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25 Maggio 2016
Orfeo
4 Maggio 2016

QUESTA SERA SCENA MUTA


Pantomima per nostalgici, ovvero per tutti
quelli che oggi pensano che i classici
abbiano bisogno di più lirica

di Sormani
 
Guilty creatures sittiing at a play
Have by the very cunning of the scene
Been struck so to the soul that presently
They have proclaimed their malefactions


Hamlet

Avvertenza

S e a più di quattrocento anni di distanza la tragedia di Shakespeare più conosciuta e rappresentata nei teatri di tutto il mondo - per restare al passo con i tempi - deve ridursi a un monologo patetico recitato da questo piuttosto che da quell’Attore (o Attrice) che si auto celebra come custode della salvaguardia di una delle creazioni più alte del teatro tragico, che cosa resterà della sua eredità - e non solo di quella - tra altri quattro secoli ? Questa pantomima per nostalgici - ovvero per tutti quelli che oggi pensano che i classici abbiano bisogno di più lirica - si propone di evocare i tratti più evidenti del carattere di tale tragedia attraverso sette personaggi. A puro titolo preventivo dunque, ma più che altro per una comprensibile inattuabilità, gli Attori sono esentati dalla rappresentazione, sebbene questa si limiti alla mimica. E’ pertanto con vivo piacere che invito lo Spettatore ad un’ attenta e godibile visione.

Personaggi

Quella lì
Quello con il pizzo
Quella con la coda
Uno distinto
Una mocciosa
Una racchia
Uno

Post scriptum di un’avvertenza

L a cronistoria che precede la tragedia introduce sia i costumi che la versatilità dei personaggi, i quali, per una maggiore comprensione della pantomima stessa, sono costretti a cambiarsi in scena.

Inizio spettacolo

Avete passato una giornata decisamente noiosa e insopportabile. Siete talmente disgustati dagli avvenimenti catastrofici, che l’attualità non può certo esimersi dal trasmettere, che avete soltanto voglia di riposare in assoluta tranquillità. Siete a casa vostra, soli, o meglio, i vostri familiari o le persone che vi stanno solitamente vicini, sono momentaneamente assenti. Navigando tra i meandri della Rete vi siete ancorati a un insolito sito. Incuriositi lo avete aperto, e ora vi ritrovate, finalmente spensierati, nel foyer di un teatro virtuale pronti ad assistere a “Questa sera scena muta”. Un segnale acustico vi ha appena avvertito circa l’imminente svolgimento. Il colpo d’occhio è notevole : una piattaforma con l’avanscena e il retroscena, chiuso, all’interno di un edificio ottagonale che racchiude una vasta platea e tre gallerie, con i relativi loggioni. Sembra di essere tornati indietro di quattro secoli. Fortunatamente (o purtroppo?) non c’è ancora nessuno e potete occupare la postazione che preferite. Si abbassano le luci e lo spettacolo inizia.

All’apertura del sipario i sette sono allineati sul proscenio su sette poltroncine, simili a quelle della platea. Sono truccati da vecchi e indossano abiti completamente bianchi. Sono tutti e sette scalzi.
Stanno contemplando il pubblico presente in sala. La situazione prosegue per circa un paio di minuti.
Sipario.

Applauso fragoroso, da ovazione, amplificato e registrato. Pausa, relativamente prolungata.
Nuova apertura del sipario. Le poltroncine sono scomparse.
I sette entrano scalzi da una delle due uscite laterali senza più il trucco, camminando in punta di piedi
e piazzandosi sul proscenio a poca distanza gli uni dalle altre.

Gli abiti bianchi che indossano sono imbrattati di succo di pomodoro.
Dopo ancora qualche attimo di esitazione fanno contemporaneamente il gesto dell’ombrello,
per poi scambiarsi reciproci complimenti (pacche sulle spalle, strette di mano, etc.)
fino al momento in cui si allineano, risoluti,
nel mezzo del palcoscenico.

A un cenno del capo, di Quello con il pizzo, (l’unico dei sette a portare un copricapo : una coppola nera) Uno esce un attimo per andare a prendere l’attaccapanni del guardaroba (quello con le ruote) carico dei costumi di scena.
Tutti iniziano a svestirsi eccetto Una racchia, l’unica a portare gli occhiali.
Pausa simultanea. Sguardi complici.

Quella con la coda (di capelli) che è rimasta in reggiseno e mutandine,
con il proprio corpo copre Una racchia allargando le braccia e sorridendo imbarazzata,
mentre Quello con il pizzo, rimasto ormai in mutande e calzini, si prende in braccio Quella lì
(la quale intanto si è già infilata dei seducenti hot pants, e un body, rossi)
e se la porta via.

Contemporaneamente Uno distinto
(che si sta annodando la cravatta di un elegante doppio petto blu che ha appena indossato) riceve da Una racchia gli abiti usati, compreso il suo, li ripiega (nel farlo, appendendoli all’attaccapanni del guardaroba, le consegna il costume che deve indossare lei)
e si accende una sigaretta.

Quella con la coda, mentre Una racchia si sta vestendo,
nota l’atteggiamento superficiale di Uno distinto,
e provocatoriamente cerca di esortarlo
(facendole notare che il tempo stringe e che continua a passare)
ad andarsi a prendere pure qualcosa da bere, caso mai dovesse ritenerlo opportuno.

Titubante, Una racchia abbassa il braccio di Quella con la coda
(basita, che ancora indica l’uscita a Uno distinto) piantandosi davanti al pubblico presente in sala a braccia conserte, con dei pantaloni ascellari di un consunto pigiama rosa,
una maglia arancione di due taglie più piccole
e un paio di pantofole gialle, con occhi in rilievo.

Infastidita, Quella con la coda rincorre Uno distinto
impedendogli di uscire, mentre Una mocciosa
(a ombelico scoperto, con indosso una mise da ginnastica aerobica completamente fucsia) ammicca a Uno (che indossa dei jeans logori e una vecchia t-shirt bianca) accennando all’abbigliamento sfoggiato da Una racchia.

Uno prende dunque Una racchia per mano,
accompagnandola all’uscita (escono entrambi)
mentre Una mocciosa passa davanti a Uno distinto con strafottenza, sfilandogli letteralmente
la sigaretta dalla mano. Prima di uscire si ferma un attimo
per formare degli anelli di fumo.

Intanto Quella con la coda, disperata, mentre sta poi per prendere il costume da indossare
(ancora appeso) si blocca come un robot a causa di un fischio
(come quello di un capostazione che avvisa i passeggeri della partenza del treno)
venendo imitata dagli altri. A questo punto Uno distinto
“si mette in comunicazione con qualcuno” al cellulare.

Entra dunque Quello con il pizzo : non ha più la coppola in testa ed è vestito da muratore,
con dei pantaloni macchiati di calce, un vecchio maglione, liso, di colore indefinito
e un paio di scarpe antinfortunistiche. Il suo incedere è fiero e risoluto. Trasporta due ceste :
una è colma di scarpe,
l’altra è vuota.

Nel vedere Quella con la coda si blocca anche lui mentre Una racchia, Una mocciosa e Uno escono (Quella lì è ancora fuori scena).
Quella con la coda finalmente si veste,
come una cameriera del sevizio ai piani di un grande albergo :
camicetta bianca abbottonata fino al collo, gonna nera, lunga, crestina bianca,
e dei mocassini neri che prende dalla cesta.

Una volta formata, la coppia, che prima si concede qualche effusione,
si mette in posa per farsi scattare una fotografia da Uno distinto,
il quale, subito dopo averli immortalati con il proprio cellulare,
si mette in equilibrio su una sola gamba
(afferrando l’altra con entrambe le mani da dietro il fondoschiena).

Quella con la coda e Quello con il pizzo lo osservano da molto vicino
(quasi fosse un artista di strada che resta immobile per ore :
lo toccano, gli fanno delle smorfie, sberleffi, etc.).
Dopo di che si frugano entrambi nelle tasche
per vedere se per caso riescono a racimolare qualche spicciolo per l’elemosina.

Quello con il pizzo fa cenno a Quella con la coda non solo di non avere alcuno spicciolo,
ma di avere anche le tasche bucate.
Allora Quella con la coda gli fa notare che il bellimbusto scalzo e incravattato,
che è proprio lì davanti a loro,
non possiede nemmeno un cappello o un contenitore per raccogliere l’elemosina.

Quello con il pizzo si avvicina ulteriormente a Uno distinto, lo lecca in faccia,
deride la sua impassibilità e infine gli molla davanti la cesta piena di scarpe.
Poi si prende quella vuota, fa notare a Quella con la coda che è tardi
ed escono insieme con l’attaccapanni del guardaroba
(dove ci sono rimasti appesi solo più gli abiti bianchi usati in precedenza).

