricordi che è stata lei a non voler partecipare a questa discussione! -

Senza aggiungere altro, K. esce. Dissolvenza. Esce anche l’ostessa. Buio. Pausa. Luce. K. entra dall’uscita sinistra mentre Frieda e il maestro, che sono nel mezzo, gli vanno incontro.

Il maestro - (cordiale) Buongiorno … mi ricordo perfettamente di lei. -
K. - (sprezzante) Dica! -
Frieda - (uscendo da dove è entrato K.) Io arrivo subito …. devo solo dire una cosa ad Artur… -
Il maestro - Vengo con un messaggio da parte del sindaco. Lei è stato alquanto scortese con il nostro primo cittadino … -
K. - … se difendere i propri diritti qui è vista come una scortesia non so proprio che cosa dirle. -
Il maestro - Ho redatto un verbale del vostro colloquio sotto dettatura del signor sindaco, e ho avuto modo di apprendere quanto il sindaco sia stato magnanimo con lei … -
K. - (basito) … cosa, un verbale? In mia assenza per giunta? (poi, divertito) Questa è davvero bella … cosa sarebbe, un atto ufficiale? -
Il maestro - No, ufficioso … comunque sia, anche se personalmente non sono d’accordo, il signor sindaco teme che la decisione circa il suo caso andrà per le lunghe e che lei, durante questa attesa, possa fare qualcosa di avventato, e che pertanto sarebbe disposto a offrirle un posto come bidello. Io ovviamente ho esposto le mie rimostranze, facendo presente che non c’era alcuna necessità di una simile assunzione, tuttavia il sindaco ha replicato che la scuola necessita di più pulizia e che inoltre, sia la sua futura moglie, la quale insieme a lei avrà l’obbligo di regolarizzare al più presto la sua situazione in comune, e sia i suoi due aiutanti, contribuirebbero a rendere migliore non soltanto gli interni della scuola, ma anche e soprattutto gli esterni, nella fattispecie i giardini. Così sono venuto a riferirglielo. -
K. - Lei si preoccupa inutilmente signor maestro. Non mi passa di certo per la testa di accettare quel posto. -
Il maestro -(uscendo, da dove è uscita Frieda) Perfetto! Lei quindi rifiuta senza riserve … addio! -

Nel frattempo rientra Frieda, è sconvolta.

K. - Che ti succede? Perché non rispondi? Sai cosa voleva quel pusillanime, voleva offrirmi un posto come bidello! -
Frieda - (nell’udire queste parole Frieda esce nuovamente, per rientrare subito dopo, questa volta con il maestro, visibilmente infastidito. Al maestro) Abbia pazienza ancora per qualche istante (uscendo insieme a K. dall’uscita opposta). -

Buio. Pausa. Penombra. Frieda e K. sono nel mezzo.

K. - (allarmato) Dunque, cosa è successo? -
Frieda - (ansioso) L’ostessa non è più disposta a sopportare la tua presenza qui alla locanda … -
K. - … perché? -
Frieda - Mi ha detto che tu hai rifiutato di vedere e di incontrare Klamm, nonostante lei abbia fatto tutto il possibile perché ciò avvenisse abbassandosi a delle sconvenienti rivelazioni sul suo conto. Ora, cerca di capire, io sono disposta a seguirti in capo al mondo, anche se so che se dovessi andarmene via da qui l’ostessa potrebbe perfino morire di crepacuore …. al maestro possiamo dirgli che accettiamo, anche se si trattasse di una cosa provvisoria potrebbe andare bene lo stesso … -
K. - … e io dovrei accettare un posto da bidello avendo come superiore un mentecatto del genere? Se almeno tu restassi qui alla locanda potremo lasciare in sospeso questa storia … io mi aggiusterò, magari da Barnabas … -
Frieda - … no! Se proprio lo desideri io potrei restare qui, da sola, se lo desideri potremo andarcene, anche se penso che sia sbagliato, ma se tu riuscissi a trovare un’alternativa qui, al villaggio, nessuno ci impedirebbe di rifiutare l’offerta del maestro … -
K. - (dopo averla abbracciata, uscendo con lei dall’uscita di sinistra) … d’accordo, proviamo. -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. Il maestro è nel mezzo. K. e Frieda entrano dall’uscita di sinistra.

Il maestro - (esasperato, guardando l’orologio) Si è fatto tardi. -
Frieda - In compenso ora siamo pienamente d’accordo. Accettiamo il posto. -
Il maestro - (sarcastico) Ne sono lieto! A tal proposito però è il signor agrimensore che dovrebbe pronunciarsi! -
Frieda - Naturalmente. Lui accetta il posto. (a K.) Non è vero? -
K. - (sommesso) Si. -
Il maestro - Allora non mi resta che illustrare le sue mansioni : dovrà pulire e riscaldare quotidianamente due aule, provvedere alle piccole riparazioni, tenere sgombro dalla neve il viottolo che attraversa il giardino, fare commissioni per me e la signorina maestra e svolgere tutti i lavori di giardinaggio nella bella stagione. In cambio le sarà consentito di abitare in una delle due aule, a sua scelta, però con l’obbligo di trasferirsi nell’aula dove non si terrà lezione. Non le sarà consentito cucinare, in compenso lei e la sua famiglia sarete a pensione qui alla locanda a spese del comune. Che poi lei debba comportarsi in modo consono alle esigenze scolastiche, e che soprattutto i bambini non debbano mai essere testimoni di spiacevoli scene riguardo la sua intimità, non penso ci sia alcun bisogno di ricordarglielo vista la sua invidiabile istruzione. -
Frieda - Per quanto riguarda lo stipendio? -
Il maestro - Lo si valuterà dopo una prova della durata di un mese se è il caso di corrispondere uno stipendio a delle persone che già godono di vitto e alloggio pagato dal comune! -
Frieda - Tutto ciò per noi sarebbe molto sconveniente. Dovremo forse sposarci senza alcuna garanzia? Non potremo presentare una istanza al comune per la concessione provvisoria di uno stipendio? -
Il maestro - (categorico) No! Una simile istanza sarebbe accolta soltanto se io la raccomandassi, e io non lo farei. L’assegnazione di quel posto è semplicemente una gentilezza nei vostri confronti. -
K. - Quanto alle gentilezze lei è in errore signor maestro. Se mai la gentilezza è da parte mia. -
Il maestro - (divertito) Non credo. Noi abbiamo bisogno di un bidello pressappoco con la stessa urgenza di quanto il Castello ha bisogno di un agrimensore. La sua assunzione è un costo che si accolla tutta la collettività. La cosa migliore sarebbe gettare semplicemente la richiesta sul tavolo, senza nemmeno giustificarla. -
K. - Lo penso anch’io, perché lei è costretto ad assumermi, visto che il signor sindaco glielo ha imposto. Ora, quando qualcuno è costretto ad assumere qualcun altro e questo qualcun altro si lascia assumere è quest’ultimo a essere gentile. -
Il maestro - Certo. Ma è stato il buon cuore del signor sindaco a costringermi, non di certo il mio. Lei dovrà sgombrare dalla sua mente molte fantasie prima di diventare un bidello accettabile. (poi, a Frieda) Dunque, quando intendete trasferirvi? -
Frieda - Oggi stesso. -
Il maestro - (uscendo dall’uscita sinistra) Allora verrò domattina per l’ispezione. -
Pausa.
K. - Gli aiutanti resteranno qui a darti una mano per il trasloco. Tu sai dove vado ora vero? -
Frieda - Si. -
K. - (baciandola) E non cerchi neanche più di fermarmi? -
Frieda - Troverai ostacoli insormontabili. E poi, che cosa conterebbero le mie parole? -

Sipario

Atto Terzo

A sipario aperto



K. è in piedi, nello spazio delimitato tra il proscenio e la prima fila della platea, che sta osservando uno per uno tutti gli Attori e le comparse che sono sul palcoscenico, i quali stanno a loro volta tutti osservando il fondo della sala. Silenzio. Penombra. Come nel primo atto, scendono dalle rispettive scalette poste a lato del proscenio andando ad occupare le poltroncine delle prime due file. Immobile, K. continua a scrutarli uno per uno, dando l’impressione di non riconoscerli. Dopo che tutti si sono accomodati, K. sale sul palcoscenico. Prima di uscire dalla quinta laterale destra, saluta a braccio alzato in direzione della quinta di fondo. Buio. Pausa. Luce. K. rientra dalla stessa uscita guardandosi in giro con circospezione. Si avvicina all’uscita opposta mimando l’atto di aprire la porta, trovandola chiusa si mette a guardare dallo spioncino. Immediatamente si sente un urlo e dall’uscita destra entra Pepi.

Pepi - …. ah … il signor agrimensore (stringendogli la mano) … piacere, io mi chiamo Pepi … Frieda, come sta? Tornerà presto qui? Io … bè … io, ecco … diciamo, subito dopo la sua partenza sono stata chiamata qui in tutta fretta, e nel cambio direi proprio che non ci ho guadagnato un gran che, visto che ero la cameriera ai piani … qui si lavora molto, e non mi stupisce affatto che Frieda abbia lasciato il posto. -
K. - Frieda era contenta di lavorare qui. -
Pepi - Non le creda. Frieda sa dominarsi come pochi altri. Qui all’Albergo dei Signori io sono in servizio già da qualche anno, e ho sempre dormito con Frieda, ma mi creda, Frieda non confida a nessuno quello che non vuole confidare. -
K. - Frieda è la mia fidanzata. -
Pepi - Lo so. Altrimenti per lei non avrebbe importanza. -
K. - Capisco, lei crede che io debba ritenermi fiero di aver conquistato una ragazza così riservata … -
Pepi - … si, è così … dunque, lei che cosa vuole qui? Frieda ha dimenticato qualcosa forse? -
K. - Si, la sua tovaglia. -
Pepi - Bè, però è difficile che possa trovarsi in quella stanza. -
K. - Chi ci abita? -
Pepi - Nessuno. E’ la stanza dei Signori … -
K. - … se avessi la certezza che ora non c’è nessuno entrerei a cercare la tovaglia, ma non è affatto certo. Klamm, per esempio, ha l’abitudine di starsene seduto là dentro. -
Pepi - Ora là dentro non ci può essere di certo. Sta per partire! C’è una slitta che lo attende giù in cortile … -

Senza aggiungere altro K. si fionda giù in cortile uscendo dall’uscita laterale destra. Buio. Pausa. Luce. K. rientra dalla stessa uscita e si avvicina al proscenio. In punta di piedi mima l’atto di spiare gli Attori e le comparse attraverso una fessura di un ipotetico muro. Poi scende dalla scaletta a lato del proscenio. Buio. Pausa. Penombra. Davanti l’uscita laterale destra c’è un contadino seduto contro la quinta di destra, vestito da cocchiere. K. è sul proscenio, ci è appena salito dal lato opposto.

K. – (al cocchiere, dopo aver camminato a filo di tutta la quinta laterale sinistra e di tutta la quinta di fondo) Buonasera. -

Impassibile, il cocchiere non risponde. A questo punto K. si mette sulla soglia dell’uscita laterale destra e inizia a osservare. Quindi estrae dalla valigetta un panino e se lo mangia. Terminato il frugale pasto torna a osservare sulla soglia dell’uscita. Le luci della penombra si abbassano ulteriormente.

Il cocchiere - (stiracchiandosi) Può volerci ancora molto … -
K. - (basito) … per cosa può volerci ancora molto? -
Il cocchiere - Perché lei se ne vada (poi, dopo una pausa, notando che K. si sta sfregando il corpo per il freddo) Vuole del cognac? -
K. - Si, grazie! -
Il cocchiere - Allora apra la portiera della slitta, prenda una bottiglia, beva, e poi me la passi. Per me sarebbe difficile smontare da cavallo con tutta questa roba che ho addosso. -

K. mima l’atto di aprire la portiera ed entra nella slitta, senza chiudere la portiera. Si toglie il cappello, si accomoda all’interno della slitta, trova due o più bottiglie, ne svita il tappo a una, la annusa, beve, e poi la passa al cocchiere. Poi, mentre K. è ancora seduto all’interno della slitta e sta bevendo un altro sorso di cognac, l’uscita laterale destra si illumina a giorno. Si sente un lento avvicinarsi di passi. K. scende dalla slitta chiudendo la portiera mentre un funzionario del Castello, un signore giovane, alto, ben vestito, entra dall’uscita illuminata. Faccia a faccia tra K. e il funzionario. Pausa.

