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La pista bianca

“L’OSSERVATORE SPIATO”

RIVISTA OCCASIONALE IN RETE

 La pista bianca

Nel corso di questi ultimi cinquant’anni la Storia ha dimostrato perché di fronte alla responsabilità di riconoscere i mandanti della strage di Piazza Fontana lo Stato abbia preferito avvalersi della facoltà di rispondere che furono gli anarchici, piuttosto che i rappresentanti più insospettabili delle istituzioni, ad essere dichiarati colpevoli, al solo scopo di destabilizzare e intimorire chi voleva denunciare gli abusi di potere favorendo l’ingresso del Paese nei cosiddetti anni di piombo : si pensi alle varie versioni fornite (nonché depositate agli atti dell’inchiesta seguita dagli inquirenti) alla Magistratura da chi la sera del 15 dicembre 1969 era presente nell’ufficio del giudice Calabresi della Questura di Milano all’interrogatorio dell’anarchico Pinelli, in cui qualcuno dichiarò addirittura che nel tentativo di fermare “il folle suicida”(che secondo questo qualcuno era l’anarchico ad essere stato colto da un raptus e che si stava perciò lanciando deliberatamente nel vuoto dal quarto piano dell’edificio) gli rimase tra le mani una sua scarpa, mentre la Verità dimostrò che il paio di calzature che la vittima indossava prima, quando era ancora vivo, erano le stesse di quando fu ritrovato cadavere l’attimo dopo. Si pensi a come soltanto dopo trent’anni emerse la verità (ma fu proprio quella la verità?) sulla cosiddetta pista nera, vale a dire sul coinvolgimento – in qualità di esecutori materiali – dei terroristi Freda e Ventura, appartenenti come è noto a movimenti e sotto movimenti politici di chiaro riferimento fascista. Ma soprattutto si pensi a come oggi, dopo cinquant’anni esatti, i familiari delle vittime di quell’orrenda strage non sappiano ancora chi sono stati i mandanti, a quanto potrebbero ancora valere le scuse del sindaco di Milano, costretto, invece che contrito, a commemorare. Insabbiamenti, depistaggi, documenti falsi, inchieste deviate, coinvolgimento dei servizi segreti, addirittura report giornalistici finalizzati a diffondere il messaggio che ormai è purtroppo impossibile risalire ai mandanti, tutto ciò è stato fatto all’unico vile scopo di perseguire una candida pista, troppo pulita per poter essere desecretata. Commissionare una strage di innocenti per destabilizzare e intimorire chi ha osato e chi ancora osa denunciare gli abusi di potere perpetrati nei confronti della popolazione è un atto inaccettabile, che dovrebbe obbligare chi lo subisce non tanto a rassegnarsi al fatto di nutrire una fiducia incondizionata nei confronti di chi espleta un iter legale, quanto a segnalare civilmente ogni sorta di abuso criminale che certe leggi consentono, a prescindere dalle motivazioni fondanti di un qualsiasi ente, associazione o partito politico sorto in nome del Paese e costituitosi per curarne gli interessi.