Uno distinto tergiversa ancora qualche attimo,
poi finalmente estrae le scarpe dalla cesta.
Ce ne sono quattro paia : uno elegante, uno sportivo, uno da studio televisivo e uno da giardinaggio.
Si mette quelle da studio televisivo (riconoscibili dal tacco più alto).
Quindi ripone le altre nella cesta ed esce.

Pausa. Sigla musicale che evoca un qualsiasi quiz a premi o varietà in auge.
Identico applauso registrato, udito all’apertura del sipario.
Sulla quinta di fondo appare per un attimo, in proiezione, la scritta “E’ successo anche a me”.
Ancora sigla, che sta terminando.
Silenzio. Entra Uno distinto.

Si inchina davanti al pubblico presente in sala.
Ha sotto braccio una cartella, piuttosto grande (scaletta di presentazione?)
Serafico, la adagia sul palcoscenico e si mette poi a ballare in modo frenetico, scoordinato.
Quando si ferma un brevissimo e assordante brano musicale pervade tutta la sala.
Silenzio.

Apre la cartella ed estrae un lenzuolo ripiegato.
Invano, tenta di pinzare un lembo del lenzuolo alla quinta laterale dopo che qualcuno,
da un loggione della galleria del terzo piano, gli lancia una molletta.
Inchinandosi ringrazia, appende dunque il lenzuolo sulla quinta laterale,
riuscendo a sorreggerlo in modo tale da rendere visibile cosa c’è scritto.

La scritta è la stessa di quella che è stata proiettata sulla quinta di fondo.
Ripiega quindi il lenzuolo nella cartella mettendosi la molletta in tasca ed esce.
Buio. Da uno spiraglio si può notare che c’è il sipario.
Rumori riprodotti e amplificati dietro le quinte:
traffico urbano, caos indistinto. Progressivo attenuamento. Silenzio. Luce. Apertura:

tavolo apparecchiato in prossimità della seconda quinta di sinistra.
Tre letti allineati tra la prima e la seconda quinta di destra.
Mega poster appeso alla quinta di fondo :
l’immagine ritrae Quella lì in posa da calendario.
Oltre al già citato costume, rosso, l’Attrice calza dei vertiginosi tacchi a spillo, neri.

Una mocciosa, sul primo letto, si sta annodando le scarpe da ginnastica mentre Quella con la coda entra dall’uscita opposta con una zuppiera fumante, appoggiandola sul tavolo vicino a quello con il pizzo,
spaparanzato sulla sedia.
Una racchia sta leggendo una rivista,
coricata nel secondo letto.

Adunata domestica. Una sedia è vuota :
manca Uno. Distribuzione dei pasti.
Una racchia allunga il piatto per chiederne ancora.
Concessione negata e rimprovero burbero: Quella con la coda le fa notare che il resto avanzato nel contenuto della zuppiera è per Uno, minacciandola di sgozzarla qualora dovesse riprovare a richiederlo.

Mangiano. Rumore di porta che sbatte seguito da altri rumori, indistinti.
Una mocciosa si alza per andare subito a vedere e torna con Uno, il quale mostra orgoglioso,
prima l’uno e poi l’altro, i sandali infradito che calza,
mettendoli sopra il tavolo al posto del piatto,
che con deliberato disprezzo butta per terra.

A un cenno del capo di Quello con il pizzo Una racchia provvede a fare pulizia,
prendendo scopa e paletta. Continuano a mangiare, Uno nella zuppiera.
Quella con la coda fissa Una racchia che esce ancora, umilmente,
per tornare con un piatto che porge a Uno, il quale rovescia il contenuto della zuppiera nel piatto
e butta per terra la zuppiera.

Dissolvenza. Buio. Silenzio. Dallo stesso spiraglio si può notare che il sipario è nuovamente calato. Rumori di sottofondo (edilizio : betoniere che girano, martellate, grida di muratori, incomprensibili,
segnali acustici di retromarcia di alcuni mezzi pesanti da trasporto).
Altro silenzio. Luce.
Nuova apertura del sipario :

Una racchia è coricata nel secondo letto (non ha più gli occhiali, trema pur essendo coperta,
e ha una borsa del ghiaccio sulla fronte) mentre
Una mocciosa è seduta al tavolo e si sta mettendo lo smalto alle unghie. Quella con la coda entra con un vassoio, lo appoggia sul tavolo e mette lo zucchero
nelle uniche due tazzine di caffè.

Mentre Una mocciosa è intenta a consultare il proprio cellulare,
salta improvvisamente in piedi estasiata, a bocca aperta, stringendolo a due mani
con lo sguardo fisso sul display, correndo poi via, uscendo, Quella con la coda la insegue con il vassoio, ma Una mocciosa rientra, la evita,
strappa il mega poster, lo sbatte sul tavolo e ci si mette a ballare sopra.

A questo punto Una racchia si toglie la borsa del ghiaccio dalla fronte
alzando un braccio per segnalare il soccorso, ma Quella con la coda,
invece di aiutarla, resta in contemplazione di Una mocciosa,
la quale continua indifferente a ballare in modo goffo e ridicolo.
Rumore di porta che sbatte.

Entra Uno. Una mocciosa scende dal tavolo, entusiasta.
Si baciano e si abbracciano e saltano insieme girando su loro stessi,
in un evidente stato di delirante euforia.
Quindi escono. Mentre le passano vicino, incuranti,
Una racchia alza entrambe le braccia per farsi notare senza però ottenere alcun risultato.

Completamente ignorata, anche Quella con la coda pare non avvedersene :
ha posato il vassoio sul tavolo e sta piangendo di gioia con le mani che le coprono il volto.
Altro rumore di porta che sbatte.
Quella con la coda riprende in mano il vassoio,
e proprio mentre sta per uscire entra Quello con il pizzo.

Il vassoio che ha tra le mani le cade.
Quello con l pizzo si accorge che Una racchia ha bisogno di essere aiutata,
ma Quella con la coda lo precede e, raggiante,
prendendogli la testa tra le mani e facendogli notare che il mega poster appeso (di Quella lì)
non c’è più, lo esorta a darle retta.

Esterrefatto, Quello con il pizzo si inginocchia alzando lo sguardo verso l’alto
a mani giunte mentre Quella con la coda lo abbraccia, visibilmente commossa.
Si prendono dunque per mano ed escono passando davanti a Una racchia,
la quale, a forza di sbracciarsi,
cade anche dal letto.

Dissolvenza.Buio. Silenzio. Sigla musicale (tale e quale alla precedente).
Applauso prolungato (questa volta vero, ad opera di comparse).
Luce. Sipario calato. Ancora sigla. Altro silenzio.
Nuova apertura: Un unico letto, nel mezzo. Sulla quinta di fondo appare in proiezione per un attimo la scritta “E’ successo anche a me”.

Entra Uno distinto.
Si inchina al pubblico presente in sala e mette sul letto la cartella che ha sottobraccio,
da dove estrae quattro stampati della dimensione della cartella.
Quindi mostra al pubblico presente in sala le immagini degli stampati
in sequenza alla proiezione degli stessi, che avviene sulla quinta di fondo.

Nelle immagini si vede ritratto lui stesso,
travestito da Cappuccetto rosso in quattro pose erotiche diverse con quattro ragazze diverse.
La seconda è Una mocciosa. Quindi ripone gli stampati nella cartella estraendo poi
da sotto le coperte il poster di Una mocciosa
(che ritrae Quella lì, quello che Una mocciosa ha strappato dalla parete di casa).

Brevissimo stacco musicale. Entra Una mocciosa, ballando.
Gira intorno a Uno distinto per due volte, sempre ballando,
e si pianta a qualche metro di distanza con le mani sui fianchi, fissandolo.
Imbarazzato, Uno distinto sorride, ma non appena accenna a muoversi
viene travolto da un abbraccio volante.

I due cadono per terra. Una mocciosa si rialza subito,
scatenandosi e dimenandosi goffamente, mentre Uno distinto, allibito, rimane seduto.
Poi finalmente si rialza e, in mezzo agli stampati riposti nella cartella,
trova quello che ritrae lui e Una mocciosa.
Lo osserva ripetutamente leggendo qualcosa che evidentemente è annotato sopra.

Annuendo, lo mostra al pubblico indicandolo con l’altra mano, come a far vedere che si tratta proprio di Una mocciosa. Applauso fragoroso, registrato.
Subito Una mocciosa si inchina sbracciandosi più volte per ringraziare,
uscendo raggiante, senza dare la schiena. Pausa.
Uno distinto si sta già cimentando con un altro stampato.

Dissolvenza. Buio. Pausa. Silenzio. Sottofondo violento di rumori domestici :
urla strazianti, vetri o porcellane che si infrangono, mobili spostati.
Altro silenzio. Pausa. Mormorio indistinto con sottofondo edilizio
(come quello udito in precedenza) seguito da un altro sottofondo violento
di rumori domestici.