Il funzionario - Questo è davvero spaventoso.(altra pausa) Come è arrivato qui? (invece di rispondere K. apre la portiera della slitta, si riprende il cappello che aveva dimenticato e torna a scrutare il funzionario) Venga con me. -
K. - Sto aspettando qualcuno, qui. -
Il funzionario - Venga … -
K. - … ma così non riuscirei a incontrare chi sto aspettando. -
Il funzionario - Non lo incontrerà in nessun caso, sia che lo attenda qui sia che se ne vada. -
K. - Allora preferisco non incontrarlo aspettando qui. -
Il funzionario - (al cocchiere) Stacchi i cavalli! -

Il cocchiere obbedisce agli ordini del funzionario (si sentono i nitriti) conducendo i cavalli nella stalla (verso l’uscita opposta) e guardando K. con disprezzo, mentre il funzionario torna da dove è venuto. Uscendo, si gira ancora una volta osservando K., scuotendo la testa. K. li osserva entrambi. L’uscita laterale destra ritorna nell’oscurità. Buio. Pausa. Luce. L’ostessa della Locanda del Ponte è seduta contro la quinta di fondo, con il funzionario. Stanno entrambi mimando l’atto di consultare dei documenti. Pepi sta portando loro da bere.

Voce dell’oste dell’Albergo dei Signori - Salve! -

Dall’uscita laterale destra entra K. Basito, nel vederli a colloquio, si piazza loro davanti, mentre Pepi va ”dietro il bancone della mescita” di fronte la quinta di sinistra.

Il funzionario - (senza nemmeno guardarlo in faccia, così come anche l’ostessa) Il signor agrimensore, finalmente. -

Preso atto della comune ostentata indifferenza K. si rivolge a Pepi.

K. - Un cognac (poi, disgustato, dopo averlo assaggiato e restituito il bicchiere a Pepi) …è imbevibile. -
Pepi - Tutti i Signori lo bevono. -
K. - I signori ne hanno anche di meglio. -
Pepi - Può darsi, ma io no. -

A questo punto l’ostessa si alza improvvisamente in piedi tendendo l’orecchio verso “la porta” dell’uscita laterale sinistra. Poi, dopo aver guardato dallo spioncino, chiama gli altri per guardare. L’unica a essere interessata a ciò che accade fuori è Pepi.

K. - (a l’ostessa) Klamm è dunque già partito? -
Il funzionario - (il quale non si era neanche mosso) Si, certo. Poco fa, quando lei ha abbandonato la sua postazione, Klamm è potuto partire. Ha notato signora ostessa con quanta inquietudine Klamm si guardava intorno? -
K. - (dopo una pausa) La signora ostessa non l’ha notato. -
L’ostessa - E’ possibile che proprio in quell’attimo non stessi guardando dal buco della serratura! Klamm non parlerà mai con qualcuno che non vuole parlare, e per quanti sforzi possa fare questo qualcuno, questo qualcuno non avrà mai occasione di incontrarlo. -
Il funzionario - Lo penso anch’io. Tuttavia mi era sembrato che avesse l’intenzione di … -
K. - … forse stava cercando me. -
Il funzionario - (provocatorio, suscitando l’ilarità generale) Questo non lo avevo davvero preso in considerazione ….(poi, risoluto) lei dovrebbe soltanto aiutarmi a redigere un verbale. -
K. - Si scrive molto qui. -
Il funzionario - (divertito) Già … pessima abitudine … lei non sa chi sono io, io sono Momus, il segretario di Klamm per il villaggio. -
K. - Che significa segretario per il villaggio? -
L’ostessa - (mentre il funzionario, incurante della domanda di K., ha già ripreso a consultare i documenti) Il signor Momus è un segretario di Klamm e procura gli interventi scritti di Klamm di cui il villaggio risulta aver bisogno. Così sono organizzate le cose qui al villaggio. Tutti i Signori del Castello hanno il loro segretario per il villaggio. -
Il funzionario - La maggior parte dei segretari per il villaggio è alle dipendenze di un solo Signore, mentre io lavoro alle dipendenze di due Signori. Oltre a Klamm infatti devo sottostare agli ordini del Signor Vallabene. -
K. - (sarcastico) Addirittura due Signori! (poi, dopo una pausa) Ora però scusatemi ma devo andare a casa. -
Il funzionario - I suoi doveri da bidello evidentemente la richiamano, ma devo porle ancora un paio di domande … -
K. - … non ho alcuna intenzione di sottopormi alle sue domande. -
Il funzionario - (indignato) In nome di Klamm le ordino di rispondere alle mie domande! -
K. - In nome di Klamm? Si interessa dunque ai miei affari Klamm? -
L’ostessa - (indignato) Signor agrimensore … le ricordo che l’unica via attraverso cui lei potrebbe giungere ad avere un colloquio con Klamm passa da qui, dal verbale che lei dovrà redigere con il signor segretario Momus. Lei intende ancora rifiutare per pura ostinazione? -
K. - Non è questa l’unica via. (poi, al funzionario) E’ lei a decidere se ciò che io dirò qui può giungere alle orecchie di Klamm, o no? -
Il funzionario - (evitando di guardare K. negli occhi, guardando dove nulla c’è da guardare) Si capisce! Altrimenti che segretario sarei? -
K. - (a l’ostessa) Lo vede anche lei signora ostessa? Io non ho bisogno di una via che porti a Klamm, ma per il momento soltanto dello sguardo del signor segretario. -
L’ostessa - E non era forse questa la via che io volevo offrirle, non mi sono forse offerta di inoltrare a Klamm la sua richiesta, e tutto ciò non sarebbe forse dovuto avvenire attraverso la mediazione del signor segretario? Ma lei continua imperterrito a rifiutare qualsiasi proposta! -
K. - Perché allora, visto che lei in origine si era messa in quattro per dissuadermi dal tentativo di parlare con Klamm, ora prende così sul serio la mia richiesta sembrando addirittura che voglia incitarmi a ottenerla? -
L’ostessa - (basito) Io la … inciterei … a ottenere una richiesta simile? Sarebbe davvero il colmo della sfrontatezza se lei in questo modo volesse scaricare su di me ogni responsabilità, probabilmente a causa della presenza del signor segretario. Io forse l’ho sopravvalutata, ma di certo non se lo meritava. -
K. - La sua contraddizione continua ad essere evidente. (poi, al funzionario) Lei perché non mi dice se il verbale che dovremo redigere insieme potrebbe garantirmi un effettivo colloquio con Klamm? -
Il funzionario - No. Simili correlazioni non sussistono. -
L’ostessa - (a K.) Perché mi sta fissando ora? Ho forse detto qualcosa di diverso? (al funzionario) Lo vede anche lei? Interpreta falsamente le informazioni che gli si danno e poi sostiene di aver ricevuto notizie false! Questo verbale è l’unica via che il signor agrimensore ha per ottenere il suo scopo e lui si ostina nella speranza inutile di trovare altre vie! -
K. - Se è così allora l’ho fraintesa. Credevo infatti che una pur minima speranza esistesse. -
L’ostessa - Ed è probabile che ci sia, ma la speranza cui io mi riferisco consiste proprio nel fatto che attraverso il verbale lei potrebbe stabilire una sorta di legame con Klamm. Non è una speranza sufficiente? Se la si interrogasse sui meriti che la renderebbero degno del dono di una simile speranza, lei potrebbe forse addurne uno, di dono, fosse pure il più modesto? -
K. - (risoluto, al funzionario) Allora signor segretario, Klamm lo leggerà si o no questo dannato verbale -
Il funzionario - No. perché dovrebbe? Klamm non può certo leggere tutti i verbali, anzi, di solito si arrabbia sempre quando gliene si propone uno! -
L’ostessa - (esasperato) Signor agrimensore … lei continua a formulare domande inutili … le sembra forse auspicabile che Klamm possa leggere un verbale da dove non si potrebbe che evincere la nullità della sua esistenza? Non sarebbe forse meglio che lei accettasse umilmente di redigere questo verbale ottenendo ciò che desidera? -
K. - In che modo? -
L’ostessa - Se lei non pretendesse sempre che tutto le sia presentato in forma tale da poter toccare con mano ogni sua richiesta, otterrebbe probabilmente anche qualcosa di più. Il signor segretario è qui per fare il suo dovere agli ordini di Klamm, subordinato, come è giusto che sia, alle sue dipendenze. Guai se non fosse così … -
K. - (risoluto, uscendo dalla quinta laterale destra) … se non fosse così forse le cose andrebbero meglio. Buonanotte. -
Il funzionario - Dunque rifiuta? -
L’ostessa - (rassicurante) Non oserà. -

Dissolvenza. Buio.

Voce dell’oste dell’Albergo dei Signori - Va già via signor agrimensore? -
Voce di K. - Si, perché? -
Voce dell’oste - Non la stavano interrogando? -
Voce di K. - Non mi sono lasciato interrogare. -
Voce dell’oste - (basito) Perché mai? -
Voce di K. - Avrei forse dovuto piegarmi a un capriccio delle autorità? Forse in un altro momento lo avrei anche fatto, ma oggi no. Se non altro per capriccio. -
Voce dell’oste - Già, certo … -
Voce di K. - … lo reputava così importante, l’interrogatorio? -
Voce dell’oste - Si, certamente. -
Voce di K. - Dunque secondo lei non avrei dovuto rifiutarlo? -
Voce dell’oste - No, non avrebbe dovuto … in ogni caso … -
Voce di K. - … in ogni caso? -
Voce dell’oste - Bè … in ogni caso non per questo si metterà subito a piovere zolfo dal cielo. -
Voce di K. - (divertito, condiviso dall’oste) Credo proprio di no. Il tempo non promette così male. -

Silenzio. Pausa. Penombra. Barnabas, Artur e Jeremias, entrano dall’uscita laterale destra, K. da quella opposta.

K. - (piacevolmente sorpreso) Barnabas! -
Barnabas - (consegnando una lettera a K.) Ho un’altra lettera di Klamm. -
K. - (agli aiutanti, i quali mimano l’atto di illuminare la scena con una lanterna mentre si abbassano ulteriormente le luci. Buio. La scena è illuminata da un riflettore posto al di sopra delle quinte) Fate luce!(poi, leggendo ad alta voce) I lavori di agrimensura che lei ha finora svolto incontrano la mia approvazione. Anche il lavoro degli aiutanti è encomiabile. Cerchi di condurre i lavori a buon fine. Per il resto abbia fiducia, la questione del salario verrà decisa molto presto. Non la perdo di vista, mi raccomando. -
Artur e Jeremias - (enfatico) Urrah, urrah … -
K. - (cupo, a Barnabas) … è un malinteso … io non sto svolgendo alcun lavoro di agrimensura, e per ciò che valgono questi due rifiuti umani puoi constatarlo da te … -
Barnabas - … lo riferirò … riferirò anche l’altro messaggio che mi avevi incaricato di riferire, se è per questo. -
K. - (indignato) Non l’hai ancora fatto? Che razza di messaggero sei, si può sapere? -
Barnabas - (giustificato) Ho dovuto aiutare mio padre quel giorno. E’ un vecchio calzolaio, lo hai visto anche tu no? Brunswick gli aveva fatto delle ordinazioni e io dovevo aiutarlo. -
K. - Ma chi se ne importa! Tu dovevi fare il tuo, di lavoro! -
Barnabas - (dopo una pausa) So di aver sbagliato, ma vedi, il fatto è anche che … insomma, Klamm non aspetta alcuna notizia, anzi, si irrita perfino quando mi vede arrivare.
K. - Senti Barnabas. Ora so quanto siano difficili da affrontare le cose lassù al Castello, è per questo che te lo sto chiedendo : potresti portare domani un mio messaggio a Klamm e domani stesso darmi una risposta, o quanto meno dirmi come sei stato accolto? -
Barnabas - Lo farò senz’altro. -
K. - Ma glielo dovrai riferire a voce, hai capito? Non voglio più scrivere lettere, percorrerebbero di nuovo il cammino infinito delle pratiche. -
Barnabas - Perfettamente. Qual è il messaggio? -
K. - Il signor agrimensore prega il signor direttore di presentarsi di persona al suo cospetto, perché, costretto in tale preghiera dagli eventi, vale a dire dal fallimento di tutti gli intermediari che ha trovato sul suo cammino, i quali altro non hanno fatto se non impedirgli di svolgere il proprio lavoro di agrimensura, fatto questo dimostrabile con le dichiarazioni del suo diretto capo, il signor sindaco, egli ha perciò letto l’ultima lettera del signor direttore, deducendo che solo un colloquio privato in via eccezionale con il signor direttore potrebbe risolvere la questione. Con tale preghiera il signor agrimensore sa di doversi assoggettare a qualsiasi limitazione di tempo, ma con profondo rispetto ed estrema impazienza si adatterà ad attendere la decisione del signor direttore. -
Barnabas - (dopo una pausa) Va bene … se me lo scrivi su un pezzo di carta ti aiuterò a ricordarlo. -
K. - (agli aiutanti) Venite qui! (poi, estraendo un foglio di carta dalla valigetta, mimando l’atto di scrivere sulla schiena di Artur, ad Artur) Girati … -
Artur - (mentre Barnabas detta il messaggio a K., parola per parola) Se è il signor agrimensore che prega, perché non dice prego? -
K. - Se non taci immediatamente quale ragione mi impedirebbe di lasciarti qui a morire di freddo sepolto dalla neve? (poi, a Barnabas, finito di scrivere) Hai una memoria straordinaria! Ora ti prego solo di essere straordinario anche nel resto…………… e i tuoi desideri? Ne hai? Mi rassicurerebbe fare qualcosa per te se riuscissi a recapitare come si dovrebbe questo messaggio. -
Barnabas - (dopo una pausa) Le mie sorelle ti mandano i saluti. -
K. - (basito) Le tue sorelle? -
Barnabas - Si. In particolare ti saluta Amalia, che oggi ha anche portato al posto mio questa lettera dal Castello. -
K. - Forse domani verrò da voi. Prima però dovrai venire tu con la risposta. Ti aspetto a scuola. Ricambia i saluti. -

Buio. Pausa, relativamente prolungata.

Voce di Frieda - In quest’aula fa un freddo insopportabile, eppure il maestro dice che il locale può essere riscaldato soltanto durante le ore di lezione. -
Voce di K. - (indignato) Perché non avete preso dell’altra legna? -
Voce di Artur - La legnaia è chiusa a chiave. -
Voce di K. - Con tutto quello che avete ingurgitato tu e il tuo compare possibile che non vi sia venuto nulla in mente? -
Voce di Frieda - (sollevato, dopo una pausa) Meno male … ora l’ambiente si sta riscaldando … andiamo a dormire. -

Silenzio. Improvviso miagolio inferocito, seguito da rumori indistinti.

Voce di K. - (allarmato) Ma sei impazzito? Che ci fai al posto mio? -

Forte rumore, seguito da un tonfo. Altro silenzio, relativamente prolungato. Luce. Frieda e K. sono sdraiati contro la quinta di fondo, Artur e Jeremias sono sdraiati contro la quinta di sinistra. Da entrambe le scale poste a lato del proscenio stanno salendo sul palcoscenico i bambini con la maestra Gisa.

La maestra Gisa - (sarcastico, suscitando l’ilarità dei bambini, incuriositi più che altro dall’aspetto strampalato dei due aiutanti) Allora, abbiamo dormito abbastanza? (poi, scandalizzato) Che vergogna! Tutto ciò non posso proprio tollerarlo …(mentre sia Frieda che K., molto imbarazzati, si danno da fare il più in fretta possibile mimando l’atto di riassettare tutto il disordine della sera precedente. Solo gli aiutanti restano dove sono, intrattenendo, loro malgrado, i bambini. Poi, esaminando “la zampa del gatto che se ne sta comodamente seduto sulla sedia della cattedra” ) … che cosa avete fatto al mio micetto? -
K. - (giustificato) Probabilmente, abituato com’era a quest’aula vuota, vista la nostra presenza durante la notte si è spaventato ed è scappato via. Questa presumo sia la causa della sua ferita alla zampa. -
La maestra Gisa - Ma davvero? Venga a vedere! (mentre la maestra “mostra a K. il gatto, che ferisce K.” , si sente lo stesso miagolio inferocito) Ha visto cosa può succedere a chi non fa attenzione agli animali? E ora torni pure a fare il suo lavoro! -
K. - (ai bambini, mostrando la mano ferita dal gatto, suscitando ulteriore ilarità) Guardate! Questo me l’ha fatto una gattaccia cattiva. -

Frieda e K., questa volta insieme anche agli aiutanti, continuano nell’incessante andirivieni per degnare l’aula di un aspetto consono al decoro che ne conviene.

Il maestro - (furioso, sulla soglia dell’uscita laterale destra, tenendo per le orecchie, uno da una parte e uno dall’altra, Artur e Jeremias) Chi ha osato forzare la porta della legnaia? Dov’è quel furfante? Lo voglio stritolare con le mie stesse mani. -
Frieda - Sono stata io signor maestro. Mi scusi, ma non ho osato chiederle la chiave nel cuore della notte. Il mio fidanzato era all’Albergo dei Signori e io non sapevo ancora se si fosse o meno fermato a dormire là. Così ho dovuto prendere io la decisione, per poter riscaldare le aule al mattino presto. Del resto il mio fidanzato mi ha già rimproverata abbastanza quando si è reso conto di quello che è successo, anzi, mi ha addirittura proibito di accendere la stufa al mattino presto perché riteneva che chiudendo a chiave la legnaia lei avesse lasciato intendere di non volere che le aule si riscaldassero prima del suo arrivo. Dunque, che non ci sia il riscaldamento è colpa del mio fidanzato, ma che la porta della legnaia sia stata in qualche modo forzata è colpa mia. -
Il maestro - (agli aiutanti) Chi ha forzato la porta? -
Artur e Jeremias - (all’unisono, indicando K.) Il signore! -
Frieda - (accomodante) I nostri aiutanti sono come due bambini, signor maestro. Ieri sera non avevo certo bisogno di loro per aprire quella porta. Quando poi nella notte il mio fidanzato è arrivato e ha visto che cosa è successo, e si è anche fermato per vedere se riusciva a riparare i danni che avevo fatto io, sono accorsi loro, e così hanno pensato che … -
Il maestro - (agli aiutanti) … ebbene? E’ così che siete soliti agire, accusare un innocente, non che un vostro diretto superiore? (dopo una pausa) In tal caso vi bastonerò immediatamente … (a un bambino, il quale obbedisce senza fiatare andando e tornando da dietro le quinte con una verga) Hans … vammi a prendere la verga, subito! (poi, alzando la verga sugli aiutanti) … -
Frieda - (allarmato) No! Gli aiutanti hanno detto la verità! -
Il maestro - (disgustato, alla maestra Gisa) Gente bugiarda …(poi, sadico) … resta dunque il signor bidello … questo nostro signor bidello, così vile da permettere in assoluta tranquillità che altri siano incolpati ingiustamente delle sue nefandezze! -
K. - Beh … devo dire che se gli aiutanti fossero stati bastonati non mi sarebbe dispiaciuto affatto. Se l’hanno fatta franca in dieci occasioni in cui se lo meritavano, possono pur scontarla per una volta, in una occasione in cui non se lo meritano. A parte questo, avrei gradito che uno scontro tra lei e me fosse evitato, e forse questo avrebbe fatto senz’altro piacere anche a lei. Tuttavia Frieda mi ha sacrificato agli aiutanti. (dopo una pausa) Ora naturalmente la faccenda va chiarita. -
La maestra Gisa - (scandalizzato) Inaudito! -
Il maestro - Sono completamente d’accordo con lei, signorina Gisa. (a K.) Lei è ovviamente licenziato. Un ulteriore punizione mi riservo di stabilirla in seguito. E ora si sbrighi, se ne vada! -
K. - Io di qui non mi muovo. Lei è un mio superiore, ma non è stato lei ad assegnarmi il posto. E’ stato il signor sindaco. Lui non mi ha certo offerto il posto per farmi morire di freddo, ma piuttosto, come lei stesso mi disse, per evitare che io potessi compiere atti avventati. -
Il maestro - Dunque non vuole obbedire? -
K. - No. -
Il maestro - Ci rifletta bene … le sue decisioni non sempre sono le migliori. Pensi a quando ha rifiutato di farsi interrogare, per esempio. -
K. - Perché ne parla ora? -
Il maestro - Perché così mi aggrada …. (poi, furioso) … e ora fuori! -

Vista l’ostinazione di K. il maestro e la maestra Gisa si avvicinano per un breve consulto sottovoce. Poco dopo la maestra esce con tutti i bambini, dall’uscita laterale destra.

Il maestro - (sulla soglia dell’uscita laterale destra) Tutto questo non durerà! -

Uscita del maestro. Porta che sbatte. Pausa.

K. - (furioso, agli aiutanti) Andatevene via! Non vi voglio più vedere! -
Una volta usciti, si sente bussare di continuo alla porta.

K. - Non vi prenderò mai più al mio servizio! -
Voce del maestro - Lasci entrare i suoi dannati aiutanti! -
K. - No. Li ho licenziati. -
Frieda - (dopo una pausa) Sei arrabbiato con me? -
K. - No. Tu non potevi certo agire diversamente. Sono io che ho sbagliato. Avrei dovuto lasciarti all’Albergo dei Signori. -
Frieda - No, non è vero. Senza di me tu potresti fare in realtà ciò che vuoi. -
K. - Ciò che in realtà vorrei è di vederti felice. -
Frieda - Come, e dove soprattutto? Per due come noi è difficile poter essere felici, in qualsiasi posto, che si tratti del sud della Francia, o che si tratti della Spagna, poco importa, ci sarà sempre qualcuno pronto a guardarci con invidia e ipocrisia. E per questo che sogno una tomba dove nessuno potrà mai più vederci. Qui invece … guarda soltanto gli aiutanti … non hai notato come abbiano fatto di tutto per rovinarti, come abbiano testimoniato contro di te per farti cacciare e rimanere da soli con me? Perché allora li hai cacciati via, se non per queste ragioni? -
K. - Per causa tua. -
Frieda - Per causa mia? -
K. - Certo. Per la tua eccessiva premura nei loro confronti, per il tuo modo di perdonare le loro insolenze …. -
Frieda - …. ma è proprio questo a rendermi infelice, non capisci? Erano pur sempre degli esseri umani, pur nella loro invidia e nella loro ipocrisia. In qualche modo i loro occhi mi ricordano quelli di Klamm, anzi, è proprio lo sguardo di Klamm che spesso dai loro occhi si posava su di me, penetrandomi. -
K. - Dunque, dovrei riassumerli? - Frieda - No, questo no … -
K. - (dopo una pausa)… la sola cosa che mi rende triste è di sapere che tu non sei ancora mia moglie, ma che sei ancora l’amante di Klamm. -

Pausa. Intime effusioni. Si sente bussare alla porta.

K. - (intuitivo) Dev’essere Barnabas …. (poi, “aprendo la porta”, dopo l’ingresso del bambino mandato dal maestro a prendere la verga per bastonare gli aiutanti) … e tu che cosa vuoi qui, ora? La lezione si tiene nell’aula accanto. Cosa vuoi dunque? -
Hans - Posso aiutarti? -
K. - (compassionevole, a Frieda) Vuole aiutarci. (ad Hans) Come ti chiami? -
Hans - Hans Brunswick, alunno della quarta classe, figlio di Otto Brunswick, il più grande calzolaio del villaggio. -
K - Ma tu guarda …. un Brunswick. Come intendi aiutarci? Sentiamo. -
Hans - Ho visto come vi ha trattati il maestro. Non voglio che questo succeda ancora, quindi se me lo permettete vi aiuterò io a pulire l’aula. -
K. - Sei molto gentile Hans, ma questo non è un lavoro per bambini. Perché non mi parli un po’ della tua famiglia? -
Hans - Mio padre … bè, lo conoscono tutti al villaggio. Ha talmente tanto da fare che lo fa fare perfino a chi non dovrebbe farlo. -
K. - Chi è che non dovrebbe farlo? -
Hans - Il papà di Barnabas. -
Frieda - (enfatico) E’ vero! Ma com’è bravo e intelligente questo bell’ometto! -
Hans - (entusiasta) Ora mi ricordo dove ti ho visto per la prima volta.(a K.) Tu eri a casa di Lasemann! -
K. - Ma certo, si, ora lo ricordo anch’io … e chi era quella donna che giocava con te? -
Hans - (cupo, dopo una pausa) Mia madre. -
K. - (stesso tono) E’ malata? -
Hans - Si. -
K. - Di che cosa soffre? -
Hans - Di depressione. –
K. - Bè, allora forse potrei aiutarti io. Qualche nozione di medicina ce l’ho anch’io sai? Pensa che a casa mia mi avevano soprannominato l’erba amara! -
Hans - (entusiasta) Davvero puoi aiutarmi? -
K. - Ma certo …. ehi, ma che ti prende ora ragazzo? -
Hans - (cupo) E’ che … è per via di mio padre … mio padre non vuole che degli estranei parlino con mia madre … -
K. - (intuitivo) … ascolta Hans … possiamo porre rimedio a questo … un giorno tuo padre disse al comune di questo villaggio che il villaggio aveva bisogno di me … ora, se noi riuscissimo a incontrarci da soli con tua madre tanto di guadagnato, altrimenti ci parlerò io a tuo padre, senza fargli capire che cosa sono effettivamente venuto a fare a casa tua. Che ne dici Hans? -
Hans - (entusiasta, uscendo dalla quinta laterale destra. “La porta era rimasta aperta”) Va bene, va benissimo …. -

Pausa. Frieda mostra evidenti segni di distacco nei confronti di K.

Il maestro - (sulla soglia, a K.) Vammi a prendere la colazione alla Locanda del Ponte. -
K. - Ma sono stato licenziato! -
Il maestro - Licenziato o no, vammi a prendere la colazione. -
K. - E’ proprio questo che voglio sapere, se io sono o non sono stato licenziato. -
Il maestro – Il licenziamento tu non lo hai accettato. -
K. - E questo sarebbe sufficiente per renderlo inefficace? -
Il maestro - Per me no, ma per il sindaco incomprensibilmente si. (poi, autoritario, uscendo) E ora datevi da fare. -

Nel frattempo che Frieda mima l’atto di lavare una scala sul proscenio, K. scende di corsa dalla scala opposta, “prende un vassoio che gli da l’oste della Locanda del Ponte” seduto nella seconda fila della platea, lo porta al maestro, passando da dove è uscito quest’ultimo, rientra dall’uscita opposta, mima l’atto di accatastare la legna, si affanna a spingere gli attrezzi da ginnastica della palestra, tutto questo sotto lo sguardo vigile e compiaciuto del maestro, riapparso sulla soglia per qualche breve istante.