Silenzio. Luce. Il letto non c’è più, così come anche le sedie.
Il tavolo è nel mezzo. Sotto il tavolo c’è un sacco nero dell’immondizia.
I letti rimasti in scena sono due : uno è contro la quinta di destra, l’altro è a sinistra.
Una racchia giace esanime sul tavolo.
Su un letto, disperato con la testa tra le mani, c’è Quello con il pizzo.

Sull’altro letto, sdraiata e con le mani a coprire il volto, Quella con la Coda.
Entra Uno. Si guarda in giro con circospezione, annuendo a Quello con il pizzo,
il quale si alza prontamente per introdurre Una racchia nel sacco dell’immondizia,
mentre Quella con la coda esce sconvolta, con una mano alla bocca.

Rumore di porta che sbatte. Entra Una mocciosa tenendo sotto braccio Quella con la coda.
Mentre Quello con il pizzo e Uno hanno già legato il sacco e lo stanno sollevando,
Una mocciosa fa un cenno con il capo a Quello con il pizzo,
il quale fa lo stesso con Uno.
Mettono il sacco sul tavolo e fanno per uscire.

Prima di uscire però Quello con il pizzo cambia idea e ordina a Uno di restare,
gesticolando copiosamente sia con Una mocciosa e sia con Quella con la coda,
facendole capire di non doversi assolutamente muovere da lì e di restare calme,
che tanto ci pensa lui al da farsi.
Questa volta non si sente il rumore di alcuna porta che sbatte.

Quella con la coda scoppia a piangere, angosciata,
sedendosi sul letto mentre Una mocciosa esce con Uno. Pausa.
Quella con la coda si corica. Altra pausa.
Improvvisamente entra Uno, di corsa, e la prende per mano con una certa irruenza,
quasi volesse avvisarla di un evento insperato. Silenzio. Risate.

I tre entrano allegri e sorridenti. Una mocciosa indossa gli occhiali di Una racchia.
Si siedono tutti e tre su un letto. Quella con la coda è in mezzo, li abbraccia entrambi.
Poi sfila gli occhiali a Una mocciosa, baciandola sulla fronte
e guardandola come se sapesse che è l’ultima volta che la sta guardando,
apre il sacco, e ce li butta dentro.

Mentre lo richiude si sente sbattere la porta. Entra Quello con il pizzo.
Sulle spalle porta un altro sacco nero dell’immondizia.
Lo appoggia e aprendolo mostra il contenuto agli altri (calcinacci, pezzi di cartone, e simili)
ma mentre sta per richiuderlo interviene Una mocciosa,
che gli indica di metterne un po’ anche nell’altro sacco.

Immediatamente Uno, nell’obbedire al cenno del capo di Quello con il pizzo,
apre il sacco dove è rinchiusa, rannicchiata, Una racchia.
Cade una pantofola gialla. Sguardi puntati sulla pantofola.
Una mocciosa la raccoglie, strappa con forza gli occhi che sono in rilievo ributtandoli nel sacco,
e la porge a Quella con la coda intimandole di provarla.

Nel frattempo Uno si affretta a mettere degli altri calcinacci sopra ciò che è stato appena buttato nel sacco, mentre Quella con la coda prova la pantofola,
vede che le va stretta, fa una smorfia di disgusto e la butta di nuovo nel sacco
con l’eloquente approvazione sia di Uno, che di Quello con il pizzo.
Una mocciosa è al cellulare.

Infine, Quello con il pizzo fa un cenno del capo a Quella con la coda,
la quale prende sottobraccio Una mocciosa per poi uscire immediatamente.
Quindi si fa aiutare da Uno a richiudere entrambi i sacchi,
reggendo il peso mentre li portano via. Sipario. Buio. Silenzio. Pausa.

Un fascio di luce illumina un lembo del sipario e Uno distinto fa capolino,
ricordando al pubblico presente in sala (indicando l’ora all’orologio da polso, che non ha)
che l’ora per i nostalgici è finalmente scoccata. Brusio costante.
Segnale acustico (il campanello) prolungato per informare gli Spettatori
che la tragedia di Amleto sta per iniziare.

Silenzio. Luce.
All’apertura del sipario i sette sono accovacciati in ordine sparso con le mani dietro la schiena
(sembrerebbero dei giocatori di calcio nella mezzaluna della propria meta campo
che si stanno scaldando i muscoli in attesa di tirare i calci di rigore di una finale mondiale,
talmente traspare la tensione emotiva dai loro volti).

L’unica ad indossare il costume è Quella lì : classico, nero,
stile d’epoca del “marcio” avvenuto a Elsinore, con tanto di mantellina e di cappello
con la piuma, annesso a un collare di stoffa bianco, plissettato.
Gli altri sono conciati con gli stessi abiti bianchi imbrattati
di succo di pomodoro con cui hanno dato vita alla scena muta.

Accanto a Quella lì c’è un teschio, una corona e una barba finta.
Quella lì prende in mano il teschio indicando agli altri di uscire.
Sguardi complici. Palese dissuasione. Poi, vista la testardaggine di Quella lì,
Uno tenta di trascinarla via, ma Quella lì si oppone mettendosi il teschio davanti
(come se dovesse evocare un fantasma).

Uno la fissa allibito per un attimo, poi allarga le braccia sconsolato ed esce con gli altri.
Quella lì si inchina al pubblico piantandosi nel mezzo,
con il teschio in mano, tra la corona e la barba finta, che sono per terra,
sul palcoscenico. Mostra un atteggiamento fiero e altezzoso, senza dubbio ostinato,
ma risoluto a non tornare più indietro.

Inizia così : con l’adagiare cautamente il teschio per terra, girandolo di lato.
Quindi si toglie il cappello e il collare (scoprendo i capelli raccolti in uno chignon)
portandoli dietro le quinte. Torna immediatamente
cingendosi il capo con la corona e assumendo un aspetto virile con la finta barba.
Squillo di trombe.

Da una tasca estrae una fiala mostrandola al pubblico in lungo e in largo,
con ampi cenni, facendo vedere l’oggetto esibito con una certa soddisfazione.
Poi ne versa il contenuto liquido nella parte del teschio dove un tempo
doveva sicuramente esserci l’orecchio. Quindi ride di gusto,
sedendosi a gambe incrociate dietro il teschio.

Da un’altra tasca estrae una lettera, una penna e un calamaio, e inizia a scrivere.
Terminato tale atto piega la lettera con cura, richiude il calamaio
(intascandoselo con la penna) e tira fuori una busta a la matrice di un sigillo.
Sigilla la lettera e la chiude nella busta, mostrandola fiero al pubblico,
mimando la decapitazione prima di uscire.

Pausa. Squillo di trombe.
Entra camuffata allo stesso modo marciando al ritmo di un tamburo.
Con se porta quattro aste con bandiera : una è danese, una inglese, una norvegese e una polacca.
Le mette vicino al teschio. Trionfante, sventola quella danese inchinandosi.
Poi prende quella inglese rimettendo il teschio nella sua posizione originale.

Infila l’asta piantandola in una delle due cavità orbitali. Pausa.
La rimette con quella danese e prende le altre due : su quella norvegese ci salta sopra,
sprezzante, accentuandone il disprezzo a ritmo di tamburo.
Con quella polacca ci si soffia il naso con il medesimo disprezzo.
Quindi si riprende tutte le bandiere ed esce.

Squillo di trombe. Entra con un calice e una spada, smussata sulla punta.
Appoggia la punta della spada in una cavità orbitale del teschio
posizionando il calice davanti all’altra cavità.
Poi, ostentando fierezza e spavalderia, mostra al pubblico un’altra fiala che estrae dalla tasca.
Rispetto la precedente è poco più grande.

Torna a sedersi a gambe incrociate dietro il teschio,
versa il contenuto della fiala nel calice pregando a mani giunte,
con lo sguardo fisso rivolto verso l’alto. Poi prende la spada e la capovolge, cadendo.
Sipario. Silenzio. Mormorio crescente. Squilli di telefono, sovrapposti,
rumori di vario genere, indistinti, relativamente prolungati.

Apertura : ritratti e locandine di spettacoli teatrali appesi sulla parete della quinta di fondo.
Scrivania sottostante con tre sedie, due che sono rivolte verso la quinta di fondo
e una che è rivolta verso il pubblico. Pianta ornamentale a sinistra della scrivania,
a una certa distanza dall’uscita.
Divanetto sulla destra, equidistante all’uscita opposta.

Uno distinto ha indosso un abito nero, gessato, con camicia bianca e cravattino di cuoio.
Ha l’aspetto di un signore benestante, ed è seduto, spalle al pubblico,
in procinto di staccare un assegno in favore di Quello con il pizzo che è dietro la scrivania,
il quale è vestito in modo casual e sta
fumando nervosamente.

Entra Una racchia, trafelata, stretta in un tailleur grigio,
con in mano degli incartamenti, indicando la presenza di qualcuno a Quello con il pizzo,
il quale annuisce. Una racchia posa gli incartamenti sulla scrivania ed esce subito,
mentre Quello con il pizzo blocca Uno distinto con i palmi delle mani alzate
(in segno di diniego).

Sorrisi di circostanza. Nel frattempo entrano Una racchia e Quella con la coda,
vestita sobriamente, con raffinatezza. Nel vederla si direbbe che è la tipica donna di classe,
che appartiene a una cerchia elitaria esclusiva.
Dopo averla introdotta nell’ufficio di Quello con il pizzo
Una racchia si congeda in modo affettato, ritirandosi umilmente.

Strette di mano, apprezzamenti galanti da parte dei due uomini
(espressioni meravigliate, scambi d’intesa reciproca roteando le mani :
nel senso che una donna così non la si incontra facilmente, etc.).
Si accomodano. Quello con il pizzo è apparentemente calmo,
sta per far vedere gli incartamenti a Quella con la coda.

Adiratosi improvvisamente però, batte un pugno sulla scrivania,
per poi allargare le braccia in segno di rassegnazione.
Uno distinto, con fare interrogativo nei confronti di Quello con il pizzo,
indica le locandine appese, ma Quello con il pizzo gli fa cenno di lasciar perdere,
allora Uno distinto si mette in tasca il blocchetto degli assegni.

Pausa. Quello con il pizzo spegne la sigaretta e se ne accende subito un’altra.
Sguardi in tralice tra Quello con il pizzo e Quella con la coda.
Quello con il pizzo mostra dunque gli incartamenti a Uno distinto,
il quale annuisce cortesemente, ma continua imperterrito a indicare le locandine
appese alla parete.

Quella con la coda allora sorride sarcastica a Quello con il pizzo,
indicando anche lei le locandine. Al colmo dell’esasperazione allora
Quello con il pizzo alza la cornetta del telefono e subito entra Una racchia,
la quale gli sporge un’altra locandina incorniciata.
Mentre Una racchia esce, la appende rimettendosi a sedere.

La locandina raffigura Quella lì, con in mano il teschio.
Quello con il Pizzo li scruta entrambi ed entrambi approvano, annuendo.
A questo punto Quello con il pizzo ripropone gli incartamenti a Uno distinto
indicando con una mano la locandina, mentre si strofina pollice e indice con l’altra,
scuotendo la testa.

Allora Uno distinto retrocede con la sedia, ma mentre sta per alzarsi
viene fermato da Quella con la coda (che fulmina con lo sguardo Quello con il pizzo
indicando un punto degli incartamenti a Uno distinto)
la quale si alza per andare a indicare ancora più da vicino
la locandina in questione.

In piedi, davanti alla suddetta locandina,
Quella con la coda fa il paragone con un’altra locandina che è fianco,
strofinandosi pollice e indice e abbassando il palmo dell’altra mano per la locandina in questione,
e rifacendo lo stesso gesto alzando però il palmo dell’altra mano
per l’altra locandina.

Quello con il pizzo scuote nuovamente la testa sconsolato, spegnendo la sigaretta,
mentre Quella con la coda, esasperata, torna a sedersi.
Intanto Uno distinto tira fuori ancora una volta il blocchetto degli assegni.
Ne stacca uno, intascandoselo. Ne firma un altro e lo consegna soddisfatto a Quello con il pizzo.
Dissolvenza. Sipario.

A questo punto il cerchio di luce di un riflettore illumina Uno e Una mocciosa,
i quali escono da dietro il sipario, scendono dalla scaletta a lato del proscenio,
ed escono dal corridoio. Uno ha l’aspetto di un giovane trasandato,
con la barba incolta e i capelli arruffati, indossa abiti comuni sotto un vecchio pastrano.
Rumori di sottofondo(relativi al cambio scena).

Una mocciosa è invece una bella ragazza, vestita con abiti firmati.
Con se porta una borsetta e un ombrellino blu.
Apertura : la scena è sgombra. Nel mezzo c’è il teschio. Squillo di trombe.
Entra Quella lì con in mano uno scettro.
E’ sempre vestita con il classico costume nero :

non indossa però né il collare plissettato, né il cappello con la piuma,
né la corona e neanche la barba finta.
Ha i capelli sciolti e porta in testa una corona più piccola,
con la mantellina a spalle. Fa un bell’inchino al pubblico presente in sala,
andandosi poi mettere dietro al teschio.

Subito dopo pianta lo scettro nelle due cavità orbitali del teschio,
prima nell’una e poi nell’altra.
Quindi, tenendolo ben fermo ed eretto sulla sommità del teschio
(come ad evocare un simbolo fallico la cui parte inferiore è priva di consistenza,
mostrando al pubblico tale mancanza) scoppia a piangere.

Pausa. Butta dunque lo scettro lì vicino,
togliendosi la mantellina e avvolgendo il teschio, cullandolo amorevolmente tra le sue braccia,
adagiandolo per terra. Poi si inginocchia, lo scopre, titubante
(come se fosse venuta a conoscenza di un segreto tremendo)
ma subito lo ricopre, sconvolta.

Si guarda intorno, togliendosi la corona e schiarendosi la voce mentre si scrolla i capelli,
come a voler cercare di essere un'altra persona.
Si sdraia vicino al teschio, scoprendolo nuovamente ma ricoprendolo ancora più in fretta di prima.
Quindi si rimette la corona in testa,
riprendendo lo scettro in mano.

Cerca, ovviamente invano, di lasciarlo in equilibrio per qualche secondo sul teschio,
andando a prendere dietro le quinte la corona più grande,
la fiala e il calice.
A questo punto si toglie di nuovo la corona più piccola, mettendola da parte.
Raccoglie queste quattro cose e le mette davanti al teschio, indicandole con disprezzo.

Poi riprende il suo scettro e la sua corona,
si inginocchia nuovamente di fronte al teschio, lo scopre
(riponendo nella mantellina la fiala, il calice e la corona più grande)
fissandolo immobile. Pausa. Lo scettro le cade dalle mani.
Trema, annuisce, obbedisce incondizionatamente alla “volontà” del teschio :

solleva la mantellina a mo di fagotto mettendoci dentro anche lo scettro,
esce, per rientrare subito dopo con un arazzo, che trascina sulla quinta di fondo,
prende un piedistallo, sopra cui ci sono messi dei baffi finti,
e lo mette dietro l’arazzo. Attende “ordini”. Guarda dietro l’arazzo.
Si dispera. Fa poi per avvicinarsi al teschio, ma ci ripensa.

Trascina fuori sia l’arazzo che il piedistallo. Pausa. Squillo di trombe.
Entra solennemente con la sua corona in testa e con lo scettro in mano.
Nell’altra mano porta la mantellina chiusa a mo di fagotto,
da cui estrae la corona più grande, il cappello con la piuma,
che mette vicino al teschio, il calice e la fiala.

Rullo di tamburi. Mette il cappello con la piuma di fronte al teschio.
Silenzio. Estrae il contenuto liquido della fiala versandolo nel calice.
Poi mette un fazzoletto sulla fronte del teschio.
Si rimette indosso la mantellina e attende.
Infine beve dal calice, accasciandosi. Sipario.

Pausa. Rumori di sottofondo di vario genere (musica allegra, mormorio indistinto, risate, etc.)
che proseguono per non più di due minuti.
Apertura : stesso allestimento scenografico precedente.
Sono tutti in piedi a brindare (eccetto Uno e Una mocciosa. Quella con la coda
indossa un abito da serata di gala).

Quella lì ha indosso lo stesso costume di scena.
La promotrice dell’adunata, con i bicchieri in mano sotto la locandina che raffigura
Quella lì con il teschio, è Quella con la coda, la quale“obbliga” Quello con il pizzo e Uno distinto,
sotto lo sguardo felice e ammaliato di tutti gli altri, a stringersi la mano.
Dissolvenza. Buio.

Ancora divagazioni, relativamente prolungate.
A questo punto, accompagnato dalla figura che un tempo era chiamata maschera,
in platea entra Uno. Dalla luce che emana la torcia elettrica si può visibilmente
notare che sta andando ad occupare un posto riservato,
in prima fila.

Luce. Scena sgombra. Il teschio è nel mezzo. Vicino, un cammeo.
Entra Quella lì. Ha indosso il classico costume, privo però del collare plissettato,
della mantellina e del cappello con la piuma.
Sul viso ha attaccati dei vistosi baffi finti. In una mano porta la corona più grande.
Nell’altra la corona più piccola.

Avanza verso il proscenio sistemando le due corone davanti al pubblico,
estraendo dalla tasca il piedistallo usato in precedenza e infilandocelo sotto la corona più grande.
Dall’altra tasca tira poi fuori una lettera arrotolata.
Inginocchiandosi la mostra prima alla corona più piccola,
poi alla corona più grande.

Nel farlo indica “loro” il teschio e il cammeo accanto.
Ancora in ginocchio si rimette in tasca la lettera, inchinandosi alle due corone,
prostrandosi alle loro altezze (sdraiandosi, prona, prima con il mento sorretto dal pugno a mo di piedistallo,
poi senza).Quindi si rialza per andare dietro le quinte.
Torna con il cappello con la piuma e tre bandiere.