Frieda - (fermandolo) Perché ora mostri così tanto zelo a quello scorbutico, nel fare i lavori? -
K. - Perché ora che sono bidello voglio adempiere appieno alle mie mansioni. (dopo una pausa). Che cos’è che ti preoccupa? -
Frieda - Niente … è che a volte mi tornano in mente le parole dell’ostessa. -
K. - Che sarebbero? -
Frieda - Preferirei evitare se non ti dispiace. -
K. - Mi dispiace. -
Frieda - (infastidito) Che tu mi avessi abbordata soltanto per arrivare a Klamm, se proprio lo vuoi sapere! Soddisfatto? Già all’inizio l’ostessa si era adoperata per indurmi a dubitare di te. Non diceva che tu mentivi, diceva che eri sincero, ma che la tua natura era così diversa dalla nostra che perfino quando parlavi con sincerità noi dovevamo sforzarci per poterti credere. In realtà tu hai creduto di aver conquistato in me un’amante di Klamm e di possedere in tal modo un pegno che poteva essere riscattato solo con il prezzo più alto, e trattare questo prezzo con Klamm era l’unica tua vera aspirazione. Che io rimanga fedele a te in qualsiasi circostanza non lo dubiti affatto perché calcoli tutte le possibilità. Lo scambio con Klamm te lo figuri come una specie di transazione d’affari! -
K. - In tutto questo non sono riuscito a distinguere la tua opinione da quella dell’ostessa. -
Frieda - Infatti quella era la sua, non la mia. A causa mia l’ostessa è diventata la tua acerrima nemica, eppure io ti avevo sempre visto come l’unico vero amore della mia vita … -
K. - … mi avevi, sempre visto? -
Frieda - Si, è così, ti avevo sempre visto così … almeno fino a quando non è comparso quel ragazzino e tu ti sei messo a parlare con lui. -
K - (basito) Hans? -
Frieda - Tu con Hans ti sei comportato allo stesso modo di come ti sei comportato con me, nel senso che lo hai illuso proprio come hai fatto con me, ma con l’unica differenza che invece di aspirare a Klamm, per mezzo di quel ragazzino tu vuoi aspirare a sua madre! In ciò che dicevi ad Hans non sentivo soltanto il mio passato, sentivo anche il mio avvenire. -
K. - L’ostessa ti ha inculcato cose che ormai sono difficili da rimuovere, ma se avesse veramente ragione sul mio conto, e cioè sul fatto che io ti avessi conquistata calcolando ogni mossa, avrebbe dovuto citare anche il fatto che per conoscerti io mi presentai al tuo cospetto a braccetto di Olga. Sono sempre difficili da inquadrare certe cose … -
Frieda - … si, è vero, così come è anche vero che prima che Hans entrasse tu credevi fosse Barnabas, il che vuol dire che tu mi tieni nascoste molte cose. Se tu non ti fidi di me come può non sorgere in me la diffidenza? L’unico tuo vero amore non sono io, è Klamm. -

Sipario

Atto Quarto

A sipario chiuso



Voce di K. - (affannato) Barnabas non c’è? (dopo una pausa) Non è ancora arrivato? (altra pausa) Nemmeno Olga c’è? -
Voce di Amalia - Sta spaccando legna, in cortile. Non la vuoi aspettare? -
Voce di K. - No, non ho molto tempo. (dopo una pausa) Ma tu sei sempre così triste Amalia? C’è qualcosa che ti affligge? Non lo puoi dire? Sei forse oriunda del villaggio? Sei nata qui? -
Voce di Amalia - Si. Allora, aspetterai Olga? -
Voce di K. - Non so perché continui a chiedermelo, comunque sia non posso trattenermi oltre. -

Apertura. K. e Amalia sono nel mezzo, l’uno di fronte l’altra.

Amalia - Come si chiama la tua fidanzata? -
K. - Frieda. -
Amalia - Olga lo sa che hai una fidanzata? -
K. - Credo di si! -
Amalia - Io invece credo che non lo sappia. Credo anche che sia innamorata di te. -
K. - Ti stai ingannando. -
Amalia - No. Credo anche che tu non sia venuto qui per Barnabas, ma per Olga. -
K. - Ma io sono fidanzato con Frieda. -
Amalia - Quando l’hai conosciuta? -
K. - Quella sera, quando Olga ed io andammo all’albergo dei signori! -
Amalia - Io ero contraria al fatto che tu ci andassi, non è vero Olga? -

L’attimo seguente entra Olga.

Olga - (a K.) Ciao … come sta Frieda? -
K. - Abbastanza bene, nonostante tutto. Lei riesce sempre comunque a cavarsela, che sia una cameriera addetta alla mescita, o che sia una bidella … sentite, ora devo proprio andare. Perché un giorno non passate a scuola a trovarci? -
Amalia - Va bene. -
K. - Però … -
Amalia - … però? -
K. - Ecco, non so se potrò confermarvi questo invito vista l’inimicizia profonda che esiste tra la vostra famiglia e Frieda. -
Amalia - Non è niente di così profondo, è semplicemente uno scimmiesco adeguarsi all’opinione generale. E ora vai pure dalla tua fidanzata. Non aver paura non verremo da te, visto che puoi usare Barnabas come pretesto puoi venire tu da noi a prendere i messaggi che arrivano dal Castello. Olga ti può dare tutte le informazioni che vuoi a riguardo di questo. (uscendo) -
K. - Dove sta andando? -
Olga - Da i nostri genitori. Si prende cura di loro già da un po’. A te sembrerà strano, ma pur essendo la più giovane è lei quella che in famiglia prende le decisioni più importanti. -
K. - Anche su Barnabas? -
Olga - Soprattutto su Barnabas. E’ grazie ad Amalia se Barnabas va e viene ancora dal Castello, anche se lui preferirebbe fare il calzolaio da Brunswick guadagnandosi qualcosa invece di andare su e giù senza sapere se è stato effettivamente assunto come messaggero. -
K. - (basito) Non lo sa ancora? -
Olga - No. Così come per esempio non sa ancora se la divisa da messaggero, ovvero da inserviente di grado inferiore, gli venga consegnata dal Castello oppure no. In tutto questo tempo Amalia gliene ha fatta una, ma non è la stessa cosa. -
K. - Spiegati meglio. -
Olga - Gli inservienti di grado inferiore, come i messaggeri, devono avere tutti una divisa per essere riconosciuti lassù al Castello, a differenza degli inservienti di grado superiore, che sono invece vestiti con abiti comuni, proprio come i Signori del Castello. Ad oggi Barnabas non possiede ancora questa divisa, ragion per cui è vero che mio fratello può andare e venire dalle Cancellerie del Castello, ma, per esempio, è davvero sicuro che parli proprio con Klamm? -
K. - (basito) Stai scherzando? -
Olga - Niente affatto. Tu stesso hai visto Klamm, ma eri proprio sicuro che lo fosse? -
K. - (giustificato) A meno che non fosse stato un sosia … -
Olga - … appunto, potrebbe anche essere stato un sosia quello che hai visto tu. Mio fratello conosce bene le descrizioni sull’aspetto di Klamm, le varie versioni che la gente da di Klamm ... ti faccio un esempio … qui al villaggio Klamm ha un segretario che si chiama Momus … -
K. - … si, lo conosco. -
Olga - Ah si? Bè, anche lui è un tipo molto riservato, qualche volta l’ho visto anch’io. Un signore alto giovane e forte, no? Di certo non somiglia a Klamm, per capirci, eppure al villaggio puoi trovare persone pronte a giurare che Momus è Klamm. E’ così che la gente si adopera per confondere se stessa. Una volta mio fratello ha visto o ha creduto di vedere Klamm dal finestrino di una carrozza, eppure quando è entrato in una Cancelleria del Castello e tra i vari funzionari che erano presenti gliene hanno indicato uno, dicendo che era Klamm, non l’ha riconosciuto. E allora, gli ho chiesto io, perché non l’hai riconosciuto? E lui ha cominciato a tergiversare, non sapeva cosa dire, poveretto, probabilmente tutte le risposte che ci dava a riguardo del Castello, e su Klamm in particolare, se le inventava … -
K- … se le inventava? -
Olga - (confidenziale) Ascolta … di solito Barnabas viene fatto entrare in una stanza della Cancelleria e in questa stanza c’è un unico grande scrittoio che la divide da parte a parte, in due zone. Una è molto stretta, ed è quella riservata ai funzionari, e l’altra è molto ampia, ed è riservata agli inservienti sia di grado superiore che di grado inferiore. Sullo scrittoio ci sono dei grossi libri e di fronte ci sono i funzionari, che li leggono in piedi. Non restano sempre davanti allo stesso libro, però non si scambiano i libri, ma i posti, e la cosa buffa è che si devono schiacciare l’uno contro l’altro per farlo. Comunque, vicino allo scrittoio ci sono i tavolini dove si siedono gli scrivani. Gli scrivani sono sotto dettatura dei funzionari, e i funzionari parlano a voce talmente bassa che tocca agli stessi scrivani alzarsi per sentire cosa dicono per poi trascriverlo subito. E così accade anche per le lettere. A volte, anzi, quasi sempre, non è Klamm a darle di persona ai messaggeri, sono gli scrivani. Per cui non è mai sicuro se la lettera arriverà in tempo utile al destinatario. -
K. - (indignato) Ma che fine fanno le lettere? -
Olga - Non lo so … nel caso di mio fratello per esempio, lui è talmente confuso da quello che vede succedere tutti i giorni alle Cancellerie del Castello, che non ha più nemmeno voglia di consegnarle e che vorrebbe tornare volentieri a fare il calzolaio per non dover essere costretto a dover assistere a queste cose incomprensibili. Ma nonostante questo è comunque così attratto dal Castello che ci torna sempre. -
K. - A mio avviso tuo fratello è troppo giovane e troppo inesperto per andare al castello, e tu in ogni caso sei responsabile di non averlo trattenuto qui al villaggio, perché tutti voi qui avete troppa soggezione per le autorità. -
Olga - Tutti gli abitanti del villaggio sono a conoscenza della storia della nostra famiglia, soltanto che nessuno ne vuole parlare. Nessuno è disposto ha sporcarsi la bocca parlando di queste cose. E forse hanno ragione, è difficile parlarne, e non sarebbe neanche impossibile che tu, quando e se vorrai ascoltare questa storia, te ne vada e non ne voglia più assolutamente sapere di noi. Ma in realtà, tu saresti disposto ad ascoltare questa storia? -
K. - Perché me lo chiedi? -
Olga - Per scaramanzia. Tu sarai coinvolto nelle nostre faccende senza averne colpa, senza avere più colpa di quanta ne abbia mio fratello Barnabas. -
K. - Racconta dunque. -
Olga - Giudica tu stesso. Al Castello c’è un funzionario che si chiama Sortini … -
K. - … ne ho sentito parlare, si era interessato alla mia nomina. -
Olga - No. Ti stai confondendo con Sordini, scritto con la ”d”. Sordini è molto più conosciuto … -
K. - … hai ragione, scusa. -
Olga - Più di tre anni fa, in occasione di una festa organizzata dalla società dei pompieri di cui faceva parte anche mio padre e a cui anche i funzionari del Castello si erano interessati, Amalia si vestì talmente bene che spinse mio padre a credere che quello doveva essere il giorno decisivo per il suo fidanzamento. Sortini, che non era solito presentarsi in quelle occasioni, quella volta invece era lì, e Amalia la notò eccome, tant’è che noi tutti pensammo che tra i due fosse nato qualcosa, compresa l’ostessa della Locanda del Ponte … -
K. - (basito) … l’ostessa della Locanda del Ponte? -
Olga - Proprio lei. Allora era una nostra grande amica … mi prestò addirittura la sua collana nel vedermi secondo lei così invidiosa nei confronti di mia sorella, ed io, a mia volta la prestai ad Amalia, se non altro per far vedere che non ero affatto invidiosa. Il mattino seguente, a casa, Amalia ci svegliò tutti all’improvviso perché ricevette una lettera da parte di Sortini, con allegata la collana prestata dall’ostessa, che la esortava a recarsi subito al Castello perché lui sarebbe dovuto ripartire molto presto. E la cosa buffa era che Sortini, con parole volgari e meschine, era in collera con Amalia perché il solo fatto di averla vista a quella festa lo avrebbe distolto dalle sue responsabilità di funzionario e che per questo Amalia fu ritenuta all’unanimità la causa di questo venir meno, da parte di Sortini, agli obblighi che lui aveva nei confronti del Castello. -
K. - (basito) Non ci posso credere. E tuo padre, che cosa ha fatto? Non ha reclamato con chi di dovere contro Sortini? (intanto entra Amalia accompagnando i due vecchi e malati genitori, mettendosi in disparte) La cosa peggiore di tutta questa storia non è l’offesa recata a lei, quanto piuttosto la possibilità di un simile abuso di potere. -
Olga - (abbassando il tono) Magari su questo avrai anche ragione, ma il punto è che lei non ci andò proprio al Castello, e che proprio per questo sulla nostra famiglia fu pronunciata la maledizione, perciò agli occhi dell’opinione pubblica fummo tacciati di eversione. -
K. - (basito) E tu, non dirai forse che lei avrebbe dovuto obbedire voglio sperare … -
Olga - … no di certo … eppure, se ci pensi, c'è una certa analogia con la storia che è successa a te. -
K. - (infastidito) Lascia da parte Frieda. Frieda non ha ricevuto alcuna lettera come quella che lei ha ricevuto da Sortini, e Frieda ha davvero amato Klamm. Potresti chiederglielo tu stessa! -
Olga - (mentre Amalia esce con i genitori dall’uscita opposta) Credi che Klamm non avrebbe potuto scrivere a Frieda negli stessi termini? Io non ti ho detto queste cose per creare inimicizia tra te e Frieda, te le ho dette semplicemente per farti capire quanto il rifiuto di Amalia nei confronti di Sortini avesse causato l’ostilità di tutti gli abitanti del villaggio verso la mia famiglia, così come sarebbe ed è di fatto avvenuto che la stessa ostilità si riversasse su te e Frieda. La sola differenza è che Frieda fece ciò che Amalia si rifiutò di fare. -
K. - Può darsi, ma per me la differenza fondamentale è che Frieda è e rimane la mia fidanzata, mentre invece Amalia è e rimane tua sorella. Frieda ha fatto tutto per me, tutto. Ti sembra forse poco? -
Olga - Non era mia intenzione parlare male di Frieda. Comunque hai ragione, ora c’è una grande differenza tra noi e Frieda, ed è giusto sottolinearla. Sapessi quanti sono quelli che ci odiano! Pensa soltanto a Pepi, quella che ha preso il suo posto alla mescita. L’ho conosciuta l’altra sera. Appena mi ha vista, mentre come al solito stavo andando a prendere la birra all’Albergo dei Signori, ha chiuso la porta a chiave! E Pepi è soltanto un esempio … figurati che anni fa, quando Otto Brunswick allora era ancora alle nostre dipendenze … -
K. - (basito) … Brunswick? -
Olga - Certo. Era mio padre che all’epoca gli commissionava i lavori! Ad ogni modo, il mattino seguente a quella festa, dopo che Brunswick se ne era già andato ed eravamo tutti riuniti a fare colazione ascoltando con piacere quello che mio padre stava dicendo a proposito del giovamento che quella festa aveva portato per la società dei pompieri di cui faceva parte, Amalia disse che non bisognava fidarsi della cortesia dei funzionari, e a mio padre venne in mente che Brunswick disse qualcosa circa un messaggero e di una lettera stracciata, quella appunto stracciata da Amalia. Noi non dicemmo nulla, e la cosa finì lì. Poi però, forse proprio a causa di quella constatazione che fece mia sorella, a casa nostra cominciò un insolito pellegrinaggio, a partire da Lasemann, che pareva dovesse soltanto inspiegabilmente prendere le misure della stanza dove eravamo, suscitando l’ira di mio padre, che come noi non riusciva a capire perché mai lo facesse. Poi fu la volta di Brunswick, che annunciò il suo licenziamento perché voleva essere autonomo, quindi vennero i clienti, e i clienti cominciarono a cancellare le ordinazioni, una dopo l’altra … -
K. - … una sorta di embargo precostituito? -
Olga - Si, se così lo vuoi chiamare. Fin che un bel giorno si presentò Seemann, il capo dei pompieri, che a malincuore, malgrado la ferrea rettitudine dimostrata da mio padre in tutti quegli onorati anni di servizio, tirandola piuttosto per le lunghe fu costretto a dire a mio padre di dimettersi perché i funzionari del Castello non avevano visto di buon occhio l’offesa recata a loro tramite il messaggero. Per loro, trovarsi di fronte a un gesto come quello fatto da Amalia, era inaccettabile, non potevano tollerarlo. -
K. - E Amalia, non disse nulla? -
Olga - Che cosa avrebbe potuto dire? Tutto ciò avveniva sotto l’influsso del Castello. -
Amalia - (entrando) Sotto l’influsso del Castello! Siete ancora lì, a raccontarvi storie sul Castello? (a K.) Eppure tu volevi andartene subito. Qui c’è gente che si nutre di storie del genere, si mettono a parlare e a torturarsi proprio come vi state torturando voi. Tu però non mi sembri fare parte di quella gente. -
K. - Invece ne faccio parte. Mentre per la gente che non si interessa a storie del genere e lascia che se ne interessino altri, io non nutro grandi interessi. -
Amalia - Ma l’interesse varia da persona a persona. Una volta ho sentito di un giovane che non faceva altro che pensare al Castello. Ci pensava così tanto che tutti pensavano che se avesse continuato a farlo avrebbe perso la ragione. Invece si venne poi a sapere che la causa vera era una ragazza che aveva visto e conosciuto in Cancelleria. Ad ogni modo poi se la sposò e tutto tornò a posto. -
K. - Mi piacerebbe conoscerlo quel giovane. -
Amalia - Dubito che ti piacerebbe lui. Sono certa invece che ti piacerebbe lei. (uscendo) Buonanotte. -
K. - (dopo una pausa) Perché si comporta così? Qual è la sua vera natura? Forse Sortini con quella lettera voleva soltanto punirla, non chiamarla a se al castello. -
Olga - Con i Signori del Castello tutto è possibile, ma Amalia, anche se in effetti fu la causa della nostra disgrazia, era consapevole quanto lo eravamo noi che questo genere di castigo da parte del Castello non era un castigo esplicito, ma qualcosa di ben più grave, qualcosa che fece infatti cambiare su di noi opinione a tutti gli abitanti del villaggio. -
K - Ma perché avreste dovuto aspettarvi un castigo da parte del castello? -
Olga - Perché sarebbe dovuto toccare a noi riallacciare i rapporti con gli abitanti del villaggio, perché se loro si fossero trovati al posto nostro loro lo avrebbero fatto. E’ così che ci hanno emarginato, sin da allora. Frieda lo aveva visto quel messaggero entrare e uscire dal Castello con quella lettera stracciata, e lo aveva fatto sapere agli abitanti del villaggio, ma non per ostilità nei nostri confronti, soltanto perché era suo dovere farlo, il dovere di chiunque altro si fosse trovato nei suoi panni in quel dato momento. Il fatto che nessun membro della nostra famiglia abbia tentato di ricucire ciò che si era inevitabilmente strappato, indusse gli abitanti del villaggio a escluderci non solo da ogni discussione, nessuno ci rivolse proprio più la parola. Fu così che iniziarono a chiamarci la dannata famiglia, fu così che iniziò il nostro calvario. Brunswick diventò ricco e potente, in qualche modo era desideroso di umiliarci, così comprò casa nostra, così noi fummo costretti a rintanarci in questa casupola, così ci additarono tutti con disprezzo, come degli esseri innominabili. -
K. - E Amalia intanto, che faceva? -
Olga - Noi tutti non ce la facevamo più ad andare avanti così, solo lei ci riusciva. Un giorno mio padre, che proprio per amore di Amalia volle farlo, per riscattarla in qualche modo, decise che era giunto di chiedere perdono al Castello, e così iniziò penosi andirivieni. Nelle rare volte in cui veniva ricevuto dai funzionari però, a stento riusciva a capire quale fosse la colpa che avrebbe dovuto espiare. E’ vero che era diventato povero, ma questo non lo preoccupava più di quanto il venire a sapere che un giorno forse tutto sarebbe tornato come prima. Ma la cosa buffa era che al Castello la colpa gliela si negava. Passo dopo passo si stava convincendo che gli si nascondesse la colpa perché non pagava abbastanza le quote che il Castello aveva stabilito che pagasse, pensava di dover pagare di più, il che era di certo sbagliato oltre che assurdo. Praticamente stava diventando pazzo. Mio fratello Barnabas e mia madre addirittura digiunavano per far si che mio padre potesse pagare, mantenendo viva la speranza che la salvezza di Amalia fosse qualcosa di prossimo e di tangibile. Tutto questo però non poteva certo durare a lungo, così a mio padre venne in mente quel folle piano di cui ancora oggi ne porta le conseguenze. -
K. - (cupo) Quale piano? -
Olga - Appostarsi sulla strada maestra e pregare per il perdono suo e della sua famiglia direttamente alle carrozze che i funzionari erano soliti prendere per scendere dal Castello al villaggio. Si era addirittura scelto una postazione strategica, vicino a un tale che forniva le verdure e gli ortaggi al Castello, un certo Bertuch, che una volta era anche stato suo cliente. Andava e tornava, mai domo, sempre fiducioso nella magnanimità di qualche funzionario. Sfidava il freddo, il gelo, incurante del tempo che passava, fino al giorno in cui, complice mia madre, che si ammalò con lui, furono afflitti entrambi dai reumatismi. Da quel giorno fu costretto a restare chiuso qui dentro, da quel giorno Amalia si prese cura di loro. Da allora non ebbe più paura di nulla, non dormì più, e, cosa più stupefacente di tutte, da quel giorno non perse mai più la calma. -
K. - E tuo padre, in che modo rinsavì? -
Olga - Bisognava trovargli qualcosa che fosse ancora capace di fare, qualcosa che egli potesse almeno credere che servisse ad allontanare la colpa dalla famiglia. In sostanza la “vera” colpa era l’offesa recata al messaggero, questo risultava evidente in qualsiasi colloquio fatto con i Signori del Castello, per cui mi venne in mente che se l’opinione pubblica generale altro non sapeva se non questo, tanto valeva dire altre menzogne pubblicamente. Il problema però era che mio padre diventò talmente caparbio, che se prima pensava che non volessimo dargli i soldi per pagare quelle inutili quote, poi si convinse che volevamo trattenerlo apposta a letto per non farlo più uscire. Il messaggero che io stavo cercando era un servo di Sortini. Trovarlo però non fu cosa semplice. Nel frattempo comunque mio padre si convinse, l’unica cosa che gli dava veramente fastidio era che per riuscire a fare questo avrebbe dovuto dipendere completamente da me. Ad ogni modo l’unica cosa buona che ero riuscita a stabilire, in tutte le svariate volte che mi ritrovai a interpellare i servi dei Signori all’Albergo dei Signori, fu una specie di legame che contrassi con il Castello. Questo genere di legame, se così lo vogliamo chiamare, non era soltanto vincolato alla convivenza con i servi dei Signori, non a caso ci passai diverse notti là venendo anche a sapere che tutto sommato questi servi se la passavano meglio perfino dei Signori, ma era un vero e proprio sistema di controllo che il Castello poteva tranquillamente esercitare sulla mia persona, sulla mia coscienza. In pratica era come se io sapessi di essere vista in qualsiasi momento e qualsiasi cosa stessi facendo. Inoltre i servi mi rivelarono anche che una vera assunzione al Castello non avveniva mai, o meglio se avveniva era l’individuo stesso che doveva saperlo, e anche se tutti gli abitanti del villaggio, specie se facevano parte di qualche famiglia malfamata, si ostinavano a non capire come potessero sperare in un simile tentativo, era una cosa che dovevano fare lo stesso. -
K. - Dunque? Cosa … -
Olga - (perentorio) … sapevo che non potevo fare una cosa simile, così come sapevo che sia il servo di Sortini che lo stesso Sortini non li avremo più trovati .L’unica speranza che mi era rimasta l’avevo riposta in mio fratello Barnabas. Barnabas era l’unico in grado di accettare inconsapevolmente un incarico di quella portata. L’offesa al messaggero poteva essere così rimediata con la sostituzione di un nuovo messaggero, Barnabas appunto. Avevamo offeso e fatto allontanare dalla Cancelleria un messaggero, che cosa c’era di più ovvio che fare eseguire a Barnabas il lavoro del messaggero offeso? -
K. - Dal castello non dissero nulla? -
Olga - Naturalmente mi rendevo conto come questo piano nascondesse una certa supponenza, di come potesse suscitare l’impressione che noi volessimo imporre alle autorità il nostro modo di risolvere i problemi riguardo al personale, eppure mi sembrava impossibile che le autorità mi fraintendessero a tal punto, a meno che non lo facessero di proposito, ma in questo caso qualsiasi mia iniziativa sarebbe stata respinta a priori. -
K. - Così andaste avanti … -
Olga - … così andammo avanti, e sulle prime Barnabas era così entusiasta di essere diventato un messaggero del Castello che andava e tornava senza sosta. Dopo un po’ però cominciò a stancarsi, a non raccontarmi più che cosa realmente accadeva all’interno del Castello, tant’è che cambiava versioni di continuo. Ma il tuo arrivo al villaggio cambiò ulteriormente le cose … -
K. - … il mio arrivo? -
Olga - Con il tuo arrivo la nostra famiglia vide per la prima volta la concreta speranza di espiare la colpa, e la sola via per fare questo era convincerti a non insospettirti oltremodo di una situazione in cui chiunque si fosse trovato al posto tuo si sarebbe insospettito. -
K. - Avete simulato di fronte a me. Barnabas mi consegnò la prima lettera con il piglio di un vecchio messaggero indaffarato, e sia tu che Amalia, che questa volta era d’accordo con voi, avete fatto finta che il servizio di messaggero e la lettera fossero soltanto qualcosa di secondario. -
Olga - Non direi che abbiamo finto, direi piuttosto che per noi il tuo arrivo qui è stata una svolta, il nostro destino è venuto in qualche modo a dipendere da te. Forse quelle due lettere che ti sono state recapitate sono soltanto un inizio, e l’attività di Barnabas potrà prolungarsi anche oltre lo stesso servizio di messaggero, ma per ora possiamo solo accontentarci di quanto ci viene dato (poi, dopo che è uscita ed è rientrata per aver sentito bussare alla porta). Era per te. Era un tuo aiutante, ti stava cercando per conto di Frieda. A Frieda puoi dire tutto se vuoi, ma non farlo sapere a quell’aiutante. -
K. - (abbracciandola, uscendo) D’accordo. Quando torna Barnabas digli che lo aspetterò a scuola. -