Quella norvegese la sventola con orgoglio davanti alla corona più grande.
Poi, con una certa affettazione nei modi, ostenta il cappello con la piuma e la bandiera francese ancora di fronte alla corona più grande, ponendo l’uno sopra l’altra. Quindi estrae ancora la lettera,
ponendola tra il teschio e il cammeo.

Nel farlo mima la pazzia del teschio dovuta al cammeo per la lettera.
Resta poi in attesa di altri “ordini” provenienti dalla corona più grande.
Quindi prende la terza bandiera, quella inglese, ponendola vicino al teschio,
ma improvvisamente, come colto da un’intuizione,
si avvicina alla corona più piccola prostrandosi come ha fatto in precedenza.

Risoluto si rialza, raccogliendo la lettera, il cammeo, il cappello con la piuma,
le tre bandiere e la corona più grande, lasciando sul proscenio la sola corona più piccola e il teschio,
nel mezzo. Uscendo, lascia la corona più grande appoggiata contro la quinta di fondo.
Pausa.
Rientra con l’arazzo, trascinandolo, a coprire la corona più grande.

Con se ha anche una spada.
A questo punto prende la corona più piccola e la porta davanti l’arazzo.
Poi fa la stessa identica cosa con il teschio.
Infine prende il manico della spada e“arma” il teschio
andandosi poi definitivamente a nascondere dietro l’arazzo. Si accascia. Sipario.

Uno si alza, osservando il pubblico della platea con un’aria decisamente disgustata,
per poi andarsene.
Rumori di sottofondo, di genere domestico, che proseguono per i soliti due minuti circa
(televisore acceso, porte che sbattono, posate e piatti che si toccano, etc.)
relativi all’imminente cambio scena.

Apertura : in prossimità dell’uscita della quinta di destra, tavolo con quattro sedie.
Dalla parte opposta, porta ombrelli blu, con annesso l’ombrellino.
Contro la parete della quinta di fondo, un televisore.
Davanti, due poltrone. Uno è seduto al tavolo e sta scrivendo sul suo p.c.
mentre Una mocciosa (in vestaglia) entra dal lato destro.

Una mocciosa si ferma sulla soglia, fissandolo.
Uno smette di scrivere, e sbuffando esce con Una mocciosa. Rumori di cigolii, gemiti di piacere.
Pausa. Rientra Uno, in boxer e maglietta, e si rimette a scrivere sul portatile.
Tintinnio di monete che cadono. Si ferma. Riprende.
Entra Una mocciosa e si siede al tavolo. Uno non la degna di uno sguardo.

Infuriata per il comportamento di Uno, Una mocciosa si alza e gli chiude il portatile in faccia.
Uno la osserva nel suo delirante andirivieni
(sposta le poltrone cercando inutilmente di accendere la t.v. ,
cambia posto alle sedie per poi rimetterle come erano prima, etc.)
fino a che esce di nuovo dallo stesso lato.

Rientra subito dopo con in mano delle mutandine che gli sbatte ancora in faccia minacciosa, fissandolo.
Uno nega di sapere a chi possano appartenere quelle mutandine buttandole per terra,
ma Una mocciosa non gli da più retta uscendo nuovamente.
Uno la insegue, visibilmente preoccupato.
Rumori violenti, urla. Pausa.

Una mocciosa, ben vestita, con in mano la borsetta blu e una valigia dello stesso colore,
esce di filato attraversando il palcoscenico inseguita da Uno,
ancora in boxer e maglietta, che tenta invano di fermarla.
Prima di uscire, dal lato opposto, prende l’ombrellino e lo colpisce in mezzo alle gambe.
Rumore di porta che sbatte.

A malapena Uno si rialza, esce nuovamente, dal lato destro,
e rientra fermandosi sulla soglia con il portafogli aperto in mano.
Corre dunque all’inseguimento. Porta che sbatte. Pausa.
Ancora porta che sbatte. Rientrando lancia rabbiosamente il portafogli per terra.
Poi tenta di accendere la t.v., invano, e scaraventa per terra anche il telecomando.

Quindi avvicina le poltrone. Si stende, ma si rialza subito. Torna a scrivere. Dissolvenza. Sipario.
Rumori di sottofondo relativi al cambio scena. Apertura :
il teschio è sempre nel mezzo, appoggiato sopra un mucchietto di indumenti logori.
Quella lì è seduta a gambe incrociate dietro il mucchietto di indumenti :
sta cucendo.

Indossa lo stesso classico costume, ma non ha né il cappello con la piuma,
né il collare plissettato, e nemmeno la mantellina.
Porta i capelli sciolti e ha l’aria decisamente innamorata.
Il corpetto del costume è leggermente slacciato e un cammeo le impreziosisce il collo.
A un certo punto qualcosa si muove per un attimo sotto il teschio

(un oggetto qualsiasi attivato da un telecomando). Spaventata, smette di cucire,
si avvicina ed estrae da sotto gli indumenti la stessa lettera arrotolata usata nella precedente pantomima.
Sempre più sconvolta prende tra le mani un indumento,
facendo un fagotto del cucito e della lettera arrotolata.
Fissa il teschio.

Poi, mentre sta per uscire con il fagotto, torna indietro, lo bacia sulla fronte ed esce.
Pausa. Rientra. In una mano tiene la corona più grande.
Nell’altra i baffi finti e un libro. Li mette contro la parete della quinta di fondo.
Poi estrae un cartone da sotto gli indumenti, facendo molta attenzione al teschio,
cercando di rimetterlo nella sua posizione originale.

Quindi prende in mano il libro, coprendo con il cartone la corona più grande e i baffi finti,
e inizia a leggere, accovacciata, a un passo dal teschio.
Qualcosa ancora si muove sotto il teschio. Terrorizzata, chiude il libro di scatto e si allontana,
prendendo la corona più grande e i baffi finti, appoggiandoli, con il libro,
sopra il cartone.

Poi prende il cartone e lo getta negli indumenti, così come dovesse gettarli della spazzatura.
Da sotto gli indumenti estrae un sacco nero.
Accarezza con tristezza il teschio e mette tutto dentro il sacco nero, portandoselo via. Pausa.
Rientra con il teschio in una mano e quattro corone infilate nell’altro braccio :
due grandi e due piccole.

Avanza sul proscenio e sistema le corone per la pantomima :
accoppia una corona più grande e una più piccola, disponendo l’altra coppia di fronte.
Quindi si siede a gambe incrociate mettendosi in grembo il teschio,
non prima di aver sistemato in mezzo alle corone la fiala,
appena estratta dalla tasca.

Sembra essere in attesa che le corone prendano vita.
Poi, sconcertata, si mette le mani sul volto, solleva la fiala e la mostra al pubblico inorridita.
Pausa. Accarezza il teschio e lo rimette nel mezzo. Altra pausa.
Raccoglie dunque le quattro corone, infilandosi la fiala in tasca.
Esce.

Rientra con in mano il cappello con la piuma e la corona più grande.
Li fa muovere allegramente per più di due minuti,
come se fosse un burattinaio pronto ad allietare un pubblico esigente con l’ingegno dei suoi pupi,
poi butta la corona più grande tirando fuori dalla tasca i baffi finti.
A questo punto si mette a piangere.

Disperata, “veste” il teschio con il cappello con la piuma,
rimettendosi in tasca i baffi finti. E’ completamente in balia del vento,
ondeggia tra la quinta di fondo e il proscenio barcollando più volte, uscendo, più volte,
l’ultima delle quali rientrando con delle foglie di salice, che stende per terra.
Rumore d’acqua che scorre. Si accascia. Sipario.

Pausa. Rumori di sottofondo relativi al cambio scena. Silenzio. Apertura :
identico allestimento scenografico d’ufficio (quello con la scrivania, le locandine teatrali, etc.).
Oltre al resto c’è anche un cestino bene in vista. Quello con il pizzo è seduto alla scrivania,
sta consultando dei documenti.
Entra Una racchia dal lato sinistro.

Gli fa notare che è arrivato qualcuno. Quello con il pizzo annuisce e Una racchia esce.
Rumore di porta che si chiude adagio. Dal lato opposto entra Uno,
accompagnato da Una racchia, la quale si defila sogghignando.
Uno è raggiante, in trepidante attesa con le mani dietro la schiena,
ma Quello con il pizzo pare non avvedersene.

Finalmente gli fa cenno di accomodarsi e subito Uno occupa una delle due sedie che sono di fronte alla scrivania. Quello con il pizzo tira fuori dal cassetto uno stampato piuttosto spesso,
rilegato con la copertina nera.
Poi guarda in faccia Uno, apre ancora il cassetto e gli consegna una striscia adesiva,
scuotendo la testa.