Sipario

Atto Quinto

A sipario chiuso



Voce di K. - Chi stai cercando? -
Voce di Jeremias - Te. Non mi riconosci? Sono Jeremias, il tuo vecchio aiutante. -
Voce di K. - Ah si? Eppure sembri un’altra persona. -
Voce di Jeremias - E’ perché sono solo. -
Voce di K. - Dov’è Artur? -
Voce di Jeremias - Ha lasciato il servizio. Tu eri troppo duro con noi. E’ tornato al Castello e sta presentando un reclamo contro di te. -

Apertura. K. e Jeremias sono nel mezzo, l’uno di fronte l’altro.

K. - E tu? -
Jeremias - Io sono potuto restare. Artur reclama anche per conto mio. -
K. - Perché? -
Jeremias - Perché tu non sai stare agli scherzi. In fin dei conti noi abbiamo soltanto rispettato gli ordini ricevuti dall’incarico di Galater. -
K. - Galater? -
Jeremias - Si, Galater. All’epoca faceva le veci di Klamm. Fu lui che ci mandò da te in qualità di aiutanti. A lui non interessava che fossimo competenti in agrimensura, figurati che noi non sapevamo manco che cos’era, a lui bastava soltanto che ti tenessimo un po’ allegro perché tu, e questo non puoi dire che non è vero, eri uno che ti prendevi e che tutt’ora si prende troppo sul serio. -
K. - Voi dunque avete eseguito bene il vostro incarico? -
Jeremias - Non lo so. So soltanto che tu sei stato molto brutale con noi e che per questo reclamiamo. -
K. - Sul fatto che io mi prendo troppo sul serio hai ragione, soltanto che dovresti lagnarti con Galater. E’ lui che vi ha mandati, io non ve l’ho mica chiesto. Perché tu non hai parlato subito così sinceramente come stai facendo ora? -
Jeremias - Perché prima ero in servizio, mentre ora non lo sono più. -
K. - Eppure tu mi cerchi ancora come se lo fossi. -
Jeremias - No. Io sono venuto a cercarti soltanto per controllare che tu fossi veramente qui, nella casa della dannata famiglia. -
K. - Perché? -
Jeremias - Perché Frieda ci è rimasta molto male a causa di questa tua visita, e che ora lei ha accettato di tornare al suo posto all’Albergo dei Signori, mentre io, che sono in attesa che la pratica di reclamo venga archiviata, sono diventato cameriere ai piani. (poi, allontanandosi) E’ già tutto sistemato. -
K. - Jeremias! Non spererai mica di cavartela così a buon mercato. Tu mi stai parlando come se fossi assolutamente certo che non avrai mai più nulla da temere da me. Ma in realtà non è così. Qui le pratiche vengono risolte così in fretta che … -
Jeremias - … a volte anche più in fretta di quello che pensi. -
K. - A volte, ma non questa volta. Né tu né io infatti abbiamo in mano un esonero scritto. Il procedimento di reclamo è stato solo avviato, io non ho ancora messo in campo le mie relazioni, ma lo farò. -
Jeremias - Non ho certo paura delle tue minacce. Sei tu che hai paura, e non solo di me come aiutante, tu hai paura in generale di tutti gli aiutanti. -
K. - Invece io penso che sia a causa proprio di questo mestiere, che a te non piace certo fare, che hai deciso di rovinarti. Per me invece sarà un gran divertimento passare sopra a tutte le tue paure e costringerti a svolgerlo. Non hai dunque paura? Perché non saresti ancora tornato da Frieda? Ne saresti forse … innamorato? -
Jeremias - Innamorato? Lei mi ha chiesto solo di liberarla da te perché tu ti sei messo con la dannata famiglia. Perché non avrei dovuto farlo? -
K. - Ora la vedo la tua paura. Frieda voleva solo una cosa : essere liberata da due come voi, purtroppo non ho avuto il tempo per poter esaudire le sue richieste … -
Barnabas - (entrando di corsa. Poi, trafelato) Mi è riuscito! -
K. - Cosa ti è riuscito, hai esposto a Klamm la mia preghiera? -
Barnabas - Questo no, ma sono riuscito a parlare con Erlanger. Non lo conosci? E’ uno dei primi segretari di Klamm, un signore piccolo, che zoppica un po’, ma che ha una memoria formidabile. Infatti appena mi ha visto mi ha riconosciuto e mi ha detto che ha bisogno e piacere di parlarti immediatamente alla stanza numero 15 dell’Albergo dei Signori … (mentre Jeremias scappa, però viene subito ripreso da K.) -
K. - … volevi precedermi da Erlanger, non è così? (poi, uscendo con Barnabas, che tiene stretto dall’altra parte Jeremias) Bè, ora ci andremo insieme … -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. Una lunga fila di contadini è in attesa davanti all’uscita laterale destra. K., Barnabas e Jeremias entrano dall’uscita opposta. Tra i contadini in fila c’è anche Gerstacker.

Gerstacker - (a K.) Sei ancora al villaggio? -
K. - Si. Sono venuto per restarci a lungo. -
Gerstacker - (tossendo) E chi se ne frega. -
Barnabas - Ma chi è? -
K. - Lascia perdere, te lo spiego un’altra volta. (poi, a un contadino in coda) Com’è questo Erlanger? -
Il contadino - Il migliore! E pensi che è un volontario! Tutto quello che fa lo fa per noi, è sempre attento alle necessità della gente come noi… -
K. - … grazie … -
Il contadino - … nessuno è più bravo di lui a svolgere il suo lavoro … -
K. - …. grazie, ho capito. -
Il contadino - (infastidito) Che cosa mi chiede a fare le cose allora se poi non mi sta a sentire? -
K. - (a un altro contadino) Mi scusi … perché non è ancora entrato nessuno? -
L’altro contadino - Perché Erlanger sta parlando con Momus. Quando loro due si parlano le cose vanno per le lunghe. -
K. - Ho capito grazie …. Scusi per il disturbo. -
Momus - (sulla soglia dell’uscita laterale destra) I primi ammessi alla presenza del signor segretario Erlanger sono Gerstacker e K. Ci sono entrambi? -
Jeremias - (precedendoli) Io presto servizio qui come cameriere ai piani. -
Momus lo fa entrare. Poi passa in rassegna gli astanti.
Momus - (a K.) Ah, signor agrimensore … lei che era così restio a lasciarsi interrogare ora fa addirittura la fila per ottenere un interrogatorio? (indicendolo a entrare) Vada, vada … una volta avrei avuto bisogno delle sue risposte, adesso no. -
K. (sulla soglia) Voi pensate solo a voi stessi. Io non rispondo per ragioni d’ufficio, non ho risposto allora così come non rispondo oggi. -
Momus - (infastidito) Vada … a chi altri dovremo pensare, chi altro c’è qui? Vada, vada! -

Buio. Pausa.

Voce di un servo - Questa è la stanza numero 15. Prima di entrare dovrete attendere ancora un po’ perché il signor segretario Erlanger è stanco e si sta riposando. -
Voce di Gerstacker - Quello che piantona la porta chi è? -
Voce del servo - Pinzgauer. –
Voce di Gerstacker - E’ da un pezzo che non si vedeva. -
Voce del servo - Da un bel pezzo. -

Silenzio. Si sente un tintinnio di bicchieri e di piatti, seguito da alcuni colpi di martello. Ancora silenzio. Luce. K., Gerstacker e il servo sono di fronte l’uscita laterale sinistra.

Il servo - Dovremo ancora aspettare. Quando si sveglia suonerà.(a Gerstacker) Lei viene per chiedere l’appalto dei carri per la costruzione? -

Gerstacker annuisce, poi sussurra qualcosa nell’orecchio al servo. Nel frattempo dall’uscita opposta appare Frieda, la quale fissa a lungo K.

K. - (al servo, andando da Frieda) Torno subito. -
Frieda - Che vuoi da me? Va piuttosto da quelle … tu sai bene come si chiamano … ed è inutile che continui a fissarmi a quel modo, non ci saranno alcune nozze. -
K. - Perché sono stato infedele? -
Frieda - Tu non sai che cosa sia la fedeltà. Ma non è questo l’aspetto più importante, quali che siano i tuoi rapporti con quelle ragazze. Che tu ad ogni modo vada e venga dalla loro casa, addirittura nel cuore della notte, scappando via dalla scuola senza dir nulla, questo si che non si può tollerare. Basta. Non parliamone più. -
K. - Di questo, no, ma di qualcos’altro si. Perché io sia dovuto venire via dalla scuola e sia dovuto andare là, lo sai. Come la mettiamo invece con gli aiutanti? Tu hai confessato di sentirtene attratta. Dov’è dunque lui, in camera tua? -
Frieda - Che cos’altro ti aspettavi? Stava morendo di freddo! Tu con me hai torto marcio, è soltanto tua la colpa di aver distrutto la nostra felicità. Credi forse che Jeremias avrebbe osato portarmi via da te? Lui mi voleva, questo si, ma non avrebbe mai fatto un passo se io non gliene avessi dato la possibilità. Fin che era in servizio lui non si sarebbe mai permesso di avvicinarmi … -
K. - (mentre il servo e Gerstacker escono) … se le cose stanno così, se dunque la tua fedeltà era soltanto dovuta agli obblighi di servizio degli aiutanti allora è un bene che tutto sia finito, allora sono grato anche a quella dannata famiglia che involontariamente ha contribuito a separarci. (dopo una pausa) Ogni relazione di coppia ha i suoi difetti … figuriamoci la nostra … ci siamo incontrati provenendo da due mondi radicalmente diversi e da quando ci siamo conosciuti, la vita di ciascuno di noi ha preso un corso del tutto nuovo. Perché non torni in te? Perché non riesci a ricordarti che cosa dicevi a proposito degli aiutanti, di come e quanto eri disposta a sacrificarti per me, del perché hai paragonato il nostro amore a una tomba? Cerca di dominarti. Tu credevi che gli aiutanti fossero stati inviati da Klamm. Non è vero, li ha inviati Galater. Se in virtù di questa illusione sono riusciti a incantarti a tal punto che persino nella loro lascivia tu pensavi di trovare tracce di Klamm, vuol dire sono solamente dei bugiardi, degli ipocriti … -
Frieda - … se soltanto fossimo partiti subito, quella stessa notte … -
Jeremias - (sarcastico, sulla soglia) … il signor agrimensore … non si lasci disturbare dalla mia presenza, venga pure in camera, da noi, a far visita a un malato, e intanto dica a Frieda ciò che deve ancora dirle.Quando due si separano, negli ultimi istanti hanno tante cose da dirsi che un terzo, specie se è a letto e aspetta il tè che gli è stato promesso non può in alcun modo comprendere. -
Frieda - (esasperato) Basta … ha la febbre, non sa quel che dice. Tu però mi perseguiti K. Perché mi perseguiti? Mai più tornerò da te.(uscendo con Jeremias) Vai pure ora! Torna pure dalle tue ragazze! -

Desolato e frastornato dagli ultimi eventi, K. torna di fronte all’uscita opposta, dove però non trova né il servo, né Gerstacker. Dunque entra, uscendo. Rientra poi dall’uscita laterale destra, mimando l’atto di controllare (bussando sommessamente in almeno nove o dieci punti contro la parete della quinta di fondo e origliando anche negli stessi punti) se dalle ipotetiche porte, che risultano essere tutte uguali, riesce a individuare la presenza di Erlanger. Avvicinatosi poi per l’ennesima volta alla “porta” dell’uscita laterale sinistra, la apre delicatamente ed entra. Dissolvenza. Buio.