Uno si rifiuta di prenderla in mano,
ma Quello con il pizzo gliela tira addosso e nonostante ciò Uno resta inamovibile.
Allora Quello con il pizzo alza la cornetta del telefono e subito entra Una racchia,
attaccando la striscia adesiva alla sedia dove è seduto Uno,
il quale è rimasto pietrificato.

Sulla striscia adesiva è visibile la scritta"Ostinato".
Poi Una racchia esce, divertita. Immediatamente Quello con il pizzo apre lo stampato,
lo mostra a Uno indicandone un punto e strappa una pagina.
La butta nel cestino. Sfoglia ancora lo stampato fermandosi a un’altra pagina.
Gliene indica un altro punto e la strappa, cestinandola.

Continua così per altre cinque o sei volte fino a che gli riconsegna lo stampato,
facendo cenno di riprovarci. Poi gli stringe calorosamente la mano e
riprende a consultare i documenti.
A questo punto Uno si alza meccanicamente con lo stampato sottobraccio.
Uscendo si volta, notando che Quello con il pizzo lo ha completamente ignorato.

Porta che sbatte. Quello con il pizzo si accende la sua solita sigaretta e alza la cornetta del telefono. Dissolvenza. Buio.
Applauso mite, appena accennato dalle comparse dietro le quinte. Silenzio.
Progressivo brusio, poi costante (di circa un minuto).
Segnale acustico per informare i gentili Spettatori che lo spettacolo sta per riprendere.

Luce. Il teschio è nel mezzo.
Quella lì ha indosso lo stesso costume, senza collare plissettato.
Porta in testa il cappello con la piuma e la mantellina sulle spalle.
Sta poggiando un piede sul teschio, tenendo in piedi, ben salda, la bandiera francese,
la cui asta è piantata in una delle due cavità orbitali.

Davanti, sul proscenio, la corona più grande e la corona più piccola.
A lato, il piedistallo con sopra i baffi finti.
Depone la bandiera vicino al piedistallo, inchinandosi alle corone.
Poi mette i baffi finti e il piedistallo nel cappello, prende le corone, sventolando la bandiera
ed esce.

Pausa. Rientra con in mano il cammeo, si avvicina al teschio e lo fissa.
Poi ammonisce il cammeo con l’indice alzato, tenendolo a debita distanza dal teschio con l’altra mano
(facendo cenno che non deve avvicinarsi).
Quindi esce. Pausa prolungata, durante la quale i nostalgici potranno accertarsi del perché
questa pausa dura di più.

Entra, fuori di se, con la spada sguainata in cerca di qualcuno, che non trova.
Esce di nuovo. Rientra.
E’ ancora furibonda. Nell’altra mano tiene la corona più grande, che mette vicino al teschio,
puntandogli la spada contro. Quindi si calma, depone la spada di fronte alla corona
e si inginocchia al suo cospetto, annuendo.

Esce ancora una volta e rientra con la corona più piccola, mettendola vicino alla corona più grande.
Poi estrae il cammeo dalla tasca, che avvicina alla corona più piccola.
A questo punto scoppia in un pianto straziante. Pausa.
Si rimette in tasca il cammeo e da un’altra tasca estrae una fiala,
versando il contenuto sulla punta della spada.

Quindi si bacia il pugno davanti alla corona più grande, con la spada dietro la schiena.
Fa poi per puntarsi la spada contro, ma invece la lascia cadere fiondandosi contro il teschio
(lo prende a ceffoni, tenta di morderlo, etc.)
Placata l’ira, fissa la corona più grande. Esce. Pausa.
Squillo di trombe.

Rientra con un’altra spada, smussata sulla punta.
Si avvicina al teschio e all’altra spada, scambiandosele di mano più volte e ponendo poi le mani sul teschio. Rullo di tamburo. Prende dunque in mano la spada smussata sulla punta,
“armando” il teschio con l’altra spada. Indietreggia. Avanza.
Toccandolo cade, accasciandosi. Sipario.

Un attimo di pausa. Apertura :
Quella lì sta per rialzarsi mentre entra Quella con la coda, di corsa.
Sottobraccio ha lo stampato rilegato con la copertina nera.
Facendole cenno di restare seduta, con un’aria piuttosto divertita,
la invita a leggere molto attentamente lo stampato.

Sfogliandolo, Quella lì inizia a sorridere per poi scoppiare in una
risata incontenibile. Entra Quello con il pizzo, serissimo. Facendosi
consegnare lo stampato suscita ulteriore ilarità. Quello con il pizzo
esce, ignorandole. A questo punto Quella lì imita l’ingresso in scena
di Quello con il pizzo :

esce. Rientrando prende una spada da terra, facendola roteare in aria.
Poi si batte i pugni sul petto come un orango, lanciando il teschio sulla
quinta di fondo come se stesse giocando a bowling, etc. Pausa. Poi,
ritornando serie, Quella coda cerca in qualche modo di riassumere il
comportamento pregresso di Quello con il pizzo :

fa il gesto della sigaretta che spegne e accende varie volte, scuote la
testa in segno di disapprovazione dopo aver alzato la cornetta del
telefono, poi posa la cornetta, la rialza quasi subito mentre con l’altra
mano strofina pollice e indice per evocare Uno distinto, annuisce
dunque servilmente, e indica un punto a vuoto, imprecisato.

Quindi, come se avesse avuto una folgorazione intuitiva, indica se
stessa. Dissolvenza. Buio. Passi concitati e rumori di vario genere.
Silenzio. Squillo di trombe. Luce. Allineati sul proscenio ci sono da
un lato il piedistallo con sopra i baffi finti e dall’altro il cappello con la
piuma. In mezzo, la corona più grande e la corona più piccola.

Quella lì è nel mezzo, con i capelli raccolti nello chignon e il teschio in
mano. Indossa sia il collare plissettato bianco che la mantellina nera.
Vicino a Quella lì, un sacco dell’immondizia. Sedendosi a gambe incrociate
se lo mette in testa. Poi, infuriata, se lo toglie. Esce. Rientra
con due bandiere senz’asta : quella norvegese e quella inglese.

La bandiera norvegese la depone accanto la corona più grande.
La bandiera francese accanto il cappello con la piuma. Altro squillo di
trombe. Si inchina. Mette tutte le cose nel sacco, teschio e bandiere
comprese ed esce con il sacco a spalle. Pausa. Penombra. Breve sibilo.
Rientra sconvolta, di corsa, con il teschio in mano.

Lo depone nel mezzo. Si guarda in giro con circospezione, a scatti.
Si sdraia poi accanto al teschio in posizione supina, con le mani incrociate
sul ventre. Pausa. Si rialza di scatto, tende l’orecchio (con la mano tesa
sull’orecchio verso il teschio) inginocchiandosi di fronte, con gli occhi
sbarrati. Altra pausa. Esce.

Rientra risoluta con la spada, ponendo la punta sul teschio, e volgendo
lo sguardo verso l’alto bacia la spada. Buio. Passi concitati. Luce.
C’è soltanto il piedistallo con sopra i baffi finti, nel mezzo. Entra con un
libro in mano, leggendo. Si avvicina al piedistallo, tira fuori dalla tasca
il cammeo e lo chiude nel libro ponendolo vicino al piedistallo.

Prima di farlo ondeggia il cammeo davanti al piedistallo. Dall’altra tasca
tira fuori due pesciolini. Li annusa, schifata, rimettendoseli in tasca.
Esce nuovamente portandosi via il libro e il piedistallo, tornando con le
quattro corone infilate nel braccio (la doppia coppia) e due parrucche
nell’altro (una, capelli corti, l’altra, lunghi).

Dispone la prima coppia di corone sul proscenio accostando “loro” i
maleodoranti pesciolini che estrae dalla tasca, mentre le due parrucche
e l’altra coppia di corone le lascia nel mezzo. Poi riprende in mano sia i
pesciolini che la prima coppia di corone e, senza mostrare alcuna
aggressività nel farlo, butta la prima coppia di corone dietro le quinte.

Depone i maleodoranti pesciolini nel mezzo, insieme alle parrucche e
alle altre due corone “bisbigliando” qualcosa alle parrucche, poi prende
la parrucca con i capelli corti e la mette sotto la corona più grande,
e sotto la corona più piccola ci mette la parrucca con i capelli lunghi.
Fatto questo “bisbiglia loro” ancora qualcosa.

Quindi, sovreccitata, alza le mani in segno di vittoria, raccoglie le due
corone ed esce con aria trionfante. Pausa. Rientra con il costume
sporco, trafelata, con il libro in mano e il teschio, che depone per terra.
Apre il libro e tira fuori il cammeo, che appoggia sul libro stesso
deponendolo dietro al teschio.

Si siede a gambe incrociate, di schiena rispetto al cammeo,
raccogliendosi le ginocchia al mento. Poi, senza voltarsi, prende in mano
il teschio. Lo fissa a lungo. Lo rimette nella stessa posizione. Quindi si
volta, estrae delicatamente una lettera dal libro facendo attenzione al
cammeo, da un’occhiata alla lettera e la scaraventa per terra.

Infuriata, rimette dentro al libro la lettera e il cammeo, uscendo con il
teschio nell’altra mano. Dissolvenza. Pausa. Luce. Rientra con il
costume pulito, con in mano il piedistallo con sopra i baffi finti,
e le altre due corone infilate nel braccio, disponendole di fronte alla
coppia di corone (con sotto le parrucche).

Vicino ci mette il piedistallo e i due maleodoranti pesciolini che tira
fuori dalla tasca. Dall’altra tasca tira fuori il cammeo, mettendoselo
sotto la nuca dopo essersi sdraiata per terra con le mani incrociate
sotto la nuca. Al fatidico squillo di trombe schizza in piedi. Prende le
due parrucche in mano (lasciando dove sono le rispettive corone).

Le unisce a due mani, a mezz’aria, simulando il bacio con la bocca.
Poi rimette la parrucca con i capelli corti sotto la corona più grande e mette
da una parte la corona più piccola sopra la parrucca con i capelli lunghi.
Pausa. A questo punto toglie la corona più grande da sopra la
parrucca con i capelli corti, la bacia, e se la mette in testa.

Estrae poi dalla tasca la fiala, versandone il contenuto sulla parrucca.
Poi va a riprendere la corona più piccola (con sotto la parrucca con i
capelli lunghi). Nel vedere la scena che le si presenta davanti scoppia a
piangere. Si allontana. Torna sulla scena con ancora indosso la
corona più grande. Estrae dalla tasca un anello.

Si avvicina alla corona più piccola (con sotto la parrucca con i capelli
lunghi). Si infila nel dito l’anello. Poi lo depone su tale corona e infine
se lo rimette al dito. Esausta, fa per sdraiarsi nuovamente sul cammeo
ma invece lo solleva, accarezzandolo. Poi fissa a lungo la corona più
grande stringendo il cammeo che tiene in pugno.

Dissolvenza. Sipario. Pausa. Rumori di sottofondo relativi al cambio
scena. Apertura : la corona più piccola è nel mezzo. Il teschio, sul lato
sinistro rispetto la corona. Sulla quinta di fondo c’è appoggiato
l’arazzo. Sulla quinta laterale destra ci sono appesi due ritratti
incorniciati che raffigurano due grandi corone.

Entra risoluta, con la spada dietro la schiena, mettendosi di fronte la
corona più piccola con aria di sfida. Esita un istante, come a voler
concedere qualcosa alla corona più piccola, poi si fionda come
un’aquila sull’arazzo e lo trafigge con la spada. Controlla dietro
l’arazzo e tira fuori il piedistallo con sopra i baffi finti.

Li getta via con disprezzo, calpestandoli più volte, tornando poi dalla
corona più piccola. Furiosa, la prende in mano avvicinandosi ai ritratti
appesi ,”costringendola” a guardare : indica il primo con la spada,
guardando con commiserazione la corona più piccola, poi indica il
secondo e lo fracassa per terra con violenza. Pausa. Fissa il teschio.

In preda allo stesso stato d’animo costringe ancora la corona più
piccola a guardare il ritratto appeso, poi torna al ritratto fracassato, lo
calpesta, e ci lascia cadere sopra la corona più piccola con disprezzo.
Uscendo si volta, depone la spada vicino l’arazzo trascinandoselo
dietro, a fatica, con il piedistallo con sopra i baffi finti spiaccicati.

Dissolvenza. In tale relativa assenza di luce entrano le comparse
per il cambio scena. Visibile andirivieni (rimozione del ritratto appeso
e di quello fracassato, dell’arazzo, del piedistallo, etc.). Luce :
la corona più grande è nel mezzo. A lato della corona i due pesciolini
maleodoranti, adagiati sulla bandiera inglese.

Di fronte un oggetto non visibile, nascosto da un panno. Entra
disinvolta, sedendosi a gambe incrociate dietro l’oggetto nascosto.
Pausa. Ride, soddisfatta. Quindi toglie il panno dall’oggetto
(un barattolo pieno di vermi con sopra i baffi finti spiaccicati, senza
piedistallo) e avvolge i pesciolini maleodoranti nella bandiera.

Esce portandosi dietro bandiera e corona. Pausa. Rientrano le
comparse e piazzano tre bandiere : quella danese nel mezzo,
contro la quinta di fondo, quella polacca a sinistra, contro l’uscita
della relativa quinta, e quella norvegese a destra, contro l’altra uscita.
Rientra, dalla parte della bandiera norvegese.

In mano ha ancora l’involto della bandiera inglese con dentro i pesciolini
maleodoranti. Attraversando il palcoscenico si soffia il naso sulla
bandiera danese ed esce dalla parte della bandiera polacca. Pausa.
Rientra, con la corona più grande in una mano e due lettere nell’altra.
Una di queste due lettere è sigillata, l’altra no.

Inorridita le mostra al pubblico mimando la decapitazione per la corona
più grande, a causa del contenuto della lettera sigillata. Pausa.
Dissolvenza. Buio. Si sente un fischiettio allegro, seguito da un canto,
incomprensibile, ma sempre allegro, e da due distinti rumori di cose che
sono cadute per terra : uno sordo, l’altro rotolante. Silenzio.

Luce. Assenza di bandiere. Una sola pala da scavo, nel mezzo. Entra.
Fissa la pala. Si avvicina. Si sente ancora il canto e l’allegro fischiettio.
Silenzio. Altra pausa. Improvvisamente il teschio rotola sul
palcoscenico. La sua attenzione si rivolge al teschio. Lo prende in
mano, lo gira e lo rigira, ci gioca :

lo fa saltare in aria, lo prende a calci come fosse un pallone, etc., fino a
che decide di prenderlo e di portarlo davanti l’attrezzo da scavo.
Davanti tale attrezzo annuisce, più volte, si mette con le mani dietro la
schiena “ascoltando ciò che l’attrezzo pare suggerirgli”. Poi tira fuori un
fazzoletto asciugandosi la fronte, prima la sua, poi quella del teschio.

Lo passa nelle sue cavità orbitali, come per purificarlo. Infine asciuga
anche la parte piatta dell’attrezzo da scavo. Pausa. Rumore di scalpitio,
ridondante. Tende l’orecchio (con la mano tesa sull’orecchio). Buio.
Rumori indistinti di sottofondo. Silenzio. Luce. L’attrezzo da scavo è
sparito. C’è una bara nel mezzo, aperta, con qualcosa dentro.

Accanto la bara si riconoscono la corona più grande, la corona più
piccola e un cappello da prete. Fa capolino da un’uscita laterale, quindi
entra risoluta. Entra nella bara. Tira fuori il cammeo. Lo bacia.
Poi butta fuori il cappello con la piuma saltandoci sopra e mimando una lite.
Rialzandosi lo lascia dov’è. Esce. Sipario.

Rumori di sottofondo relativi al cambio scena che proseguono per i
soliti due minuti circa. Apertura : è davanti a uno specchio appeso alla
parete della quinta di fondo. Dietro c’è il teschio, incappucciato come
un boia. Rumore di una voce che si schiarisce. Basita, si volta,
sedendosi a gambe incrociate dietro il teschio.

Dalla tasca estrae un paio di dadi facendoli rotolare due o tre volte.
Torna poi a specchiarsi, prima senza, poi con il cappuccio del teschio.
Pausa. Esce. Altra pausa. Rientra con un tavolino sopra cui poggiano
la corona più grande, la corona più piccola, il cappello con la piuma, il
calice, il fazzoletto e il teschio incappucciato. Si ferma nel mezzo.

Sullo stesso tavolino dispone il calice e il fazzoletto tra le due corone,
e il teschio incappucciato ai piedi del tavolino vicino al cappello con la
piuma. Squillo di trombe. Due spade vengono lanciate sul palco,
entrando dalle rispettive uscite. Una delle due spade ha la punta
smussata. A questo punto prende il cappello con la piuma :

lo lancia tra le due spade, avvicinandolo poi alla spada dalla punta
smussata. Rullo di tamburo. Prende in mano l’altra spada e inizia a
“duellare”. Poi si ferma un istante. Avvicinatosi al tavolino fa per bere
al calice, ma invece di compiere tale atto lo avvicina alla corona più
piccola. Riprende a duellare. Cade.

Poi si rotola in un “corpo a corpo” con il cappello con la piuma, riprende
in mano la spada (quella con la punta intera) e, trascinandosi, arranca
fino al tavolino. Si asciuga la fronte con il fazzoletto fissando per un
istante la corona più piccola, che poi fa cadere dal tavolino con la
punta della spada.

Torna carponi dal cappello con la piuma. Osserva inorridita prima
l’una, poi l’altra spada. Pausa. Si stringe al petto con forza il cappello
con la piuma, poi lo butta via. Comincia a fissare a lungo la corona più
grande. Colma d’angoscia urla, si rialza, prende la spada con la punta
smussata e finalmente fa cadere la corona più grande.