Voce di un funzionario - Chi è? -
Voce di K. - Sono l’agrimensore. -
Voce del funzionario - Lei conosce Friedrich? -
Voce di K. - No. -
Voce del funzionario - Ma lui conosce lei. Io sono il suo segretario. Mi chiamo Burgel. -
Voce di K. - Mi scusi, devo aver sbagliato porta. Sono stato convocato dal signor Erlanger. -
Voce di Burgel - Peccato … non che lei sia stato convocato altrove, per carità, ma che abbia scambiato la mia porta per un’altra. Una volta che sono sveglio infatti difficilmente riesco ancora a riaddormentarmi. Lei ha una faccia molto provata, è così silenzioso … che cosa la affligge signor agrimensore? -
Voce di K. - Sono molto stanco. -

Luce. Burgel è vestito come Momus, ma dall’aspetto diverso, è molto più piccolo e ha un’ espressione molto più cordiale e simpatica. E’ seduto, appoggiato contro la quinta di fondo, e K, su invito di Burgel, è in procinto di sedersi accanto a lui.

Burgel - Venga, posso offrirle soltanto questo posto sul bordo del letto, ad ogni modo non si preoccupi, qui siamo tutti stanchi. E’ per via della nostra professione, che ci logora i nervi. Io ad esempio sono segretario di collegamento … non sa che vuol dire? Bè, significa che io costituisco il collegamento tra i segretari del Castello e i segretari del villaggio. Del resto il lavoro è lavoro, e io non saprei fare altro. E l’agrimensura, com’è? -
K. - (distaccato) Io non svolgo alcun lavoro di agrimensura. -
Burgel - Questo è sorprendente … (estraendo un taccuino dalla tasca) … sono pronto ad approfondire la questione. Lei però … sembra che qualche delusione la abbia già patita …. no, lei non deve lasciarsi scoraggiare dalle delusioni. E’ vero che qui molte cose sembrano fatte apposta per scoraggiare, e a un nuovo arrivato gli ostacoli sembrano del tutto insormontabili. Attenzione però, spesso si concedono delle occasioni che quasi non si accordano con la regola generale, occasioni in cui, con una semplice parola, uno sguardo, un segno di fiducia, si può ottenere più che con una vita di sforzi estenuanti. Ovviamente poi queste occasioni finiscono con l’accordarsi lo stesso con la regola generale, in quanto non vengono mai sfruttate. Perché dunque non vengono mai sfruttate? (mentre K. comincia a dare i primi segni di cedimento fisico) Per esempio, è una eterna lagnanza dei funzionari di essere costretti a condurre di notte la maggior parte degli interrogatori al villaggio. Ma perché se ne lagnano? La notte è meno adatta al colloquio con le parti perché di notte è difficile mantenere il colloquio ufficiale. Istintivamente di notte, si è inclini a giudicare le cose da un punto di vista più privato, le esternazioni delle parti acquistano più peso di quanto effettivamente non meritino, con il giudizio interferiscono valutazioni niente affatto pertinenti circa la condizione complessiva delle parti con le loro pene e preoccupazioni, la necessaria barriera tra parti e funzionari in realtà si allenta, e dove di solito si intrecciano solo domande e risposte a volte sembra compiersi uno strano scambio tra le persone. Stando le cose le lamentele dei funzionari non sono ampiamente legittime? (mentre K. si assopisce) E’ vero che gli interrogatori notturni non sono propriamente prescritti in alcun luogo, quindi non si trasgredisce nessuna norma se si cerca di evitarli, ma l’enorme mole di lavoro, la norma secondo cui l’interrogatorio delle parti deve avvenire solo dopo completa conclusione delle rimanenti indagini, tutto ciò e altro ancora, ha fatto degli interrogatori notturni una necessità imprescindibile.(mentre K. dorme profondamente) Ma se sono diventati una necessità imprescindibile, dico io, questo è anche, sia pure indirettamente, un effetto delle norme, e dunque criticare il carattere degli interrogatori notturni significa anche criticare le stesse norme …………………

A questo punto, mentre Burgel continua a parlare (indistintamente) salgono sul palcoscenico tutti gli Attori e le comparse che occupavano le prime due file della platea. Sono tutti allegri e (indistintamente) loquaci. Mimano l’atto di brindare e festeggiare tutti insieme la vittoria di K., il quale sta appunto sognando di aver sconfitto un funzionario con il sonno. Stanno tutti deridendo e umiliando il funzionario Momus, il quale, essendo nudo, è costretto a coprirsi sia le parti intime del corpo, che gli vengono continuamente indicate, e sia il volto. Ogni tanto si sente gemere Momus, fino a che non viene spinto fuori dall’uscita laterale destra. Poi tutti gli Attori e le comparse tornano ai loro posti. A questo punto K., che è ancora visibilmente soddisfatto della scena che ha visto ad occhi chiusi, viene svegliato da Burgel, che ricomincia il monologo.

………………………………… esiste però per le parti una possibilità di sfruttare ai propri fini questa debolezza notturna dei funzionari, e questa possibilità consiste appunto che le parti arrivino nel cuore della notte senza essere preannunciate. In questo caso il funzionario cessa di essere un funzionario. Quando la parte si trova già nella camera la cosa si fa già molto grave. “Quanto a lungo sarai in grado di resistere” ci si domanda. Ma non vi sarà alcuna resistenza. Cerchi di figurarsi la situazione. La parte, mai vista prima, sempre attesa con autentica bramosia e sempre considerata ragionevolmente irraggiungibile, ora è seduta lì. Già con tale muta presenza esorta a penetrare nella sua misera vita, a rovistare in essa come in un proprio possesso e a soffrire con lei per le sue vane pretese. Nel silenzio della notte questo genere di esortazione è seducente : è proprio in quell’attimo che si cessa di essere funzionari. E’ una condizione in cui diventa subito impossibile respingere una preghiera. A guardare bene si è disperati, a guardare ancor meglio si è molto felici (K. si riaddormenta profondamente). Disperati, perché quella mancanza di difese con cui si sta seduti lì e si attende la preghiera della parte, e si sa che una volta pronunciata si dovrà esaudirla, anche se, almeno per quanto si è personalmente in grado di valutare, si potrebbe lacerare addirittura l’organizzazione ufficiale … bè, di certo questo è il peggio che possa capitare a un funzionario nella sua attività … -

Si sente bussare ripetutamente, molto forte, alla porta.

Una voce - Non è lì, l’agrimensore? -
Burgel - Si. -
Una voce - (seccato) Allora che venga di qua, una buona volta! -
Burgel - (a K.) E’ Erlanger. E’ nella camera accanto. Vada subito da lui, è già arrabbiato, cerchi di rabbonirlo. Ha il sonno pesante, noi però abbiamo parlato troppo forte. Non si riesce a dominare la propria voce quando si parla di certe cose. Vada! Che cosa aspetta? Non deve affatto scusarsi del sonno. Nessuno ne ha colpa. E’ così che il mondo corregge se stesso nel suo corso e mantiene l’equilibrio. Vada dunque, chissà che cosa la aspetta di là? Qui le opportunità pullulano da ogni parte. Se indugia ancora a lungo Erlanger se la prenderà con me e io preferirei evitarlo. Naturalmente esistono delle opportunità che sono troppo grandi per poter essere sfruttate, esistono cose che non si infrangono contro nient’altro se non contro se stesse … ma ora vada, per cortesia, vada! -

Molto più stanco di prima, K. si rialza a malapena, avviandosi all’uscita senza nemmeno salutare. Dissolvenza. Buio. Pausa. Penombra. Erlanger, anche lui piccolo di statura, zoppicante, con indosso una pelliccia e un berretto di pelliccia, è in piedi, sulla soglia dell’uscita laterale destra, di fronte a K.

Erlanger - Sarebbe dovuto venire già da un pezzo! (dopo una pausa) Io devo partire subito. Si tratta di questo. Mi risulta che lei viva con una certa Frieda. Personalmente io non la conosco, ma tutti sanno, me compreso, che era impiegata alla mescita e che spesso serviva la birra a Klamm. Pare che ora ci sia un’altra ragazza. Ora, questo cambiamento non ha alcuna importanza, ma quanto è più grande l’impegno nel lavoro, e quello di Klamm è certamente il più grande, tanto meno resta energia per difendersi dal mondo esterno, di conseguenza qualunque cambiamento privo di importanza nelle cose più prive di importanza può arrecare un serio disturbo. Ciononostante noi siamo tenuti a vegliare sul benessere di Klamm, a tal punto da eliminare proprio i disturbi che per lui non esistono. Quindi quella Frieda deve tornare immediatamente alla mescita, perciò provveda ala suo ritorno.(uscendo) Ecco quanto avevo da dirle. -

Sempre più disorientato, K. si mette a spiare dal buco della serratura delle dieci ipotetiche porte (i dieci punti della parete della quinta di fondo da cui aveva precedentemente “origliato”). Dopo di che si siede nel mezzo, a gambe incrociate, e osserva. Luce. Si comincia a sentire un brusio di voci indistinte, allegre, una voce che imita il canto del gallo, e soprattutto un incessante rumore di porte che sbattono, che si aprono e che si richiudono, prima velocemente e in seguito lentamente. A un tratto entrano dieci comparse (i servi) ognuno dei quali ha in mano (in questo caso non stanno facendo alcuna pantomima) una catasta di documenti. Con fare molto indaffarato compiono diversi andirivieni, rientrando infine a mani vuote. Poi, cessato il rumore delle porte, dall’uscita laterale destra iniziano a comparire sequenzialmente le varie piccole cataste di documenti, e ogni servo ne prende una e la mette davanti a ogni “porta” della quinta di fondo, eccetto una. Uno di questi servi poi, mentre gli altri rimangono inoperosi, comincia ad accatastare tre pile di documenti vicino all’ultima “porta” (quella che precede l’uscita laterale sinistra). A questo punto si sente sbraitare e urlare confusamente e, mentre si sente aprire anche una porta, lo stesso servo prende in mano le tre cataste di documenti e le consegna a qualcuno (si vedono soltanto le mani) che le ritira dalla soglia dell’uscita. Porta che sbatte. Silenzio. Rendendosi conto di essersi dimenticato un foglietto, che tira fuori dalla tasca, il servo tenta ancora di consegnarlo (“bussando invano alla porta” dell’uscita), ma accortosi dello sguardo di K. lo straccia, mentre continua a sentirsi la stessa voce sbraitare. Quindi esce dall’uscita laterale destra insieme a tutti gli altri servi, mentre K. staziona davanti alla “porta” dell’uscita opposta cercando di ricostruire il foglietto stracciato. Silenzio. Si sente suonare un campanello, seguito dal suono prolungato di molti altri campanelli. Subito dopo dall’uscita laterale destra entra di corsa, trafelato, l’oste dell’Albergo dei Signori, seguito dalla moglie. Entrambi sono molto agitati, comportandosi come se dovessero soccorrere un moribondo. K. infatti, per far loro spazio, si pianta contro la quinta di sinistra, ma entrambi gli si piazzano davanti. Poi, sotto l’incessante scampanellio, vedendo che K. non si muove da quella posizione, lo trascinano fuori a forza dall’uscita laterale destra. Silenzio. Pausa, relativamente prolungata. Dall’uscita laterale sinistra entrano l’oste dell’Albergo dei Signori, sua moglie l’ostessa, e K.

K. - (impaziente) …. ora che mi avete ricondotto qui alla mescita sareste così gentili da spiegarmi che cosa è realmente successo? -
L’oste - (incrociando lo sguardo con la moglie) Come ha potuto farlo, un azzardo simile? -
K. - (allibito) Ma quale azzardo? Che cosa avrei fatto? -
L’oste - (dopo una pausa) Lei si è trattenuto senza alcun diritto e riguardo nel corridoio assistendo alla distribuzione delle pratiche, cosa a cui nemmeno noi, che qui ci viviamo, abbiamo mai avuto il diritto di assistere. Non è stato forse convocato per interrogatorio notturno? -
K. - Si. -
L’oste - Dunque non era al corrente che gli interrogatori notturni hanno lo scopo di ascoltare le parti la cui vista, di giorno, risulterebbe insopportabile ai funzionari? (dopo una pausa) Lei però si è fatto beffa di ogni misura precauzionale, continuando a presenziare un luogo precluso a tutti! Non ha notato in mezzo a quali difficoltà si svolge la distribuzione delle pratiche, proprio a causa del fatto che ogni funzionario non pensa mai al suo tornaconto personale, e che per questa ragione dovrebbe agevolare lo smaltimento il più velocemente possibile per rendere efficace questo lavoro di capitale importanza? -
L’ostessa - (infastidito, all’oste, riferito a K.) Ma tu guarda come mi sta guardando! -
K. - (indifferente) Non guardo lei, guardo soltanto il suo vestito. -
L’ostessa - (turbato) Perché mai guarda il mio vestito? (poi, all’oste, uscendo con l’oste) Vieni va … deve essere proprio ubriaco questo insolente. Lasciamolo qui a smaltire la sbornia …. (poi, fuori campo) … Pepi …. porta un paio di cuscini per favore. -

Dissolvenza. Buio. Pausa. Luce. Pepi e K. sono nel mezzo, l’una di fronte l’altro. Pepi è più carina del solito, porta un nastro anche, sui suoi bei riccioli.