Quindi ci salta sopra scaraventandoci addosso il calice. Pausa.
Barcollando fissa con un ultimo sguardo il teschio incappucciato
mentre la spada le cade di mano. Infine inesorabilmente cade,
accasciandosi. Silenzio. Pausa. Si sentono degli spari. Poco dopo
entra una comparsa. Sulle spalle porta due bandiere :

la bandiera norvegese, che resta sulle spalle, e la bandiera polacca,
che si prende in mano. Attraversa il palcoscenico. Osserva inorridita
la scena che le si presenta davanti ed esce dal lato opposto. Sipario.
Rumori indistinti di sottofondo relativi al cambio scena. Apertura :
la scena è completamente sgombra. Uno è nel mezzo, di spalle.

E’ truccato da clown e indossa una maglietta bianca sopra il cui retro
c’è scritto “E Orazio ?”. Si volta, rivelando la scritta sul davanti
(“E’ qui”). Entra Quello con il pizzo, trafelato, con la sigaretta accesa
e con un megafono in mano. Gli fa cenno di uscire. Esce anche lui.
Pausa. Rientra Uno, con indosso un’altra maglietta.

Su questa maglietta c’è stampata l’effige di un teschio, sia sul davanti
che sul retro. Penombra. Al canto di un gallo entrano due comparse
vestite da sentinella (con i costumi dell’epoca). Entrambi stringono
la mano a Uno. Subito dopo avviene il cambio della guardia :
esce una sentinella e ne entra un’altra.

Pausa. I tre cominciano con il fissare l’uscita della quinta laterale
sinistra. A questo punto, terrorizzato, una sentinella la indica, e
subito entra un ologramma (vestito da Re di spade, del gioco delle
carte) proiettato da un proiettore posto al di sopra delle quinte.
Le due sentinelle incitano Uno ad andargli incontro, per parlargli

L’ologramma però scompare immediatamente. I tre decidono dunque
di sedersi, nel mezzo. Allora Uno esce (dal lato opposto) e rientra
subito dopo con una sagoma di cartapesta (a grandezza naturale)
dell’ologramma del Re di spade. Quindi inizia diversi andirivieni,
portando in scena altre cose :

la bandiera danese, prima di tutto, poi altre tre sagome di cartapesta
raffiguranti una, un altro Re di spade, e le altre due, raffiguranti due
fanti di cuori, la bandiera norvegese, e delle armi giocattolo di vario
genere (pistole, fucili, mitragliatrici, etc.). A questo punto allinea
sulla quinta di fondo le sagome dei due Re di spade.

A un Re sovrappone la bandiera danese, all’altro quella norvegese,
mettendoli di fronte come se dovessero battersi in un duello. Pausa.
Fa cadere il Re di spade con la bandiera norvegese, che gli viene tolta.
Quindi estrae la fiala dalla tasca versandone il contenuto nell’orecchio
del Re di spade con la bandiera danese, e lo fa anche cadere.

Sostituisce dunque le sagome dei due Re di spade con i fanti di cuori,
sovrapponendo la sola bandiera danese su un fante di cuori, mentre
all’altro fante di cuori avvicina tutte le armi giocattolo facendogli
“indicare” la bandiera norvegese. Quindi torna a sedersi con le due
sentinelle nel mezzo.

Pausa. Dall’uscita della quinta laterale sinistra rientra l’ologramma.
Uno si rialza e gli va incontro. Lo fissa per un istante. Poi, a un nuovo
canto del gallo, scompare definitivamente. Luce. Uno prende dunque
la sagoma del fante di cuori con la bandiera danese portandolo dritto
dalle due sentinelle, bisbigliando loro qualcosa nelle orecchie.

A questo punto rientra Quello con il pizzo con il megafono in mano,
senza sigaretta. Escono le comparse vestite da sentinelle.
Battimani cadenzato, sarcastico. Entrano Quella lì e Quella con la
coda, la quale tiene sottobraccio uno stampato rilegato con la
copertina rossa.

Quella lì inizia a perlustrare la scena (sollevando le sagome di
cartapesta, fingendo di sparare, etc.) assumendo espressioni
sarcastiche, provocatorie, mentre Quella con la coda illustra lo
stampato a Quello con il pizzo. Uno scuote la testa, “divertito”.
Quello con il pizzo fissa Quella con la coda :

dopo aver visionato attentamente quanto scritto nello stampato,
strappa una pagina buttandola per terra e subito Quella con la
coda, furiosa, raccoglie quella pagina riprendendosi lo stampato.
Interviene dunque Quella lì, facendo cenno di aspettare, mimando a
Quello con il pizzo, con gesti eloquenti, quanto segue :

potrebbe strappare tutte le pagine che vuole, ma in ogni caso non
riuscirebbe a risolvere il problema perché il problema è un altro.
Con fare interrogativo allora Quello con il pizzo interpella Quella lì,
la quale gli indica le sagome, le armi giocattolo, (contando sulle dita le
voci elencate) e l’ologramma (che appare per un attimo).

Praticamente gli dimostra di aver superato di gran lunga il budget
previsto per quella rappresentazione. Inoltre Quella con la coda,
illustrandogli un’altra pagina dello stampato, va poi a prendere dietro
le quinte la maglietta usata da Uno per dimostrare che doveva
interpretare Orazio dopo l’ultima recita di Amleto.

Avvicinatasi dunque al fante di cuori con la bandiera danese, gliela
mette addosso buttandola però subito via, prendendo poi una pistola
“armando” il fante e buttando via subito dopo anche la pistola, cerca in
sostanza di far capire a Quello con il pizzo che sarebbe impossibile
tentare di interpretare alla perfezione ogni singolo personaggio.

A questo punto interviene Uno, facendo cenno a Quello con il pizzo
di telefonare a qualcuno. Cellulare all’orecchio, Quello con il pizzo si
intrattiene piuttosto a lungo al telefono, mentre Uno si fa consegnare
lo stampato da Quella con la coda. Leggendolo molto attentamente
indica un punto a Quella con la coda.

Allora Quella con la coda, dopo aver scosso la testa, invita Quella lì
per farlo vedere anche a lei, e Quella lì “dimostra” a Uno che Quella
con la coda ha ragione, facendolo infuriare. Nel frattempo Quello con
il pizzo, che aveva terminato già da un po’ la “conversazione” telefonica,
si unisce a loro mentre entra Uno distinto.

Con fare risoluto e autoritario Uno distinto “interpella” Quello con il
pizzo, il quale va subito a prendere dietro le quinte, rientrando senza
megafono, lo stampato di Uno (quello rilegato con la copertina nera)
facendo cenno a Uno distinto che si stanno basando su quello
per realizzare un’altra rappresentazione.

Allora Uno distinto scruta tutti con molta attenzione. Quindi si fa
consegnare lo stampato rilegato con la copertina rossa da Quella
con la coda, lo strappa e lo butta via come fosse carta straccia
facendo poi altrettanto con quello di Uno, rilegato con la
copertina nera.

Prima di uscire, infuriato, tira fuori il blocchetto degli assegni, ne
strappa uno, e se lo rimette in tasca. Dissolvenza. Sipario.
Rumori di sottofondo relativi al cambio scena. Apertura :
la scena è completamente vuota. Entra Uno distinto.
E’ truccato da vecchio.

Indossa l’abito bianco, candido e pulito (privo delle macchie di
succo di pomodoro) con cui ha dato vita alla scena muta. Non è
scalzo. Con se porta l’abito nero gessato usato nella pantomima,
perfettamente ripiegato sottobraccio, stile maggiordomo.
Con un incedere lento, da vecchio, si mette nel mezzo.

Subito dopo entra Uno, truccato e vestito allo stesso modo.
Sta trasportando l’attaccapanni del guardaroba (quello con le ruote).
Si fa consegnare l’abito nero da Uno distinto ed esce, con
l’attaccapanni. Uscendo incrocia gli altri cinque, truccati e vestiti
allo stesso modo .

Ognuno di loro trasporta, a fatica, la poltroncina con cui ha dato
inizio alla scena muta. Le allineano sul proscenio. Ne mancano due.
Sguardi d’intesa che indicano Uno distinto, il quale provvede
all’impellente necessità mentre gli altri cinque si accomodano.
Rientrano quindi Uno distinto e Uno con le rispettive poltroncine.

Si allineano insieme agli altri, accomodandosi.
Pausa. Entra una comparsa. Indossa il classico costume
indossato da Quella lì per la rappresentazione di Amleto.
In mano ha un album fotografico, di quelli che ancora si usavano nel
secolo scorso.

Lo consegna a Uno distinto. Esce.
Uno distinto lo sfoglia commosso.
Lo passa in rassegna agli altri, i quali lo imitano.
“Click” di scatto fotografico.
Silenzio.

Sipario