Pepi - (allontanando K.) … lasciami stare … vuoi sapere come sono andate realmente le cose? Va bene, ora te lo dico, ma lasciami stare … prima di tutto, se proprio ci tieni a saperlo, tu sei stata la mia vera sventura … primo perché hai portato via Frieda dalla mescita rendendomi le cose più difficili del previsto, e secondo perché … bè perché mi ero innamorata di te, ecco perché … (dopo una pausa) … il fatto stesso che tu amassi Frieda non mi preoccupava minimamente perché sapevo che prima o poi ti saresti fatto vivo in qualche modo, così come infatti è successo ora … sapevo che saresti venuto da me e che io avrei soltanto dovuto scegliere se stare con te, e perdere il posto, oppure respingerti e salire di grado, e avevo perfino deciso di abbassarmi a te, e di insegnarti quale fosse davvero il vero amore, quello passionale, di pura attrazione fisica, che con Frieda non avresti certo mai potuto conoscere. Ma la colpa non è stata soltanto tua … si, è vero che questo lavoro mi sfianca, comunque non mi sono fatta mai trovare impreparata, e nonostante tutto stavo quasi per riuscire a mantenerlo, mentre ora, a causa tua e di quell’altra … non riesco più neanche a nominarla talmente mi viene il ribrezzo … forse devo tornare a fare la cameriera ai piani, a sentirmi rimproverare continuamente da tutti perché manca questo e manca quell’altro … pensa che addirittura dei Signori hanno avuto la sfrontatezza di dire all’oste che io, Emile ed Henriette, che sono le mie due migliori amiche e colleghe, avevamo smarrito, se non addirittura sottratto le loro maledette pratiche! Che cosa avremo dovuto farcene delle loro pratiche? Frieda invece … -
K. - (provocatorio) … ora però la nomini! -
Pepi - (dopo una pausa carica di tensione) Nessuno sa meglio di lei quanto sia miserevole il suo aspetto. Se la si vede per la prima volta sciogliersi i capelli ci si metterebbe a pregare pur di evitare una simile vista. Se le cose andassero secondo giustizia non potrebbe fare neanche la cameriera ai piani. Quante volte ha pianto sulla mia spalla per questo. Lei lo sa di essere brutta, ma quando è in servizio si considera la più bella di tutte. Conosce la gente, è questa la sua vera arte, ed è svelta a mentire e a ingannare perché la gente non abbia il tempo di osservarla meglio. Ha fatto credere alla gente di avere una relazione con Klamm, ti rendi conto? Ha convinto tutti i Signori del Castello a essere la ragazza più indicata nello svolgere la mansione più ambita, e cioè quella di cameriera addetta alla mescita con la facoltà di servire la birra a Klamm … tutti credevano che fosse l’amante di Klamm! Puoi forse negarlo? La gente però cominciava chiedersi perché, se davvero era l’amante di Klamm, Klamm non ha fatto in modo che lei salisse di grado. La cosa non poteva durare così a lungo, con l’andare avanti del tempo la gente si sarebbe convinta che la sua fama era in declino, quindi cosa fa? Per dare scandalo si mette con te, un forestiero, il più umile tra gli umili, e questo a lungo andare provoca compassione, perfino io la compativo talmente ero ignara dei suoi piani. In quel momento io ero troppo indaffarata, pensavo soltanto a svolgere nel miglior modo possibile il mio lavoro alla mescita, che comunque pareva che andasse per il verso giusto, nel senso che solo qualcuno rimpiangeva l’assenza di Frieda. Eppure la mia presenza continuava ad essere considerata provvisoria, era difficile per me riuscire a far dimenticare Frieda alla gente. Lei lo sapeva. E’ per questo che ha impedito a Klamm di scendere dalla sua camera alla mescita facendomi dire dall’oste che l’assenza di Klamm era dovuta alla mia presenza …. come ha potuto farlo? Tenendo in pugno te, ecco come! Da quando io sono qui, vale a dire in questi quattro giorni dove non facevo altro che pensare al mio lavoro, lei, tramite gli aiutanti, ti ha indotto apposta ad andare a trovare la dannata famiglia in modo da poter risvegliare in te il ricordo delle cose passate. Scongiurando agli aiutanti di non rivelare nulla a Klamm, mentre intanto diceva all’oste che Klamm non scendeva per colpa mia, passava ancora per vittima pur essendo carnefice. Ti è chiaro il quadro ora? Infine il colpo di grazia. Si mette con Jeremias. Ed è talmente abile e calcolatrice nel farlo che ti ha reso addirittura geloso. Così, prima che l’oste abbia avuto il tempo di dirmelo, ci ho pensato io stessa e ho rassegnato le mie dimissioni dicendogli che se mai l’avessi rivista non sarei più stata capace di rispondere della mie azioni. -
K. - Certo che ne hai di fantasia Pepi. Non è affatto vero che tu abbia scoperto soltanto ora tutte queste cose, sono solo dei sogni generati dalla vostra buia condizione di cameriere ai piani, ma qui, davanti alla realtà dei fatti risultano cose di poca importanza. Non sono stato ingannato da Frieda, anzi, forse l’ho perfino trascurata, questo si, ma nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di giudicare l’indiscussa superiorità che Frieda ha sempre dimostrato nel suo lavoro. Ma probabilmente se tornasse da me ricomincerei a trascurarla. Quando lei era con me io andavo continuamente da Olga e Amalia, è vero, ma ora che lei se ne è andata non mi rimane più nulla da fare, sono stanco, e con sempre più meno voglia di fare qualcosa. Perché secondo te? -
Pepi - Perché entrambi siamo stati ingannati da lei. Allora perché non restiamo insieme noi a questo punto? Perché non vieni con noi, con Henriette ed Emile? -
K. - Fin che ti lamenti di essere stata ingannata non posso restare con te. Tu vuoi sempre crederti ingannata perché ciò ti lusinga e ti commuove. La verità è che non sei adatta a questo impiego. Frieda conduceva il suo lavoro in modo impeccabile. Tu stessa ne hai tratto le lodi pur senza però trarne alcun profitto. Hai mai fatto caso al suo sguardo? Lei vedeva tutti e al tempo stesso vedeva anche ogni singola persona, e lo sguardo che aveva per la singola persona era sempre abbastanza potente per soggiogarlo. Klamm ti sembra irraggiungibile, è per questo che credi che nemmeno lei sarebbe potuta arrivare fino a Klamm, ma ti sbagli. Klamm scendeva sempre dalla sua camera spontaneamente, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. -
Pepi - Eh già … tu parli così perché sei ancora innamorato di lei … ma anche se fosse come tu pretendi che sia e tu avessi ragione su tutto, perfino nel ridicolizzarmi, ora, che cosa faresti? Frieda ti ha lasciato. E allora? Nel frattempo dovrai pur stare da qualche parte, no? Fuori fa freddo, tu non hai più né un lavoro, né un alloggio, non ti rimane più nulla. Vieni da noi. Le mie amiche ti piaceranno. Se vuoi abbiamo anche dei ritratti di Frieda, te li faremo vedere e ti racconteremo storie su di lei fino alla nausea, fino a quando non tornerà primavera, e sarai libero di andartene …. allora, vieni? -
K. - Quanto tempo manca alla primavera? -

Si sente aprire la porta. Pepi sobbalza, credendo di trovarsi davanti Frieda, ma dall’uscita laterale destra entra l’ostessa dell’Albergo dei Signori.

L’ostessa - Siete ancora lì? -
K. - (giustificato) La stavo aspettando per ringraziarla di avermi fatto passare la notte qui. -
L’ostessa - Non capisco per quale ragione lei dovrebbe ringraziarmi. -
K. - Perché sinceramente credevo che dovesse ancora dirmi qualcosa,(poi, in procinto di andarsene) ma se non è così … -
L’ostessa - … ieri sera, se non ricordo male, lei ha avuto l’impudenza di dire qualcosa a proposito del mio vestito. O sbaglio? -
K. - Non riesco proprio a ricordarmene … -
L’ostessa - (sarcastico) …. allora, oltre all’impudenza lei da sfoggio anche del più nobile dei sentimenti, quale è la vigliaccheria! -
K. - Non lo so. Probabilmente ero stanco … che cosa avrei avuto da ridire circa i suoi vestiti che sono così … appropriati. -
L’ostessa - Che significa tutto ciò? Che cosa intende dire, che non ha mai visto un’ostessa indossare simili vestiti durante il lavoro? -
K. - La prego … non mi sembra il caso di farne una ragione di Stato! Ieri sera mi ero solo meravigliato del fatto di vederla in quel corridoio in mezzo a tutta quella gente in vestaglia con un abito così sfarzoso. -
L’ostessa - E allora? Noto che la sua memoria sta affiorando! Lei non deve, e lo sottolineo, mai più interessarsi ai miei vestiti. Ha capito bene? Da dove viene la sua conoscenza sui vestiti? -
K. - (divertito) Non ho alcuna conoscenza sui vestiti. -
L’ostessa - Appunto! Se non si ha conoscenza allora non bisognerebbe arrogarsene una! Venga con me. Ho da mostrarle qualcosa nel mio ufficio (invitandolo a seguirla, uscendo dall’uscita laterale destra, mentre Pepi corre a sussurrargli qualcosa all’orecchio). -

Buio.

Voce di Gerstacker - (tossendo) Ma io gli devo parlare, ora! -
Voce dell’ostessa - Ma non lo vede anche lei che, ora, è con me? -
Voce di Gerstacker - Non aspetterò ancora a lungo. -
Luce. L’ostessa e K, sono nel mezzo.
L’ostessa - Lei non ha mai imparato il mestiere del sarto? -
K. - No, mai. -
L’ostessa - Allora lei cos’è veramente? -
K. - Un agrimensore. -
L’ostessa - Che significa? -
K. - Prendo le misure di superficie dei terreni. -
L’ostessa - Lei non dice la verità. Perché? -
K. - Nemmeno lei la dice. -
L’ostessa - (allibito) Io? Ricominciamo quindi con l’insolenza! Anche se non la dicessi dovrei forse renderne conto a lei? E poi, a che proposito non direi la verità? -
K. - Lei non è una semplice ostessa, come vuol far credere. -
L’ostessa - (divertito) Ma guarda un po’ … le sue insolenze iniziano a darmi fastidio … quindi, che cos’altro sarei? -
K. - Non lo so. Vedo che lei è un’ostessa, ma che porta degli abiti che non le si confanno. -
L’ostessa - (sospirato) Finalmente arriviamo al punto! Che cos’hanno di speciale questi vestiti? -
K. - Lo vuole proprio sapere? -
L’ostessa - Per cosa crede che l’abbia condotta nel mio ufficio? -
K. - Sono di un buon tessuto, davvero sfarzoso, ma sono fuori moda, logorati dall’uso, e non si confanno nè alla sua età, nè alla sua figura, né tantomeno alla sua posizione. -
L’ostessa - E tutto ciò come pretende di saperlo? -
K. - Lo vedo. Non ho bisogno di alcuna competenza. -
L’ostessa - Lei lo vede! Allora lei mi diventerà indispensabile dal momento che ho un debole per i bei vestiti (mimando l’atto di aprire un armadio contro la quinta di fondo)… che ne dice? Questi sono tutti i miei vestiti, tutti fuori moda, come lei sostiene. Ma sono soltanto una piccola parte, se ne stupisce? -
K. - Affatto. Mi aspettavo qualcosa di simile. Del resto si vede che lei non è una semplice ostessa, ma che mira a qualcos’altro. -
L’ostessa - (infastidito) Io miro soltanto a vestirmi bene. E lei è, o un pazzo, o un bambino, oppure una persona malvagia e pericolosa. E ora se ne vada! (mentre K. è già uscito) Domani devono consegnarmi un vestito nuovo, forse la manderò a chiamare. -

Dissolvenza. L’ostessa esce dall’uscita laterale sinistra.

Voce di Gerstacker - E’ tutto il giorno che ti aspetto …. -
Voce di K. - … perché, cosa vuoi? -
Voce di Gerstacker - Se vuoi puoi venire a stare da me. Non tornare a scuola, il posto da bidello puoi dimenticartelo. Posso offrirti sia il vitto che l’alloggio. -
Voce di K. - In cambio di cosa? -
Voce di Gerstacker - Mi servi per accudire i cavalli. Io devo occuparmi di altre faccende. Se vuoi posso perfino darti uno stipendio. -
Voce di K. - Io non capisco nulla di cavalli. -
Voce di Gerstacker - Non importa, non è necessario. -

Pausa

Voce di K. - So perché vuoi portarmi con te, è perchè credi che io possa ottenere qualcosa in tuo favore da Erlanger. -
Voce di Gerstacker - Certo, altrimenti che cosa mi dovrebbe importare di te. -

Colpi di tosse di Gerstacker. Buio.

Sipario